Decidere di stabilire quali siano le cose utili che si fanno
nella vita e quali invece non lo siano è compito che lascio ad altri, io mi
limito a trascrivere quello che trovo in un vecchio quadernetto di viaggio di Viz, che mi è ricapitato tra le mani. Qui mi piace
riportarne alcuni brani stralciati che ho scelto tra i più significativi,
evitando le note spese, i chilometri percorsi trascritti in modo puntiglioso ed
altre informazioni di minor interesse. Negli appunti ci sono anche le date, ma
io preferisco non riportarle, a parte una sola, alla fine; quella però è
storia, non riguarda esclusivamente il nostro viaggio,
riguarda tutti noi italiani.
Finalmente partiamo con l’auto nuova fiammante, ancora quasi
in rodaggio anche se dicono che non si fa più il rodaggio. Ci adattiamo a
dormire dentro l’auto, dove lui ha ricavato con alcune assi un letto e quindi
portiamo bagagli ridotti al minimo. Atmosfera claustrofobica, ma ci si abitua. Così
si viaggia senza bisogno di spendere alloggiando in alberghi.
A Ventimiglia si attraversa la frontiera e siamo in Francia.
Lui pensa alla Costa Azzurra ed a tutte quelle ragazze che probabilmente stanno
bellissime in spiaggia a prendere il sole aspettando solo lui. Lo pensa ma non
lo dice, è ovvio.
Il caldo è micidiale, e alcune strade francesi sono dritte
in modo inspiegabile, semplicemente seguono gli avvallamenti e le salite del
terreno. Non intendiamo fermarci troppo in Francia, siamo diretti in Spagna. Lunghissima
baguette imbottita ad Arles, è una specialità della zona, ma solo dopo la
visita al museo Picasso. A Perpignan
troviamo una salita interminabile, il motore dell’auto inizia a fumare,
letteralmente sembra che inizi a bruciare, e siamo costretti a fermarci in
un’officina. Io cerco di spiegarmi, visto che un po’ di francese lo conosco, ma
il meccanico, dopo un’occhiata al motore si mette a ridere e spiega che è
normale, o almeno così mi sembra di capire. Pare che i motori nuovi siano
rivestiti di una sorta di olio speciale che alla prima vera surriscaldata si
sciolgono e fondono producendo fumo ed odore, proteggendo però il metallo da
successive corrosioni. Ripartiamo.
Attraversiamo il confine con la Spagna, mettiamo via i
franchi e prendiamo le pesetas. Arriviamo velocemente a Barcellona,
parcheggiamo e vediamo uno strano movimento attorno alla nostra auto. Torniamo
sui nostri passi e ripartiamo, spostandoci di un chilometro. Parcheggiamo
ancora, poi ci allontaniamo e ci appostiamo. Di nuovo strani personaggi
iniziano ad avvicinarsi all’auto. Torniamo di nuovo indietro e proviamo in un
terzo parcheggio, distante dai primi due. Rimaniamo ad osservare a distanza.
Sembra un posto tranquillo e decidiamo di fidarci, per alcune ore. Siamo
diretti alla Sagrada
Família, l’eterna incompiuta di Gaudì, e rimaniamo senza parole, ad ammirarla. Poi
la visitiamo, e dentro vediamo che quello che manca al suo completamento è
molto di più di quanto giù costruito. Piccolo contributo per la fabbrica.
Destinazione Saragozza,
distanze incredibili per la nostra Italia. Ogni sera trovare un campeggio è
difficile, ed arriviamo stanchi morti. Quando lui spiega all’ingresso che
dormiamo in auto è sempre un’impresa. Solitamente non capiscono. Lui non parla
spagnolo, ma si diverte ed e convinto di capire e di farsi capire. Alla fine in
effetti riesce sempre ad intendersi, ma mai su un punto, cioè su cosa stiamo
viaggiando e come dormiremo in campeggio. Alcuni ci fanno pagare anche la
piazzola per la tenda, che non abbiamo, altri come se avessimo un camper, “coche cama”, come lo chiamano, e lui a spiegare che è solo
un’auto, non un camper. Ma non la spunta, mai.
Tra Bilbao e Oviedo, nel
profondo nord, atmosfere atlantiche ed indipendentiste. I fienili sono
particolari. Lui fa alcune foto, il paesaggio è piacevole, a tratti ricorda
paesi alpini. Passiamo veloci.
Arriviamo a Santiago de
Compostela, meta di pellegrini, ed infatti la città attorno al Santuario (e non
solo) ne è piena. San Giacomo è l’apostolo della conchiglia, la Capasanta. Il
santuario è imponente, scuro, una visita veloce ed usciamo. Lui sembra
interessato più di me, non so esattamente da cosa. Non mi resta una bella
impressione del luogo.
Entrati in Portogallo, e
subito siamo a Porto (che noi chiamiamo Oporto, mai capito perché). Prima di
arrivare notiamo decine di persone su moto e motorette con in testa caschi
ridicoli. Una signora enorme su una imitazione di lambretta microscopica ed, in
testa, un baschetto nero inutile in caso di incidenti. Aria di povertà
dignitosa. Noi malgrado la nostra utilitaria ed il viaggio cercando di
risparmiare su tutto ci sentiamo ricchi.
Il clima ci stupisce. La
mattina è sempre dominata dal una nebbia o foschia che si dirada solo con
l’avanzare del giorno, il tutto aggravato dal fatto che per noi loro si alzano
più tardi rispetto a noi, per via del fuso orario al quale non siamo del tutto
abituati. Quando si vede l’oceano è solo dall’alto di qualche scogliera,
inavvicinabile.
Arrivo a Coimbra. Tentata
visita alla famosa biblioteca, ma non è orario. Attorno pochi turisti, gente
che ci guarda, si mangia in fretta e poi si riparte direzione Lisbona. Sosta a Caldas
da Rainha. Campeggio vicino al centro del piccolo paese tremale, serata di
lusso, cena in un posto piacevole, io ubriaca come raramente mi capita, lui non
molto meno. Di notte le sospensioni dell’auto cigolano un pò.
Lisbona e gli azuleios,
le strade ripide, le piazzette piccole, l’atmosfera del porto e il pranzo al
ristorante. Lui si prende un piatto strano al nero di seppia, io non mi fido, e
scelgo una frittura. Il vinho verde stende entrambi, ci stiamo facendo l’abitudine.
Ripartire non si può. Più tardi ci perdiamo con le indicazioni, percorriamo
diverse volte il ponte 25 aprile nei due sensi, ed alla fine troviamo, appena
fuori dalla città un campeggio.
Lui smania per trovare
un posto di mare, io preferirei un po’ di ombra sotto gli alberi. Arriviamo in Algarve,
troviamo un campeggio enorme, distanze interne da piccola cittadina, servizi
accentrati in un unico punto. Piazziamo l’auto lontanissimi da tutto. La notte
come ci vado ai bagni mentre lui dorme e guai a svegliarlo? Quando esco dall’auto
e mi incammino alla luce scarsa di poche lampade mi viene paura. Trovo un
cespuglio provvidenziale e ne approfitto.
La spiaggia è peggio di
Rimini a ferragosto. Toccata e fuga.
Ritorno in Spagna, Huelva
y Sevilla, la magnificenza incredibile dell’architettura araba. Ci sfugge la
Torre de oro ma non i giardini attorno all’Alcázar,
dove mi faccio docce vestita alle varie fontanelle che incontro e dopo pochi
minuti sono di nuovo asciutta e boccheggiante. Il palazzo è magnifico, e lui
scatta troppe foto. Visita veloce alla cattedrale. Lui è affascinato dal catafalco con i resti mortali di Colombo.
Malaga delude entrambi, ci si dirige a Granada.
L'Alhambra sembra un posto di favola, la
raffinatezza e la bellezza mi mettono soggezione, lui guarda i mosaici, i
disegni geometrici, sembra rapito dai particolari, e scatta sempre troppe foto.
Fuori compriamo qualche piccolo souvenir, ed un’anfora in terracotta per l’acqua
potabile che abbiamo già visto in giro, con due piccole aperture munite di
tappo. Il caldo è micidiale. Lui non si fa sfuggire la visita alla cripta dove sono sepolti i re cattolici, Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona). Ha un'attrazione per questi luoghi.
Direzione Cordoba, ma lui sembra in
difficoltà. Ha attacchi di dissenteria, e vomita. Io inizio subito dopo. Stanchezza
e caldo o forse qualche cosa che abbiamo mangiato. Troviamo un campeggio prima
di arrivare a Cordoba. Ha persino la piscina, ma stiamo troppo male. Non abbiamo
fame, solo sete.
Con calma si riparte, stiamo meglio. Direzione
Madrid. Il sole non perdona, le distanze neppure. L’anfora in terracotta suda per
conto suo e ci consuma l’acqua, ma quella che rimane è fresca. Meglio tanta
acqua, ma calda, oppure poca, ma fresca? I tori ci sorvegliano dalle montagne,
pochi mulini a vento. Non incontriamo don Chisciotte. Alla fine di una giornata
di viaggio calcolo i chilometri percorsi dalla mattina. Più di 650.
Arriviamo a Toledo, lui vorrebbe comprare
una lama, ma una spada non ci sembra il caso. Ci ridimensioniamo, e scegliamo
un coltello da cucina lungo e sottile, col marchio della città. La stanchezza
inizia a farsi sentire, dopo il malessere dei giorni passati.
Madrid è troppo grande, impossibile trovare
un campeggio comodo, ma la soluzione che ci si presenta è perfetta. Un campeggio
è vicino alla fermata della metropolitana. Scendiamo sotto il suolo in
periferia e ci ritroviamo in centro.
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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