lunedì 22 luglio 2013

Leandro


Sono nato in un paesino umbro, ormai 75 anni fa. Della mia infanzia ricordo la paura per le rappresaglie dei tedeschi, dei quali si raccontava che, durante la loro fuga verso nord, si comportassero peggio delle bestie. Ricordo che vivevo solo con mia madre e mia nonna, mio nonno morto prima che io nascessi, e mio padre prigioniero in Russia, e rivisto solo quando ormai avevo 7 anni. Non lo ricordavo più, e pure mia madre, pare che facesse fatica a credere che fosse lui. Eppure in quella casa fuori dal paese io ricordo di aver vissuto anche bei momenti, malgrado la guerra.

Non ho studiato molto, mi sono fermato alla terza elementare, e solo diversi anni più tardi ho scoperto che mi piaceva leggere, ed ho letto, ho letto tanto, perché i libri da un certo momento in poi non mi sono mancati, essendo stato assunto come sorvegliante e custode nella Biblioteca comunale Augusta poco dopo aver compiuto ventuno anni, al ritorno dal servizio militare, nella zona di Trieste.

All’inizio non avevo il coraggio di avvicinarmi agli enormi scaffali pieni di volumi antichi e preziosi, ma mi limitavo a svolgere il mio compito, che spesso consisteva, nelle ore notturne, a sorvegliare che nessuno entrasse di nascosto per rubare i preziosi testi antichi conservati in un paio di sale speciali, e quindi ogni tanto facevo giri nell’edificio deserto, sentendo solo il rumore dei mie passi.

Non ero inesperto con le ragazze, e non avevo paura di quelle del mio paese, con alcune avevo avuto già le mie esperienze, e la mia prima volta la ricordo ancora, con Mara, nel fienile dei suoi, che erano contadini, quando avevamo 15 anni io e 16 lei. Io non sono stato il primo per lei, ed infatti da lei ho imparato molte cose. Ma con le ragazze di Perugia, quelle che avevano studiato, mi sentivo un ignorante, ed era una cosa del tutto diversa, o almeno io ne ero convinto.

Francesca invece mi sembrò meno lontana delle altre sin dalla prima volta che la vidi. Lei era bibliotecaria allora, la più giovane bibliotecaria di tutte, era bella, istruita, e, per non so quale motivo, le ero simpatico. Iniziò col darmi da leggere un libro di Salgari, che a fatica, di notte, in quasi un mese riuscii a finire. Mi chiese come mi era sembrato, quando lo riportai, convinto che mi avrebbe sgridato come un ragazzino perché ci avevo messo tanto. Non sembrò per nulla colpita dal tempo che ci avevo messo, ma mi ascoltò con interesse quando le raccontai le mie impressioni. Mi sorrise e mi diede un secondo volume, stavolta di Verne, che lessi avidamente ma lentamente, impiegandoci ancora quasi un mese.
                                                            ……….
Francesca è morta da 4 anni, siamo stati sposati per quasi 50, abbiamo avuto due figli, entrambi laureati, Angela e Piero. Lei ha un compagno e vive a Parigi, parla italiano e francese con la stessa facilità, e mi ha regalato un nipotino, Andrè, che però vedo pochissimo. Lui invece è rimasto a Perugia, ed insegna nel liceo G.Galilei. E’ sposato ed ha adottato un bambino brasiliano. Sono stato a cena a casa loro poche sere fa. Mi ha fatto piacere la loro compagnia, ma io vivo a casa mia, con una signora ucraina che mi aiuta. Vivo come se Francesca fosse sempre con me, parlo con lei, le chiedo consigli su quale libro leggere adesso, litigo con lei, mi sembra di sentirla russare, di notte sento i suoi piedi freddi, mi sposta le cose per farmi scherzi.
Non mi manca, perché quando posso la vado a trovare in via Enrico dal Pozzo, e quando non posso è lei che viene a trovare me, qui, in via Luigi Masi. Noi non stiamo mai lontani, neppure ora.

                                                                                    Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

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