domenica 8 settembre 2013

Justine 2.0


Elena Bibolotti ha scritto un libro che è stato pubblicato da poco: Justine 2.0 - il cuore è soltanto un muscolo. 
In quarta di copertina Roberto Cotroneo ricorda che lei ha impiegato anni a scriverlo, senza narcisismi né fretta. 
Sandra Petriniani parlando del libro usa, tra le altre, le parole: erotico, scabroso, rispetto, originale e sentimentale. 
Sopra, in grassetto, si suggerisce una lente deformante che porta al grottesco, e qui trovo l’aggettivo un pò fuori luogo, depistante. Forse è paradossale, non certo ridicolo, e dopo averlo finalmente letto pure io, convengo che è un libro notevole.
È scritto fitto, e le pagine sono solo apparentemente 176. Altri probabilmente ne avrebbero ottenuto minimo 300, aumentando la dimensione del carattere e giocando sugli spazi vuoti.
Vincendo la mia presbiopia ho letto con interesse e senza fretta, leggendo anche altro, in contemporanea (è un mio vizio, che estendo ai libri partendo dalla vita di tutti i giorni. Io vedo persone e faccio più cose nello stesso tempo, ed anche con la lettura non muto atteggiamento). Sono così arrivato talvolta, colpevolmente, a confondere Justine con Lisbeth Salander, anche se so quanto poco abbiano in comune queste due protagoniste.

La forma mi piace. Le otto parti che raccontano la storia hanno un titolo ed una brevissima anticipazione di quello che verrà trattato nel capitolo, al modo di Miguel de Cervantes, quando, ad esempio, nel capitolo XXVIII del suo Don Chisciotte anticipa: “Raccontasi la nuova e piacevole avventura successa al curato ed al barbiere nella montagna medesima”.
È cioè un testo ricercato e ripensato, apparentemente impulsivo. Si parla di un ventennio di attesa o di un intervallo, di una prosecuzione o di un gioco d’amore. L'attesa qui non è quella di Penelope, ma di vita vissuta senza risparmio.

La particolare sessualità descritta non è la mia, lo ammetto, altrimenti il libro per me sarebbe perfetto. Bibolotti parte da una premessa di rapporti sado-maso, ammesso che io sappia esprimermi correttamente sul tema usando i termini giusti, e il suo terreno non mi è familiare, non coinvolge sino in fondo la mia fantasia quando entra nello specifico, sino al suo estremo. Quando da giovane ho letto qualcosa del marchese De Sade (e negli stessi anni tentavo di leggere pure Leopold von Sacher-Masoch) attirato da pruriti e curiosità che allora erano anche amplificati dagli ormoni, ne sono stato respinto, forse pure a causa della mia immaturità. Ho trovato maggior soddisfazione emotiva in scritti diversi, ad esempio in quelli di Pierre Louis, vissuto circa un secolo dopo, o di molti altri autori capaci di un erotismo più “tradizionale”, sia uomini che donne, come ad esempio Anaïs Nin.
Noi esseri umani abbiamo una sorta di imprinting su ciò che ci procura piacere, e difficilmente mentiamo a noi stessi su questi profondi moti sotterranei che ci spingono a cercare, a soffrire, a realizzare o a mentire. Talvolta teniamo tutto nascosto, per vigliaccheria, o per conclamata incapacità di realizzazione. Io tendo a questa situazione, lo ammetto, mi sono liberato molto tardi dalla mie paure, e molte le conservo pure oggi. Justine invece è lontana anni luce da questi miei timori e timidezze vigliacche, lei vive e rischia. Justine, in questo una vera eroina, è consapevole e lucida, forte e determinata, e trova raramente un uomo che sia in grado di starle alla pari, malgrado il potere politico o economico, anche quando apparentemente è lei la perdente, la debole.

A pagina 30 leggo:”Con il matrimonio, Justine aveva deciso di seguire una legge non sua, ben diversa dalla libera ricerca di un solido appagamento sessuale, e recitare la parte della moglie felice, finché un giorno si era risvegliata e aveva scoperto l’orrore: quella non era la prova generale, ma la sua ultima chance”
Ecco, questa cosa mi ha colpito, perché io quella legge l’ho seguita, sino in fondo, con i vantaggi e gli svantaggi legati alla situazione. La somma algebrica nel mio caso la leggo positiva, ed ho avuto un figlio. In questo si esplicita la distanza tra l'io reale ed il personaggio della protagonista.
Justine 2.0 non mi offre risposte, quindi, ma mi mostra un modo “altro”, che in parte mi attira, è innegabile, specialmente quando si tratta di esperienze e libertà, ma che per altri versi mi respinge, perché a volte mi sento giudicato dai pensieri di Justine. 
Sono io uno di quegli uomini che descrive negativamente? Se così fosse, forse potrei trarne indicazioni utili, aprire una finestra, scoprire una volta in più che il mondo è ancora più grande, vario, e anche bello, in certi momenti. Sicuramente il libro traccia una linea di separazione chiara tra morale e moralismo, e qui mi sento rinfrancato. La libertà è troppo preziosa per soffocarla quando non danneggia nessuno.
L’umanità, la paura, le ansie e le speranze, le stesse ingenuità di Justine, malgrado gli anni luce di distanza che pensavo ci separassero, con le sue trasgressioni, alla fine mi hanno conquistato.
                                                                               Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

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