sabato 28 giugno 2014

Lotte (Iselotte)

Il suo nome è Iselotte, ma tutti la chiamano Lotte, sin da quando era piccola.
Capelli biondo chiaro, occhi azzurri, carnagione pallida, pelle delicata, 19 anni da pochi giorni e un lavoro da poche ore. Studi abbandonati, forse dopo aver capito che in realtà a  Rosenheim le possibilità di impiego ci sono, ma solo se ci si accontenta di lavori non troppo specializzati, e quindi ora è commessa, ovviamente in prova, in un minimarket alimentare e di generi diversi in pieno centro, a dieci minuti di bicicletta dalla casa di famiglia.
Non intende andare via dalla cittadina natale dove vede abbastanza frequentemente quattro amiche con le quali si trova bene. Loro però non hanno capito la sua scelta, hanno tentato di dissuaderla, le hanno ripetuto che suo padre non ha bisogno di tutti i soldi che possiede, e che può benissimo mantenerla all’università a Monaco e farla laureare in economia, perché lei è portata per quel tipo di studi.
La ragazza però non sembra sentirle quando le fanno quel discorso, e neppure spiega che il motivo che la trattiene è stare vicino al padre vedovo; non sarebbe vero, o sarebbe vero solo in parte. Del resto Lotte ha un carattere un po’ strano, chiuso, e sembra pochissimo interessata ai ragazzi che ruotano attorno al loro gruppo, quando sono assieme.

Lotte dopo un paio di mesi, quando inizia la stagione estiva ed il negozio comincia ad essere frequentato anche da turisti, viene assunta in modo stabile. La coppia di proprietari l’ha presa in simpatia ed è soddisfatta della sua meticolosità nel lavoro e di come sa trattare i clienti. Le amiche vanno in vacanza, chi con il ragazzo e chi con la famiglia, e lei rimane senza i contatti frequenti ai quali era abituata, ma non sembra cercare alcuna alternativa, e sta bene da sola.
La mattina presto arriva al minimarket, sistema la merce prima dell’apertura, controlla il magazzino, e poi rimane sino alla pausa pranzo al servizio dei clienti, oppure in cassa. Per mangiare torna sempre a casa, dove è lei che cucina per il padre, e solitamente lo fa la sera, così a mezzogiorno deve solo scaldare in fretta, mangiare con lui, rassettare e poi tornare al lavoro. La sera invece porta qualche cosa dal negozio, solitamente verdura e formaggi o salumi, quindi la preparazione è più veloce.

Sono una famiglia felice, malgrado la perdita della moglie. Il padre ha da poco compiuto cinquantacinque anni e lavora nel suo studio di architetto, nella villetta in periferia, e riceve poca gente, quasi solo i clienti. E la figlia non vuole domestici, vuole essere lei a curare la casa ed a seguire il padre. È una donna, ormai, e sa come organizzarsi.

Tutto sembra perfetto quando, una notte, il padre andando in bagno inciampa e cade, fratturandosi un polso, quello della mano destra, indispensabile nel suo lavoro. La corsa al pronto soccorso della Heckscher-Klinik risolve tutto in poche ore con una radiografia e poi un’ingessatura che dovrà tenere per circa 25 giorni.
Ora Lotte ottiene una piccola riduzione di orario sul lavoro, per stare più vicina al padre, ma la cosa sarà temporanea, quindi non ci sono difficoltà.
Pochi mesi dopo, quando l’incidente è ormai dimenticato, il padre, mentre rientra in casa dal giardino perché in autunno il freddo si fa sentire e rimanere fuori non è più piacevole come poco tempo prima, perde l’equilibrio e batte la testa contro lo stipite della porta-finestra. È solo in casa, ma il colpo non è forte, e quindi semplicemente si siede sul divano e aspetta che la testa smetta di girargli per poi andare in cucina e cercare del ghiaccio da mettere sulla fronte dove sente un inizio di bernoccolo crescere. Spesso gli capita di perdere l’equilibrio, negli ultimi tempi, e deve decidersi a farsi vedere da uno specialista. Quando la figlia torna a casa lui racconta la cosa ma non drammatizza, e tutto finisce con l’invito di lei a stare più attento.

La prima neve arriva presto, alla fine di novembre, e intanto il padre di Lotte si sente sempre peggio, ha quasi smesso di lavorare, ha fatto un controllo in clinica ma non hanno trovato nulla di particolare, quindi rimane spesso a guardare la televisione, e ad aspettare che la figlia torni dal lavoro per mangiare o scambiare due parole con lei.
La ragazza intanto ha quasi abbandonato le amiche, e praticamente vive frequentando solo la casa e il negozio. Raramente, e sempre da sola, va a vedere qualche film al Citydome, e poi torna a casa presto.

Verso la fine dell’inverno il padre peggiora visibilmente e velocemente, non è quasi più capace di muoversi da solo e viene ricoverato in clinica per controlli più approfonditi. La figlia lo accompagna, gli sta vicina quanto può, e gli dedica tutto il suo tempo libero.
Dopo circa un mese di ricovero, mentre la primavera sembra voler arrivare ma è ancora incerta, Lotte viene convocata dal direttore della clinica. Lei si presenta nel suo studio all’orario indicato nel bigliettino avuto da un’infermiera. A riceverla non è solo il medico, ma una donna magra, alta, viso affilato e duro, che si qualifica come ispettrice della polizia.
Dopo un breve colloquio la ragazza viene presa in custodia da due agenti e portata nel carcere di Stadelheim, a Monaco.

Una criminologa scrive, nella cartella di Iselotte Schull, che le donne solitamente non torturano le vittime prima di ucciderle e non provano piacere ad assistere alle loro sofferenze. Nel caso specifico tuttavia il lento avvelenamento della vittima (il padre), morta dopo una lunga agonia, può essere sicuramente considerato una forma di tortura.
L’odio profondo dell’assassina, tanto a lungo dissimulato, tale da farle progettare e poi mettere in pratica il suo lento omicidio, è dovuto al bisogno di vendetta causato dalle violenze sessuali subite dalla ragazza ad opera del padre durante la sua infanzia e, unitamente a questo e forse ancor prima di questo, alla perdita della madre suicidatasi con barbiturici una volta capito cosa stava facendo il marito alla figlia. La ragazza ha fatto uso per la sua azione criminale di prodotti a base di veleno ai quali ha avuto libero accesso durante i suoi mesi di lavoro nel minimarket.

(I fatti sono di pura fantasia, solo le fotografie si riferiscono veramente a Rosenheim e sono mie. L'ultima è la fontana con le età della donna)
                                                                                                 Silvano C.©


( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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