Viene condannato dopo anni
tragici, vissuti nel peggiore dei modi, per un reato infamante: abuso su
minore. È venuto meno al suo ruolo da insegnante per ottenere favori sessuali
da una minorenne, in cambio di voti alti e denaro. L’accusa non ha dubbi. I genitori
neppure. La moglie lo ha lasciato e non vede più i suoi figli. Ha già scontato
due anni preventivamente, ma dovrà rimanere in carcere per altri sei.
Anna subisce la situazione
di violenza in famiglia, vuole andarsene a tutti i costi, vuole una vita
indipendente, lavorare e ricominciare, lontana da tutto e tutti quelli che
conosce ora. Sogna la Germania. Una sua cugina lavora a Düsseldorf, in una birreria, fa la
cameriera, e guadagna bene, più di quanto lei potrebbe sperare qui. E intanto
la rabbia in lei diviene ogni giorno più incontenibile.
Trascorre il tempo cercando
di non pensare al desiderio di farla finita, è odiato dagli altri, tutti lo
credono un mostro e non aspettano altro che l’occasione per fargliela pagare.
In carcere vive in isolamento, ed in fondo è una situazione di privilegio,
anche se non vede quasi mai nessuno. Ma lui preferisce così. Non desidera
vedere nessuno. Non sa neppure cosa lo mantiene ancora lucido di mente, “freddo
e calcolatore” secondo l’accusa, con un precedente penale legato ad una
ingenuità giovanile che lo ha definitivamente calato nella fossa della
colpevolezza. Una volta in spiaggia era stato sorpreso come guardone spiare una
coppia che amoreggiava. Lui denunciato e poi condannato con la condizionale. La
coppia neppure avvicinata dalla pattuglia che lo aveva fermato.
Sofia non regge ancora, è
più forte di lei, non le è possibile continuare a mentire. Pensava che fosse
una sua amica, e credeva che fosse vero quanto lei le aveva detto su quel
professore, che in fondo non le stava neppure antipatico. L’aveva aiutata solo
nel confermare che un certo giorno aveva visto l’amica e l’insegnante entrare
in un’aula deserta, durante l’intervallo. Nulla di più, ma sufficiente a
confermare tutta l’accusa.
Monica vive da sola con
Marisa e Luciano, i suoi due figli. Ha ripreso una vita quasi normale, ha poco
a poco superato quei giorni pesantissimi, ed ora i suoi figli hanno 7 e 9 anni.
Frequentano scuole in un quartiere diverso da quello dove vivevano sino a 3
anni prima. Luciano ha cambiato scuola, mentre Marisa ha iniziato in modo
naturale nella stessa scuola del fratello, ma nella classe prima, senza
lasciare vecchi compagni come ha dovuto fare lui. Ha iniziato a vedersi con un
collega, senza alcun desiderio di iniziare una nuova storia, ma solo per
volontà di vivere, di sentirsi “normale”.
Un giorno, eludendo la
sorveglianza, un paio di detenuti entrano nella sua cella, lo immobilizzano, ed
iniziano a colpirlo con calci e pugni. Lo ucciderebbero se per puro caso una
guardia fuori servizio non passasse nel corridoio. Viene ricoverato in ospedale
in condizioni gravi, ma non è in pericolo di vita. Rimane in ospedale circa 15
giorni, sempre sorvegliato, poi portato nell’infermeria di un nuovo carcere.
Trasferito per motivi di sicurezza, in modo definitivo, sino alla fine della
pena.
Un pomeriggio è sola in
casa, i bambini entrambi a giocare dai nonni, che sono i suoi genitori. Suonano
alla porta. È una ragazza sui 18-19 anni, ha bisogno di parlarle, ma non
capisce chiaramente il motivo, ed il videocitofono non favorisce la
comunicazione; la fa salire ed accomodare in cucina, dove sta preparando la
cena.
Il mondo potrebbe anche
finire oggi per me, pensa, e nessuno sentirebbe la mia mancanza. Inizia a
scrivere per dire a sé stesso quello che non si è mai detto, su un vecchio
quaderno, ma fa solo pasticci, scrive e cancella, non capisce neppure quello
che ha scritto. Ha visto un vecchio computer, pieno di polvere, appoggiato in
uno stanzino. Chiede se può averlo, in prestito, se non serve a nessuno, per
usarlo solo come macchina da scrivere, non ha bisogno di navigare in rete, non
gli interessa.
Il giudice Carli riceve la
visita di un avvocato che gli aveva chiesto un appuntamento. Sembra per un caso
che lui ha affrontato alcuni anni prima. Pare ci siano novità.
Anna è convocata dal
giudice, alla presenza di un avvocato che le viene assegnato d’ufficio. Dopo
quasi un’ora di domande molto precise, cede, ed ammette che lei ha creato una
falsa accusa. In fondo non aveva niente contro quell’insegnante in particolare,
era solo il più adatto per il suo scopo, e cioè vendicarsi di tutti: del
patrigno che, lui sì, l’aveva violentata, della madre cieca e succube, del
padre vigliacco che era fuggito quando lei aveva solo 3 anni e di tutti gli
assistenti sociali che non hanno mai capito un cazzo dei suoi problemi, e che
per anni ha preso in giro, per ricavarne solo un po’ di interesse nei suoi
confronti e una specie di salvacondotto per fare quello che voleva a scuola,
venendo in ogni caso promossa, alla fine di ogni anno.
Stefano ora scrive, non esce
più dalla cella, neppure durante l’ora che gli è concessa. Ha un computer ormai
superato dai tempi con installato un vecchio programma di scrittura, ma per il
suo scopo è perfetto. Non gli serve altro. E scrive, scrive tanto, pagine e pagine ogni giorno. Poi rilegge, e
corregge, e riscrive interi capitoli, e riesce a dire quello che non ha mai
detto prima.
Sono passati alcuni anni.
Monica ha ridato la dignità al suo ex marito, ma si sono definitivamente
lasciati, perché lui non ha potuto né voluto superare quello che ha vissuto.
Stefano non vede più neppure
i figli, che ora sa seguiti dal nuovo compagno di Monica, e gli basta. Ha
rimosso quasi ogni singola parte della sua vita precedente, ed ha cambiato pure
città e regione.
Ha pubblicato un libro,
un’opera prima che ha avuto un successo insperato di critica e di pubblico.
Ora, sotto pseudonimo, firma una rubrica su un settimanale nazionale e articoli
vari sulle pagine culturali di alcuni quotidiani.
Guadagna a sufficienza, vive
in modo riservato, e potrebbe pure cercare una compagna, ma ora ha in testa un
nuovo libro, e pensa solo a quello.
Anna alla fine è andata in
Germania, come desiderava, a rifarsi una vita pure lei, a cercare una sua via.
Il patrigno è stato incriminato e condannato mentre la madre ha trovato un
nuovo compagno, ma non sembra felice.
Sofia dopo la fine della
scuola superiore si è dedicata al volontariato ed ha iniziato a lavorare come
aiuto cuoca in un istituto religioso per anziani. Non si sente del tutto a
posto, ma ora, almeno, sa di aver tentato di riparare al male che ha fatto.
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte. Grazie)
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