Che idiozia colpevole e
mostruosa è il razzismo, esattamente alla stregua della fede religiosa che
uccide gli infedeli.
Non esistono razze umane
diverse, è un falso scientifico che ognuno, se vuole, può verificare con
una semplice ricerca su una qualsiasi enciclopedia cartacea, digitale o in
rete. Le fonti che sostengono il contrario sono di parte,
quindi inaffidabili.
Sulla fede religiosa non
dico nulla, poiché non riguarda la scienza ma un altro ordine di idee.
In Italia abbiamo avuto
invasioni pacifiche e in armi di popolazioni appartenenti ad altre etnie da
oltre due millenni. A volte erano veramente barbariche ma non di rado invece sono risultate culturalmente più avanzate
delle popolazioni autoctone. Basta leggere un libro di storia per capire
quanto Roma imperiale facilitasse questo processo di mescolanza tra i diversi,
traendo da questi nuovi arrivati la linfa vitale per il suo potere e
la sua sopravvivenza. Ed il potere di Roma è durato a lungo; difficilmente si può
attribuire a questa politica pragmatica la causa della decadenza
dell’impero stesso, ma anche in questo caso lascio ai libri di storia le
considerazioni in merito.
Io penso al fenomeno
dell’emigrazione che ha toccato intere aree povere della nostra patria in tempi relativamente recenti,
portando a fuggire dall’Italia per cercare lavoro e vita migliore in tutto il
mondo quasi 30 milioni di nostri connazionali in poco più di un secolo. Una
parte enorme di questi esuli cercava solo una migliore sistemazione, fuggiva
dalla fame, alcuni anche dalla persecuzione politica. Molti però hanno
esportato con loro la nostra organizzazione malavitosa, ed hanno imposto nei Paesi
che li hanno accolti la violenza alla quale erano abituati; hanno cioè
esportato pure la nostra vergogna, anche se erano solo una minoranza.
E come erano accolti questi
italiani fuggiti dall’Italia? A volte come esseri inferiori, da sfruttare,
oppure come mafiosi, da temere. Raramente sono stati accettati da subito come esseri umani, cittadini con
pieni diritti.
Solo con il tempo, la pazienza,
la capacità di sopportare e di farsi conoscere, la volontà di lavorare sul
serio e di essere parte della nuova società hanno rotto il cerchio
dell’isolamento e della diffidenza nei loro confronti.
Oggi accogliamo chi cerca da
noi rifugio, lavoro, fuga dalle persecuzioni e una nuova vita nello stesso
identico modo. La storia non ci ha insegnato nulla, evidentemente. Quello che
capita agli altri o a una generazione prima della nostra non ci tocca. Siamo superficiali e
ragioniamo con la pancia, con l’interesse immediato. Siamo spinti ad una lotta
tra poveri da politici senza scrupoli che cercano solo motivo di sopravvivenza
per le loro organizzazioni farneticanti.
Ma io non sono buonista, per
nulla. Vedo molto male, ad esempio, la cultura dell’accoglienza senza condizioni, senza alcuna limitazione, nei confronti di persone che hanno altre abitudini di vita e che
rischiano di far deflagrare una tensione sociale palpabile, perché tutti ne
abbiamo esempi sotto gli occhi, ogni giorno.
Ho vissuto per un paio di anni con l’appartamento sotto il mio gestito da un
imprenditore locale che vi mandava suoi dipendenti marocchini, pachistani,
albanesi e di non so neppure quali altri nazionalità di origine. I residenti avrebbero dovuto essere ufficialmente in quattro ma facilmente erano quasi una ventina. Inoltre da un edificio in abbandono a poca distanza ne
arrivavano altre decine, per lavarsi o usare i servizi. Ho vissuto due anni d'inferno, con un figlio piccolo. Di notte non si dormiva per i rumori di ogni
genere. A volte questi si accoltellavano, e almeno un paio di volte ho trovato sangue
sulle scale o sull’ascensore. Non era possibile la convivenza, malgrado
l’intervento della Caritas, dei vigili urbani e della forza pubblica.
Oltretutto avevo paura di dispetti o peggio, quindi dovevo cercare di non spezzare quel minimo di equilibrio
apparente.
La colpa di chi era, in
quella situazione? Facile dirlo, a posteriori.
Prima di tutto era responsabile l’imprenditore, che aveva tutto l’interesse a mantenere i suoi
dipendenti nell’appartamento ma nessuno a controllare seriamente chi
ci abitava e cosa faceva. Subito dopo colpevoli erano le nostre leggi e la loro applicazione ottusa e ingiustamente garantista. Chi veniva scoperto a commettere reati nell’appartamento e nelle sue
vicinanze, anche quando veniva fermato, praticamente subito veniva liberato e
ricominciava a comportarsi a proprio comodo, sempre più sicuro dell’immunità. Conservo
decine di articoli di giornale di quegli anni, e molti altri li ho lasciati
perdere. Alcuni volti apparsi in cronaca a Rovereto, a volte finiti male, appartengono a persone che
conoscevo. Erano i miei vicini. Eppure non era colpa di TUTTI quelli che
stavano nell’appartamento. Alcuni erano persone serie e normali, che lavoravano, non
cercavano grane e mandavano i soldi alle loro famiglie, ma erano costretti a
convivere con i delinquenti.
Pochi anni dopo ho avuto
bisogno di una badante per i miei vecchi genitori. Ho assunto una straniera,
immigrata pure lei. Ed è diventata praticamente una persona di famiglia,
sicuramente non è una malavitosa.
Ho avuto poi a che fare
sempre più spesso, negli ultimi anni, con alunni figli di immigrati, e con
altri figli di rom e sinti. Casi spesso particolari, talvolta difficili. Ma ho notato anche un fenomento strano, in controtendenza. Alcuni
ragazzi dell’est, arrivati in Italia abbastanza disponibili a
lavorare e ad accettare l’autorità, subito capivano l'andazzo e
finivano spesso per adeguarsi al comportamento degli italiani, ma di quelli peggiori.
I rom ed i sinti, invece, li ho trovati prontissimi a trovare le falle nel sistema educativo, a sfruttarne a loro vantaggio le regole e poco propensi ad adeguarsi alla nostra cultura. La loro del resto è una cultura non meno nobile della nostra, pur se di tradizione orale, e praticamente siamo popoli diversi che conviviamo sullo stesso territorio. Non esiste integrazione possibile se non si parte da una ammissione di parità di diritti, ma loro si sposano con ragazzine di 13 anni, hanno bisogno di spazi diversi dai nostri, e noi li abbiamo occupati e recintati tutti. Non abbiamo lasciato nulla di libero per loro, abbiamo ignorato i loro diritti, con la scusa che sono nomadi e quasi mai interessati al possesso di una casa.
I rom ed i sinti, invece, li ho trovati prontissimi a trovare le falle nel sistema educativo, a sfruttarne a loro vantaggio le regole e poco propensi ad adeguarsi alla nostra cultura. La loro del resto è una cultura non meno nobile della nostra, pur se di tradizione orale, e praticamente siamo popoli diversi che conviviamo sullo stesso territorio. Non esiste integrazione possibile se non si parte da una ammissione di parità di diritti, ma loro si sposano con ragazzine di 13 anni, hanno bisogno di spazi diversi dai nostri, e noi li abbiamo occupati e recintati tutti. Non abbiamo lasciato nulla di libero per loro, abbiamo ignorato i loro diritti, con la scusa che sono nomadi e quasi mai interessati al possesso di una casa.
A Ferrara ci sono zone, come
quella attorno al grattacielo vicino alla stazione, che divengono di fatto dei
ghetti, dove alcuni spacciatori e autori di piccoli furti convivono con tanti
altri onesti lavoratori (esattamente come capitava ai primi italiani che
emigravano). E questo alimenta ovviamente il razzismo latente da sempre nei
ferraresi, che prima dell'arrivo degli immigrati se la prendevano con i meridionali. Non è
molto disponibile, in questo, il ferrarese medio, e lo dico da ferrarese
“emigrato” in Trentino. Quando mi capita di parlare nella mia città di origine
con amici o conoscenti, sento in sottofondo questo pregiudizio, che ho imparato
a riconoscere chiaramente da quando sono andato via da Ferrara. Ma Ferrara è
solo un caso che conosco, e non tutti i ferraresi sono uguali. Ogni città italiana si potrebbe descrivere in questo modo. Non
odio Ferrara a tal punto da darle colpe in esclusiva; l'amo invece, ma
ne vedo i difetti.
Vorrei che chi viene sorpreso a delinquere, ad esempio a spacciare piccole dosi sempre meno costose, venisse incarcerato, e non liberato dopo poche ore, rendendo nulli l'impegno (ed i rischi corsi) delle forze dell'ordine. Nessun accanimento, ovviamente, con le piccole pedine del crimine, ma pene sicure e giuste. Al primo fermo una pena di pochi giorni. Alla prima recidiva almeno un mese. Alla seconda ricaduta vari mesi. In tal modo cadrebbe il senso di impunità che permette a questi piccoli delinquenti di diventare i padroni di intere aree urbane.
Vorrei che chi viene sorpreso a delinquere, ad esempio a spacciare piccole dosi sempre meno costose, venisse incarcerato, e non liberato dopo poche ore, rendendo nulli l'impegno (ed i rischi corsi) delle forze dell'ordine. Nessun accanimento, ovviamente, con le piccole pedine del crimine, ma pene sicure e giuste. Al primo fermo una pena di pochi giorni. Alla prima recidiva almeno un mese. Alla seconda ricaduta vari mesi. In tal modo cadrebbe il senso di impunità che permette a questi piccoli delinquenti di diventare i padroni di intere aree urbane.
Dicevo prima che non sono
buonista. È vero. Vorrei accoglienza per chi la merita, accordandola magari
sulla fiducia, ma anche estrema severità con chi non rispetta le
nostre leggi e, aggiungo, le nostre abitudini e tradizioni. Già vivo male certe
imposizioni culturali cattoliche, non vorrei trovarmi a dover subire anche
quelle musulmane o di altre religioni. Vorrei che la Chiesa accogliesse
veramente questi diseredati facendo voto di povertà, come ultimamente pare
indirizzata, e senza essere costretto a sentire i continui richiami dai
rappresentanti di un paese straniero, il Vaticano, che ci invitano ad accogliere in Italia i
profughi di mezzo modo. Li accolgano pure loro, e diamo l'esempio vendendo i loro
immensi tesori per far fronte a queste necessità.
E non voglio neppure che la
sinistra si faccia continuamente impallinare dalla destra o dalla lega o dai movimenti quando
difende acriticamente ogni diritto per gli immigrati, dimenticando a volte gli
italiani. Occorre equità, seguire le famiglie immigrate per far trovare loro casa,
aiutarle a pagare le bollette, ma, e qui siamo carenti, verificare poi che
queste famiglie si adeguino ai regolamenti e rispettino a loro volta le altre
famiglie, senza pretendere solo aiuti senza dare nulla in cambio. Diritti e
doveri, insomma, se vogliamo crescere nella società che ci aspetta, senza che
perdiamo le conquiste sociali, ad esempio i diritti delle donne, che abbiamo
ottenuto a fatica e dobbiamo continuare a difendere.
La foto usata (di Oliviero Toscani) è quella di una nota campagna pubblicitaria del 1991.
Silvano C.©( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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