lunedì 29 luglio 2013

Nove giorni, una vita. Bianca



Bianca nasce il 5 aprile del 1933 a Voghiera, da una famiglia di mezzadri per quei tempi benestanti, i Gavioli. È la primogenita, ma le gravi complicazioni che dopo il parto colpiscono la madre col rischio che questa perda la vita, la rendono figlia unica. È un duro colpo per Guido, che avrebbe voluto un figlio maschio, ma questi si consola presto, abituato a lavorare e a non lamentarsi mai troppo. Anche se è assolutamente ateo e comunista, con una contraddizione che ritiene perfettamente naturale, ringrazia Dio di avergli salvato Lorenza, che ama da morire, ed accetta la situazione. Per fortuna suo padre e sua madre sono ancora in forze, pensa, e relativamente giovani, quindi in grado di aiutarlo ancora per diversi anni nella conduzione del piccolo podere dal quale ricava il sostentamento per tutti i suoi.
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Quando  Bianca compie i 10 anni, l’Italia è in guerra al fianco della Germania ormai da quasi tre anni. Nelle varie zone della provincia di Ferrara sono arrivati i primi sfollati dalla città, non per paura, ancora, perché solo verso la fine dell’anno, esattamente il 29 dicembre, ci sarebbe stato il primo bombardamento aereo sul capoluogo con oltre 300 morti, ma piuttosto per la difficoltà di trovare generi alimentari e anche per ragioni “politiche”. Erano entrate in vigore dal 1925 le leggi fascistissime, ma solo negli ultimi anni avevano iniziato a dare i loro frutti più nefandi, in particolare quando si erano combinate agli effetti delle leggi razziali. La piccola Bianca però non si rende conto della guerra se non dai discorsi dei genitori, non è coinvolta direttamente, ed infatti nessuno dei suoi familiari viene richiamato sotto le armi come invece gli zii Nicola e Secondo (nessuno dei due tornerà più a casa). Il padre è l’unico uomo in grado di condurre i lavori in azienda, ed ha problemi cardiaci, mentre il nonno ormai ha compiuto 57 anni, ed è troppo vecchio per la guerra. Lei aiuta in campagna, e viene trattata da maschio dal padre, il maschio che non ha avuto. E si diverte, a suo modo, e si sente importante. Lavora senza sentire la fatica, è sana e forte.
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Gli anni del dopoguerra sono un momento di ripresa per l’Italia, ma per la famiglia di Bianca sono segnati da lutti e nuove difficoltà. Muoiono a pochi mesi di distanza i nonni che vivevano con loro. Il padre perde la mezzadria, perché non può garantire da solo ormai il lavoro sul fondo agricolo del Nencini, il proprietario. Si dice anche che antichi dissapori tra Nencini e Gavioli siano divenuti insanabili, il primo monarchico deluso dalla politica, il secondo comunista, sempre più impegnato con il sindacato. Il 5 marzo di quell’anno poi muore Stalin, ed il padre mette il lutto al braccio. Ora sono rimasti in tre, e si sono trasferiti da tempo in una piccola casa nei Prati di Palmirano, dove il padre ha trovato una sistemazione economica. Tutte le mattine deve partire in bicicletta per andare a Cocomaro di Cona,  a molti chilometri da casa, dove lavora come bidello. Anche Bianca ha un nuovo lavoro, a Gaibanella, presso un’azienda agricola con cantina. A casa resta solo la madre, che cura un piccolo allevamento di polli e conigli che vende ogni tanto ai macellai della zona. Bianca vorrebbe festeggiare il suo ventesimo compleanno col fidanzato, visto che è domenica, ma lui, che lavora come muratore, è lontano, in Veneto, e non si vedranno che fra più di un mese. E così resta con i suoi, e trascorre la giornata dando una mano alla madre. Pensa a quando si sposeranno, l’anno prossimo.

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Il 5 aprile del 1963 Bianca saluta il figlio Carlo che esce di casa, ad Aguscello, per andare alla scuola elementare. Frequenta già la terza, è molto bravo, dice la maestra, e lei ne è orgogliosa. Il nonno si illumina quando vede il nipote, e assieme trascorrono molto tempo, quando il bambino è libero e non ha altri impegni o non deve svolgere i compiti. Guido ha finalmente coronato col nipote il sogno di un figlio maschio, e subisce con la moglie senza lamentarsi gli sgarbi e la malagrazia coi quali il genero si rivolge ad entrambi. È una pena per la figlia vedere i genitori trattati in quel modo, ma sopporta, anche per loro. Il marito, che dopo il loro matrimonio è diventato capomastro, rimane fuori casa tutto il giorno, e quindi per molte ore in casa regna una certa calma. Solo la sera quando lui rincasa i vecchi si rinchiudono nella loro stanzetta, e cercano di evitare ogni motivo di attrito. Del resto lui guadagna abbastanza ed ora vivono in una casetta piccola ma molto comoda, con il gabinetto dentro casa, ed uno spazio per lavarsi con una piccola stufetta in terracotta. Bianca quindi si rende conto che, malgrado il suo pessimo carattere, è pur sempre stata fortunata a trovare Sergio, ed ora loro figlio porta il cognome del padre:Corazza. "Il mio cognome è destinato ad estinguersi" pensa con tristezza Guido. La vita continua, però, indifferente ai sogni infranti.

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Quel giorno di aprile del 1973 inizia bene per Bianca. Il marito ed il figlio le hanno fatto trovare sul tavolo della cucina un mazzo di rose ed un pacchettino, facendosi promettere che lo avrebbe aperto solo a mezzogiorno preciso. Fanno colazione assieme loro tre, poi i due uomini escono, dopo averle fatto gli auguri, Il primo per andare al suo cantiere edile a Pontegradella il secondo al liceo.
Lei sistema in fretta la casa, poi, da via Mortara, in bicicletta va in Certosa, a mettere un fiore sulla tomba del padre, mancato due anni prima. Rimane una decina di minuti davanti alla lapide con la foto, che accarezza con le dita, poi saluta mentalmente ed esce dal cimitero. Riprende la bicicletta e in pochi minuti arriva alla Salus, dove è ricoverata ormai senza conoscenza la madre, colpita da un ictus in febbraio. La clinica è nuova ed efficiente, ma l’odore nella stanza della madre, dove stanno altre due donne anziane, è sempre pesante. Lei socchiude la finestra dopo aver salutato la madre che non sembra accorgersi della sua presenza. Poi va a chiamare un’infermiera, e le chiede se è stata cambiata, quella mattina. Ottiene una risposta affermativa ma un po’ evasiva, e dopo meno di 10 minuti, quando è seduta accanto al letto, arrivano due inservienti che la fanno accomodare fuori perché devono sistemare le degenti.
Mentre aspetta, guardando fuori dalla finestra verso Via Arianuova, sente la mente vuota ma con un ingorgo di emozioni che fanno ressa sulla porta per entrare, e lei che tenta di fermarle. Sa che non può vincere, e che alla fine loro sfonderanno ogni barriera, ma intanto resiste, e cerca di distrarsi guardando lo scarso movimento sulla strada, oltre i cancelli del parcheggio della clinica.
…..
A mezzogiorno preciso Bianca è a casa, e il rintocco delle campana di Santa Maria della Consolazione le ricorda che deve aprire il pacchetto ricevuto in regalo il mattino. Scioglie il nastro, poi, cercando di non rovinare la carta che lo avvolge, libera il pacchetto. C’è un biglietto,lo apre:

Tantissimi auguri Bianca, scommetto che ti eri dimenticata e sono state le campane di Santa Maria a ricordarti del tuo regalo. Lo abbiamo scelto assieme io e Carlo. Ed ha contribuito pure lui. Lo confermo ufficialmente.
Ti amo, Sergio
Auguri mamma, fai la brava oggi. E buon compleanno. Carlo

PS. Stasera ho prenotato per due alla Provvidenza. Io arrivo verso le 7. Tu preparati.

PPS. La prima pietra della chiesa è stata posta esattamente il 5 aprile del 1501 dal duca Ercole I d’Este in persona. Scommetto che non lo sapevi.

Ora, con un sorriso, Bianca apre il pacchetto…

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In radio un approfondimento sullo strappo di Berlinguer e sulla crisi del PCI con le dimissioni a Torino di Diego Novelli, ma si sente a fatica tanto il volume è basso. La casa è immersa nella semioscurità, lei riposa con gli occhi chiusi, su una poltrona in sala. Tra poco deve uscire. Da un paio di anni lavora per mezza giornata dal martedì al venerdì presso il notaio Busi, in via Contrari. È quasi in ritardo, ma ha un forte mal di testa, e non riesce a decidersi ad alzarsi. Oggi sarebbe pure il suo compleanno, ma solo il figlio, da Londra, le ha fatto una telefonata. Sergio non lo vede e non lo sente da anni, da quando è andato a vivere con quella donna che potrebbe quasi essere sua figlia. Non sono ancora divorziati, ma sembra che a nessuno dei due interessi. Si sono separati in modo quasi civile. Lui le ha lasciato l’appartamento di Via Mortara, e le passa pochissimi soldi ogni mese, che ovviamente non le bastano. In fondo è stata fortunata se il Busi l’ha presa. All’inizio era una frana completa, ma ora è diventata abbastanza efficiente.

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Bianca compie 60 anni, è lunedì. Scende piano le scale di casa, va in cortile e prende la bicicletta con la quale si muove in città. Non ha mai preso la patente, ed ora è decisamente tardi per pensarci. Come ogni lunedì, da quando è in pensione, va al mercato, in Piazza Travaglio. Le auto si sono fatte molto invadenti, e a volte ha difficoltà nel traffico, ma andando contromano e sui marciapiedi, se serve, riesce ad arrivare ovunque, col sole o con la pioggia, tenendo magari l’ombrello con una mano e il manubrio con l’altra.  Una volta quasi ha investito un vigile, spuntando contromano da via Cisterna del Follo, ma lui neppure l’ha notata. A Ferrara le biciclette sono le signore del traffico. Se non hai la bicicletta non sei nessuno, ed infatti i ladri non si fanno sfuggire ogni occasione alla loro portata, fosse pure un ferrovecchio. E nessuno le abbandona senza almeno un piccolo lucchetto. 
A volte, il pomeriggio, Carlo o Ethel le portano la nipotina di 4 anni, Lorenza. Carlo ha voluto chiamarla col nome della nonna, alla quale era molto affezionato. Quando non ha questo impegno si reca all’Ospedale S. Giorgio, un centro riabilitativo famoso non solo a Ferrara, tanto che, tra gli altri, in agosto di quell’anno verrà ricoverato anche Federico Fellini. In quelle stanze lei si sente utile, aiuta giovani e anziani a ritrovare fiducia e forza di continuare, e per tale ragione da un po’ di tempo si è fatta socia di una cooperativa di volontariato.
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il 5 aprile 2003 ad Asiago è nebbioso, ma sarebbe meglio dire che le nuvole sono basse.
Bianca segue un gruppo di anziani, portati in una struttura della parrocchia di San Benedetto. Il figlio disapprova le sue scelte, perché le ripete che dovrebbe riposarsi a casa sua, ma lei ha la testa dura, e non smette di andare dove vuole. Non è mai stata religiosa o praticante, fedele alle idee comuniste del padre sino alla fine, ma con il volontariato si è avvicinata al mondo cattolico, e se serve collabora senza problemi, anche se ormai l’età non le permette di essere utile come un tempo. A volte le piace pure litigare di gusto con una amica, che lei giudica una beghina intelligente, e commenta sarcasticamente, per farla arrabbiare, i viaggi che il Papa in carrozzina fa ancora in giro per il mondo. A suo modo ha trovato la felicità

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Entra in Certosa dopo aver parcheggiato l’auto in Via Borso, di fronte ad un fiorista. I fiori Carlo li porta da casa, vengono dal suo piccolo giardino. Ha voluto venire da solo, senza la moglie e la figlia. Cammina piano, diretto verso la zona nuova, dove sono tumulati, in due loculi affiancati, i suoi genitori. 

Arriva e, come ogni volta, legge le poche parole:
Sergio Corazza  N  15 settembre 1929        M  19 novembre 2004
Bianca Gavioli    N   5 aprile 1933                M   3 agosto 2012
Se la madre fosse viva oggi compirebbe 80 anni. E non sa trattenere le lacrime pensando che lei ha voluto portare al collo per il suo ultimo viaggio quella collana di granato che lui ed il padre le hanno regalato ormai  40 anni prima. Non se ne era mai separata.
                                                                                             Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

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