sabato 15 giugno 2013

Mio padre, io ed Antonioni

Ho rivisto ultimamente due capolavori di un regista del quale sono indegno conterraneo, Michelangelo Antonioni, ed ho visitato a Ferrara, alcuni mesi fa, la mostra al Palazzo dei Diamanti a lui dedicata. La mostra mi ha restituito un esteta curioso del mondo, impegnato e criptico, che conosceva le cose e vedeva luoghi lontani. Un ingegno multiforme, riconosciuto e stimato.
Mio padre invece non lo conosce nessuno, non ha girato molto il mondo, è arrivato in Africa, ma vi è stato fatto prigioniero. Ha lavorato con umiltà e sacrificio, ha scelto allora una parte politica che ora è la mia. Non ha optato per l’incomunicabilità, e sicuramente è sottovalutato, come forse il regista è stato sopravvalutato.
Zabriskie Point e Blow - Up mi hanno riportato ad un tempo che avevo perso, dentro di me, in luoghi sconosciuti e che, ritrovati, appaiono mutati. A volte più piccoli e modesti, altre volte ancora grandi, ma irriconoscibili.
La scena finale della distruzione della villa nel deserto in Zabriskie Point, che è entrata nella storia del cinema, è emblematica per quello che ho capito poi e che cerco qui di spiegare. Mio padre non avrebbe mai fatto una cosa del genere, mio padre è stato da giovane un muratore, ha costruito, ha risparmiato per mettere da parte la sicurezza per la sua vecchiaia, per lasciare qualcosa a noi. Ha raccolto quello che trovava in giro prima che arrivasse la moda/necessità del riciclaggio e del riuso, non ha mai buttato nulla, non si è mai sognato di distruggere.
Quando in Blow – Up il protagonista tratta con tanta indifferenza un’auto lussuosissima, oppure Jane Birkin con l’amica distrugge quel rotolo di cartone da sfondo nello studio fotografico per poi rotolarsi nuda e giocare col fotografo mi è apparso chiaro perché né io né mio padre saremo mai grandi visionari e geniali produttori di opere simili.
Io avrei cercato soluzioni per non sprecare, il regista ha cercato soluzioni per liberare la sua arte.
Quando ho visto Blow – Up al cinema mi aveva colpito la sensualità estetica delle protagoniste femminili, in quel mondo rarefatto ed irraggiungibile di ricchezza e bellezza. Ora ho capito un motivo in più che mi spiega perché questo mondo resta per me irraggiungibile.

                                       
                                                                       Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

1 commento:

  1. Io credo che non sarò mai appagato, Elio, è la mia condanna. Il tempo che passa cambia il centro dei miei interessi e le mie priorità però, quindi accetto il mio ruolo necessariamente secondario o terziario. Ci sono troppi che vogliono il potere e la fama (e che hanno capacità che non possiedo) per potermi opporre a questo stato di cose. Non me ne lamento più di tanto, ne prendo solo atto. La cosa che recentemente mi fa arrabbiare non poco è che i tanti esclusi dal potere, per forza di cose, siano sempre più esclusi dalla società, con la povertà che aumenta ed i ceti di emarginati che si ingrossano. Ecco. L'artista oggi, in certi casi, vive una situazione di privilegio, quando ne ricava fama e ricchezza. Vabbè. Mi fermo, il dicorso diventerebbe lunghissimo...

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