lunedì 9 settembre 2013

Razzismo


Che idiozia colpevole e mostruosa è il razzismo, esattamente alla stregua della fede religiosa che uccide gli infedeli.
Non esistono razze umane diverse, è un falso scientifico che ognuno, se vuole, può verificare con una semplice ricerca su una qualsiasi enciclopedia cartacea, digitale o in rete. Le fonti che sostengono il contrario sono di parte, quindi inaffidabili.
Sulla fede religiosa non dico nulla, poiché non riguarda la scienza ma un altro ordine di idee.

In Italia abbiamo avuto invasioni pacifiche e in armi di popolazioni appartenenti ad altre etnie da oltre due millenni. A volte erano veramente barbariche ma non di rado invece sono risultate culturalmente più avanzate delle popolazioni autoctone. Basta leggere un libro di storia per capire quanto Roma imperiale facilitasse questo processo di mescolanza tra i diversi, traendo da questi nuovi arrivati la linfa vitale per il suo potere e la sua sopravvivenza. Ed il potere di Roma è durato a lungo; difficilmente si può attribuire a questa politica pragmatica la causa della decadenza dell’impero stesso, ma anche in questo caso lascio ai libri di storia le considerazioni in merito.

Io penso al fenomeno dell’emigrazione che ha toccato intere aree povere della nostra patria in tempi relativamente recenti, portando a fuggire dall’Italia per cercare lavoro e vita migliore in tutto il mondo quasi 30 milioni di nostri connazionali in poco più di un secolo. Una parte enorme di questi esuli cercava solo una migliore sistemazione, fuggiva dalla fame, alcuni anche dalla persecuzione politica. Molti però hanno esportato con loro la nostra organizzazione malavitosa, ed hanno imposto nei Paesi che li hanno accolti la violenza alla quale erano abituati; hanno cioè esportato pure la nostra vergogna, anche se erano solo una minoranza.

E come erano accolti questi italiani fuggiti dall’Italia? A volte come esseri inferiori, da sfruttare, oppure come mafiosi, da temere.  Raramente sono stati accettati da subito come esseri umani, cittadini con pieni diritti.
Solo con il tempo, la pazienza, la capacità di sopportare e di farsi conoscere, la volontà di lavorare sul serio e di essere parte della nuova società hanno rotto il cerchio dell’isolamento e della diffidenza nei loro confronti.

Oggi accogliamo chi cerca da noi rifugio, lavoro, fuga dalle persecuzioni e una nuova vita nello stesso identico modo. La storia non ci ha insegnato nulla, evidentemente. Quello che capita agli altri o a una generazione prima della nostra non ci tocca. Siamo superficiali e ragioniamo con la pancia, con l’interesse immediato. Siamo spinti ad una lotta tra poveri da politici senza scrupoli che cercano solo motivo di sopravvivenza per le loro organizzazioni farneticanti.

Ma io non sono buonista, per nulla. Vedo molto male, ad esempio, la cultura dell’accoglienza senza condizioni, senza alcuna limitazione, nei confronti di persone che hanno altre abitudini di vita e che rischiano di far deflagrare una tensione sociale palpabile, perché tutti ne abbiamo esempi sotto gli occhi, ogni giorno.

Ho vissuto per un paio di anni con l’appartamento sotto il mio gestito da un imprenditore locale che vi mandava suoi dipendenti marocchini, pachistani, albanesi e di non so neppure quali altri nazionalità di origine. I residenti avrebbero dovuto essere ufficialmente in quattro ma facilmente erano quasi una ventina. Inoltre da un edificio in abbandono a poca distanza ne arrivavano altre decine, per lavarsi o usare i servizi. Ho vissuto due anni d'inferno, con un figlio piccolo. Di notte non si dormiva per i rumori di ogni genere. A volte questi si accoltellavano, e almeno un paio di volte ho trovato sangue sulle scale o sull’ascensore. Non era possibile la convivenza, malgrado l’intervento della Caritas, dei vigili urbani e della forza pubblica. Oltretutto avevo paura di dispetti o peggio, quindi dovevo cercare  di non spezzare quel minimo di equilibrio apparente.
La colpa di chi era, in quella situazione? Facile dirlo, a posteriori.  Prima di tutto era responsabile l’imprenditore, che aveva tutto l’interesse a mantenere i suoi dipendenti nell’appartamento ma nessuno a controllare seriamente chi ci abitava e cosa faceva. Subito dopo colpevoli erano le nostre leggi e la loro applicazione ottusa e ingiustamente garantista. Chi veniva scoperto a commettere reati nell’appartamento e nelle sue vicinanze, anche quando veniva fermato, praticamente subito veniva liberato e ricominciava a comportarsi a proprio comodo, sempre più sicuro dell’immunità. Conservo decine di articoli di giornale di quegli anni, e molti altri li ho lasciati perdere. Alcuni volti apparsi in cronaca a Rovereto, a volte finiti male, appartengono a persone che conoscevo. Erano i miei vicini. Eppure non era colpa di TUTTI quelli che stavano nell’appartamento. Alcuni erano persone serie e normali, che lavoravano, non cercavano grane e mandavano i soldi alle loro famiglie, ma erano costretti a convivere con i delinquenti.

Pochi anni dopo ho avuto bisogno di una badante per i miei vecchi genitori. Ho assunto una straniera, immigrata pure lei. Ed è diventata praticamente una persona di famiglia, sicuramente non è una malavitosa.

Ho avuto poi a che fare sempre più spesso, negli ultimi anni, con alunni figli di immigrati, e con altri figli di rom e sinti. Casi spesso particolari, talvolta difficili. Ma ho notato anche un fenomento strano, in controtendenza. Alcuni ragazzi dell’est, arrivati in Italia abbastanza disponibili a lavorare e ad accettare l’autorità, subito capivano l'andazzo e finivano spesso per adeguarsi al comportamento degli italiani, ma di quelli peggiori. 
I rom ed i sinti, invece, li ho trovati prontissimi a trovare le falle nel sistema educativo, a sfruttarne a loro vantaggio le regole e poco propensi ad adeguarsi alla nostra cultura. La loro del resto è una cultura non meno nobile della nostra, pur se di tradizione orale, e praticamente siamo popoli diversi che conviviamo sullo stesso territorio. Non esiste integrazione possibile se non si parte da una ammissione di parità di diritti, ma loro si sposano con ragazzine di 13 anni, hanno bisogno di spazi diversi dai nostri, e noi li abbiamo occupati e recintati tutti. Non abbiamo lasciato nulla di libero per loro, abbiamo ignorato i loro diritti, con la scusa che sono nomadi e quasi mai interessati al possesso di una casa.

A Ferrara ci sono zone, come quella attorno al grattacielo vicino alla stazione, che divengono di fatto dei ghetti, dove alcuni spacciatori e autori di piccoli furti convivono con tanti altri onesti lavoratori (esattamente come capitava ai primi italiani che emigravano). E questo alimenta ovviamente il razzismo latente da sempre nei ferraresi, che prima dell'arrivo degli immigrati se la prendevano con i meridionali. Non è molto disponibile, in questo, il ferrarese medio, e lo dico da ferrarese “emigrato” in Trentino. Quando mi capita di parlare nella mia città di origine con amici o conoscenti, sento in sottofondo questo pregiudizio, che ho imparato a riconoscere chiaramente da quando sono andato via da Ferrara. Ma Ferrara è solo un caso che conosco, e non tutti i ferraresi sono uguali. Ogni città italiana si potrebbe descrivere in questo modo. Non odio Ferrara a tal punto da darle colpe in esclusiva; l'amo invece, ma ne vedo i difetti.

Vorrei che chi viene sorpreso a delinquere, ad esempio a spacciare piccole dosi sempre meno costose, venisse incarcerato, e non liberato dopo poche ore, rendendo nulli l'impegno (ed i rischi corsi) delle forze dell'ordine. Nessun accanimento, ovviamente, con le piccole pedine del crimine, ma pene sicure e giuste. Al primo fermo una pena di pochi giorni. Alla prima recidiva almeno un mese. Alla seconda ricaduta vari mesi. In tal modo cadrebbe il senso di impunità che permette a questi piccoli delinquenti di diventare i padroni di intere aree urbane.

Dicevo prima che non sono buonista. È vero. Vorrei accoglienza per chi la merita, accordandola magari sulla fiducia, ma anche estrema severità con chi non rispetta le nostre leggi e, aggiungo, le nostre abitudini e tradizioni. Già vivo male certe imposizioni culturali cattoliche, non vorrei trovarmi a dover subire anche quelle musulmane o di altre religioni. Vorrei che la Chiesa accogliesse veramente questi diseredati facendo voto di povertà, come ultimamente pare indirizzata, e senza essere costretto a sentire i continui richiami dai rappresentanti di un paese straniero, il Vaticano, che ci invitano ad accogliere in Italia i profughi di mezzo modo. Li accolgano pure loro, e diamo l'esempio vendendo i loro immensi tesori per far fronte a queste necessità.

E non voglio neppure che la sinistra si faccia continuamente impallinare dalla destra o dalla lega o dai movimenti quando difende acriticamente ogni diritto per gli immigrati, dimenticando a volte gli italiani. Occorre equità, seguire le famiglie immigrate per far trovare loro casa, aiutarle a pagare le bollette, ma, e qui siamo carenti, verificare poi che queste famiglie si adeguino ai regolamenti e rispettino a loro volta le altre famiglie, senza pretendere solo aiuti senza dare nulla in cambio. Diritti e doveri, insomma, se vogliamo crescere nella società che ci aspetta, senza che perdiamo le conquiste sociali, ad esempio i diritti delle donne, che abbiamo ottenuto a fatica e dobbiamo continuare a difendere.

La foto usata (di Oliviero Toscani) è quella di una nota campagna pubblicitaria del 1991.

                                                                               Silvano C.©


( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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