martedì 10 settembre 2013

Per una scuola pubblica statale


Non voglio ghetti confessionali o economici, che dividano atei da cattolici, ebrei da musulmani, o ricchi da poveri. Questi sono la premessa per una società ingiusta che non fa dialogare i suoi cittadini.

Nessuno dovrebbe avere il diritto di dare ai propri figli una educazione “migliore” di quella che possono dare gli altri ai loro figli. Nella scuola pubblica statale esistono già molte opportunità a disposizione dei genitori per intervenire direttamente o indirettamente sull’educazione dei loro figli.

Il modello statunitense di scuola pubblica mi sembra aberrante perché in quella società ormai si è superato il punto di non ritorno, e certe scuole sono solo parcheggi in attesa dei lavori più umili e sottopagati, quando non sono anticipo della delinquenza.

Non voglio che gli insegnanti di mio figlio vengano scelti in modo discrezionale, ad esempio da un vescovo, come avviene nelle scuole pubbliche paritarie cattoliche, ma da un pubblico concorso, da una selezione seria e sul campo dei docenti. 
La scuola pubblica statale è quella che ancora oggi garantisce di più anche i docenti, non solo gli alunni, malgrado le continue riduzioni di fondi a suo scapito.

Nella scuola pubblica statale chi lo desidera fa cambiare scuola al proprio figlio, ci sono molte garanzie in tal senso. E se un dirigente o un insegnante non funzionano, cosa tutt’altro che improbabile, esistono molti metodi legali per ottenere giustizia. Uno di questi è l’ormai abusato metodo del ricorso (Abusato talvolta perché alcuni genitori vogliono imporre il loro punto di vista non per il bene del figlio e del futuro cittadino. Ma questa questione esula dal tema che qui mi interessa, e la lascio cadere)

Nella scuola pubblica statale che mi piace ogni regione italiana ha pari opportunità di spesa ed identica dignità, perché è solo una scuola nazionale, gestita con criteri nazionali che unisce l’Italia, e fornisce ai ragazzi identiche occasioni di crescita. So che questo è un sogno, per ora, ma ritengo la scelta da parte dei genitori di una scuola privata, cioè di una pubblica paritaria, per i propri figli, come una sconfitta dello Stato e dell'intera società.


                                                                               Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

5 commenti:

  1. Nessuno dovrebbe avere il diritto di dare ai propri figli una educazione “migliore” cit. ma tutti hanno diritto ad avere una educazione, e una scuola statale che si trovi in un raggio di chilometri proporzionata all'eta dello studente. Un bambino in età della scuola materna non deve dover compiere 30 km di strada tra andata e ritorno,o un ragazzino di 13 anni 84 km al giorno per frequentare la scuola con indirizzo scolastico che desidera. Allora io mi chiedo...ma se esiste, e esiste, una scuola,così detta 'paritaria' ad un chilometraggio accettabile, non sarebbe giusto che possa essere frequentata da tutti,che siano figli dell'operatore ecologico,come del medico del paese...questo io chiedo. la 'parità' che sia dello stato come Istituto o come contributo.Ci son paesi dove i ragazzi sono tutti Geometri, perchè quello è il solo indirizzo scolastico che offre lo Stato. ringrazio comunque di questa possibilità.

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    1. Grazie del tuo intervento, innanzitutto, ma scusa se nel procedere della mia risposta cercherò di dimostrare la fondatezza delle mie idee. Del resto io sono certo di non avere la verità, ma sono altrettanto sicuro di doverla cercare argomentando le mie ragioni.

      Tu scrivi di un’offerta formativa che deve essere a distanza accettabile e il più ampia possibile. Se questa è realizzata solo dalla scuola paritaria nei termini suddetti, giusto allora che pure le classi sociali meno fortunate possano frequentarla.

      Ottima obiezione, che mi obbliga ad una riflessione approfondita preceduta da un ricordo.
      Prima di tutto anche io, da piccolo, ho frequentato l’asilo delle suore perché era l’unico in paese, e i miei credo pagassero una retta, ma credo pure fosse alla loro portata di operai, quindi bassa. Inoltre ricordo che i miei, pur di orientamento politico all’opposto, avevano un ottimo rapporto con le suore, e pure io ora le ricordo con una certa nostalgia, anche se poco, visto che è passato tanto tempo. Forse le rispettavano perché erano un’autorità, come il medico, il maestro, il farmacista? È possibile, ma sicuramente accettavano questa situazione ed avevano in cambio un servizio assolutamente adeguato alle loro necessità. Quindi nulla da dire in questo senso, solo riconoscenza. Inoltre la suora cuoca faceva una pasta e fagioli assolutamente speciale, a volte un po’ bruciacchiata, ma in quel caso ancora più buona, e mi manca da morire, ancora oggi.
      Il resto rimane una questione aperta, con un mucchio di interrogativi, che in certi casi ne aprono altri.

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    2. Come mai in certi luoghi disagiati del Trentino, ad esempio, si registra una fuga dei giovani verso i centri maggiori? Perché molti paesini piccoli restano senza una sola bottega, o un bar, e praticamente vi rimangono solo i vecchi, e poco pure loro? Eppure il Trentino è terra ricca, ora, in confronto al resto dell’Italia. Oppure perché pure gli ospedali vengono sempre più accentrati, obbligando chi ha bisogno del pronto soccorso a viaggi magari troppo lunghi? E qui si tratta della vita, bene sicuramente superiore all’istruzione.
      La realtà non è quella che vorrei, né per quanto riguarda la scuola, né per la salute, la giustizia e per mille altri servizi.
      Parto dal bisogno profondo che sento di uno Stato laico, sopra ogni credo religioso, a garanzia di ogni credo religioso, e quindi con una scuola statale che vedo unica in grado di darmi garanzie di imparzialità. Neppure questa però si salva dai nostri simboli religiosi, vorrei ricordare. Mi chiedo poi quale scuola parificata vicina possano frequentare un valdese, un ebreo, un musulmano o un ateo, e non so darmi risposta, perché la scuola parificata, pur vicina, è confessionale. Pur se aperta e moderna ha insegnanti che non sono nominati secondo le modalità della statale. Poi mi chiedo che bisogno ha di esistere una scuola vescovile in centri già serviti da molte altre strutture equivalenti statali, che accoglie meno casi problematici, quasi sempre destinati alla scuola statale. E gli assessori all’istruzione delle istituzioni pubbliche che hanno studiato in scuole cattoliche non statali, perché hanno fatto quella scelta, e perché sono stati scelti?

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    3. Non ho risposte univoche alle mie domande, e non sono domande retoriche, so solo che siamo tutti cittadini italiani. Ma vedo pure che tutti, in qualche modo, siamo avvantaggiati o penalizzati in qualche diritto specifico. Quando mi iscrissi all’università, a Ferrara, lo potei fare perché vivevo a Ferrara, perché quell’ateneo offriva molte opzioni che mi interessavano, e perché potevo studiare senza dover far sostenere ai miei altre spese per vivere fuori sede. E se avessi voluto laurearmi in architettura che cosa avrei fatto? Sarei andato a Venezia? Domanda senza risposta. Non lo so.
      Credo che la tendenza sempre più evidente di voler superare l’art. 33 della nostra Costituzione sia molto pericoloso, e, ricordo, tale articolo recita:
      · L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
      · La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
      · Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
      · La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
      · E’ prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale.
      · Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
      Il terzo capoverso io non so come interpretarlo, se non nello spirito del mio post. Noto però che negli ultimi decenni si gioca molto sulle parole, adattandole, facendone passare interpretazioni sempre più orientate in una certa direzione.

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    4. Se le scuole parificate hanno un senso, forse questo vale esclusivamente per il caso che tu hai citato, pur se con molti dubbi, e ammettendo che non trovandomi personalmente in quel tipo di necessità non posso dire di vivere sino in fondo quella situazione.
      Aggiungo però che io mi sono trasferito per trovare lavoro, non sono rimasto a Ferrara, dove sono nato. In Trentino poi ho cambiato 4 volte domicilio (cioè case dove ho vissuto) e 2 volte residenza. Sono andato ad abitare insomma vicino a dove lavoravo, ed ho cercato casa in un centro con vari servizi, scuole vicine comprese, pensando a mio figlio che stava per nascere e accettando di vivere in un condominio. Non possiedo quindi una casa indipendente come potrei forse avere, a parità di valore, se avessi scelto un centro minore ma meno servito e sicuramente più isolato. Pago tutto questo con un senso di sradicamento impossibile da sanare, e vorrei, anche per questo, uno Stato meno legato al Concordato (patto tra Italia e un Paese straniero, il Vaticano) e più vicino a tutti i cittadini, senza demandare ai privati il compito di sopperire alle sue mancanze. Silvano.
      (PS. troppo lunga, la risposta, lo so. me ne dispiace, ma avevo cose da dire, tante cose ...)

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