Nato a Tortona, Tommaso aveva studiato legge e nei primi tempi aveva esercitato la sua professione nelle terre piemontesi, con incarichi di sempre maggior responsabilità quando, attorno al 1356, venne invitato dal marchese Aldobrandino II di Ferrara a svolgere in città la funzione di Giudice del Comune. La cosa gli fece piacere, ed accettò con entusiasmo perché voleva allontanarsi dai luoghi dove era nato, sia per dimenticare una donna che lo aveva fatto soffrire sia perché, dopo la morte dei genitori, nulla lo legava più a quelle terre.
A Ferrara, allora piena di vita e intrighi, in piena espansione, sempre
contesa dal papato e dagli stati circostanti, non ultima la Serenissima, lui si
trovò subito nel suo ambiente ideale. Entrò nel ruolo affidatogli con estrema
serietà ed impegno e quando prese il potere il nuovo marchese Niccolò II d'Este, questi rimase talmente
soddisfatto del suo lavoro che lo nominò vicario generale. A corte allora si
viveva tra sfarzi e feste, e Tommaso solo in parte partecipò a questa vita
frivola, abituato a maggior sobrietà. Tuttavia non rifiutò l’aiuto del marchese
nel trovargli un'abitazione degna del suo ruolo, in Via della Luna,
considerando anche le sue nuove esigenze familiari. Nel frattempo infatti si
era sposato con la figlia di un notaio, Donna Giovanna dei Lupi.
Gli anni trascorsero felici,
per la coppia, che ebbe nel tempo tre figli, due maschi ed una femmina:
Tommasino, Azzo e Lisa. Erano molto uniti ed invidiati dai sudditi estensi, che
vedevano questo forestiero in modo malevolo perché un ferrarese, specialmente
se appartiene al popolo, diffida sempre di chi viene da altre terre, vedendo in costui una oscura minaccia o addirittura una sorta di furto di propri
indefiniti diritti.
Nel frattempo a corte il
signore viveva sopra i mezzi che la pur ricca città avrebbe permesso,
sfruttando oltremisura le capacità di pagar gabelle da parte di commercianti e
corporazioni artigiane. Poco a poco crebbe il malcontento, si parlò anche di un
tentativo di congiura, che sulle prima venne ignorato come se si trattasse di
invenzioni create ad arte al solo scopo di limitare il crescente potere del
marchese.
Tommaso intanto veniva
nominato Vice Podestà, e infine Giudice dei Savi, massimo magistrato di
Ferrara. A lui competeva la riscossione delle imposte per far fronte a tutte le
necessità della corte.
Tutto precipitò una notte,
all’inizio del marzo 1385. Il popolo insorse, venne occupata la Cancelleria di Stato, vennero trovati i libri contabili e di questi ne venne fatto un rogo,
vicino a San Romano. Tommaso venne salvato a fatica dagli emissari del
marchese, che però non poterono far nulla per difendere la sua famiglia, e si
narra che persino i suoi figli vennero lasciati nudi dagli insorti, dopo che
ebbero spogliato la sua dimora di ogni cosa. Nulla si conosce della sorte toccata alla moglie o ai servi.
Il popolo aveva indirizzato
la sua ira non contro il vero responsabile dei suoi stenti, ma verso uno dei
servi più fedeli del marchese, lo sfortunato Tommaso. Dopo vari tentativi di
pacificare la folla inferocita, questi venne abbandonato al suo destino. Consapevole
di quanto lo attendeva, si confessò, chiese perdono a Dio, poi venne lasciato
al popolo che letteralmente lo squartò vivo, ne disperse le membra ed in parte
le bruciò sul rogo in San Romano. Si racconta che parti del suo corpo vennero
mangiate da alcuni invasati, altre parti esposte sulle piazze, e alcune persino
portate sull’argine del Po, a Francolino.
In qualche modo poi la
sommossa popolare si quietò, dopo aver avuto il suo orrendo tributo di sangue.
Il marchese fece il bel gesto di togliere alcune gabelle, ma colpì poi anche
duramente i sobillatori del popolo, punendoli in modo spietato. Il terrore
vissuto quella notte tuttavia non lasciò più il signore estense che iniziò, in quei giorni, a
progettare una nuova difesa in città per sé e per la sua famiglia. Infatti
convocò prestissimo a corte un noto architetto di origini novaresi, tale Bartolino
Ploti, e gli commissionò il progetto di
una struttura fortificata dentro le mura, quella che poi sarebbe diventata il
castello di San Michele, oggi noto come Castello Estense.
(Storia parzialmente ispirata a fatti ferraresi,
non necessariamente avvenuti come qui raccontati dal sottoscritto)
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte. Grazie)
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