Le cose hanno un nome, le piante e gli
animali hanno un nome, le persone hanno un nome (ed un cognome).
Dai tempi della classificazione binomia di
Linneo (ma in realtà da circa 100 anni prima, perché l’idea di Linneo non è
del tutto originale) i viventi conosciuti hanno pure loro un nome ed un
cognome, la loro carta di identità scientifica, costituita da nome generico e
nome specifico, in latino, e quindi perfettamente riconoscibili in tutto il
mondo, grafie o caratteri specifici a parte, ovviamente.
Il nome è un nostra necessità, non certo
quella di altre specie, perché noi diamo importanza al linguaggio verbale e
simbolico per comunicare, ed i nostri sensi non sono paragonabili perfettamente
a quelli di una mosca, di un delfino o di un pipistrello, e sicuramente non di un
cane o di un gatto, anche se alcuni non vogliono capirla di smettere di
attribuire ai loro amici pelosi sentimenti umani e comportamenti determinati da
motivazioni simili alle nostre. Non è così.
Per noi la capacità di dare il nome alle
cose diventa fondamentale per comprenderci, e neppure tra gli umani esiste un
passaggio perfetto di significati, perché capita sempre più spesso che
attribuiamo un senso diverso alle stesse parole.
" Io ritengo che sapere il tuo nome, e
ricordarlo, sia segno di rispetto nei tuoi confronti, dia attenzione e importanza
alla tua persona. Se so il tuo nome, so chi sei, che sei importante, so che
posto occupi nella mia vita. Non sei solo un numero. Poi, per favore, stirami
quella camicia, e scrivimi quella relazione. Comprami quell’auto, fidati di me,
ti chiamo per nome, sono tuo amico, prestami anche dei soldi. Sai che li riavrai,
io ti conosco bene, ho fiducia in te, e lo stesso tu devi provare per me. "
Se so il nome di un albero lo conosco. Lo ricordo
e associo a quello altri miei ricordi. Lo ritrovo tra altri e lo vedo subito. Quello
lo vedo, gli altri no. Vedo la Lagerstroemia
speciosa, ricordo che stava nell’asilo di quando ero bambino e che confondevo i
suoi frutti secchi con le noci, ma non so come si chiama quell’altro albero
accanto.
Quando mi capita di
trovare un Acero negundo lo riconosco subito e lo distinguo tra tutti gli altri
aceri, mi sembra anzi di vedere pure il culo di quella ragazza che, mentre un
amico mi spiegava come riconoscere la pianta, non perdeva l’occasione di
commentare pure quello per la sua perfezione. Ora ricordo il nome dell’albero e
non della ragazza.
Le cose hanno un nome,
nulla di più ovvio, anche se è una convenzione e se basta uscire dai propri
confini per perdere già molti punti di riferimento (se non si conoscono i
dialetti o le lingue usate altrove, in ogni altrove). Chi conosce più nomi, cioè
padroneggia meglio le parole e quindi possiede conoscenza, diventa diverso. Trova
ad esempio altri modi per spiegarsi, senza bisogno di usare offese e violenza. Diventa
pure pericoloso, se decide di usare solo a suo vantaggio questo potere, o lo
mette a disposizione di chi ha denaro per pagarlo e non di altri.
Sì, le cose e le persone
hanno un nome. Scordare il nome di una persona può essere imbarazzante, ma non
è automaticamente sinonimo di disinteresse. E neppure essere riconosciuti dopo
anni e chiamati col proprio nome significa essere importanti per chi ci
ricorda. Significa semplicemente che abbiamo a che fare con una persona dotata
di un’ottima memoria.
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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