Andrea si alza presto, deve
andare al lavoro e per farlo l’unico mezzo è il treno che parte dalla stazione
ad un paio di chilometri, alle 6 e 39, salvo ritardi. È un lavoro di pochi
mesi, che ha accettato anche se la sua laurea gli potrebbe far sperare altre
sistemazioni.
Per ora non può lamentarsi, molti suoi amici
sono disoccupati, o fanno lavori peggiori del suo. Poi in reparto ha incontrato
Giulia, ed ora lui ha un motivo in più per andare.
Alle 6 e 48 è sul treno dei
pendolari, in piedi come al solito, e, come al solito apre il libro che si è
portato per ingannare la mezz’ora che deve passare così, e legge:
si pensa che la vita sia
tranquilla per lei che si è celata al mondo da quando aveva solo 19 anni, seguendo
un impulso che all’inizio aveva sentito come una “chiamata”, ma che ora, dopo
tanto tempo, sente sempre più lontano ed incomprensibile. Eppure non vuole
rinunciare, ha nuovi dubbi, li vive con sensi di colpa, ma resiste, e sa che ha
forza per continuare a farlo. La forza non le è mai mancata. Ricorda ancora la
sua vita precedente, quando viveva in paese, tra ragazzi e ragazze della sua
età. E sorride quando si rivede così giovane; i giochi e gli amori di quel
periodo, i tradimenti e le vendette, le speranze e la attese vane. Vanni era
stato importante, l’aveva fatta in qualche modo credere in lui, poi l’aveva
scoperto con Licia, e la cosa che l’aveva disgustata era stato il suo viso che
tentava di spiegare. Povero Vanni,
ripagato da Licia allo stesso modo poco dopo, e poi perso di vista. Ora
si reca in refettorio, che a quest’ora è vuoto, ed inizia a leggere:
la stagione più adatta per
visitare la regione è la tarda primavera, quando la natura si risveglia, le
strade ritornano percorribili anche a piedi, il fango ha iniziato a
solidificarsi ed ogni luogo rivela la sua magia, ogni angolo mostra la gloria
di Dio…
Percorro un sentiero, il
sole a picco, l’ombra scompare sotto di me, il sudore è abbondante e mi
appiccica addosso i vestiti. L’odore di resina e di macchia è fortissimo, l’eco
delle grida che arrivano dalla spiaggia giunge attutito. Faccio attenzione a
non inciampare, perché il percorso è poco frequentato, radici sporgono dal
terreno secco e piante spinose sono pronte a farsi rispettare se mi avvicino
troppo. Non so cosa mi spinge, quando il mare sarebbe altrimenti facilmente
raggiungibile, a cercare di vedere dove porta il sentiero.
Credo sia la sensazione di
aver già vissuto alcune cose, e di voler andare oltre, con un senso di scoperta
rinnovato, anche se non nego sicuramente che il mare mi attiri, sia chiaro. In
ogni caso procedo, e pian piano trovo l’ombra di alti e solitari pini, il
rumore del richiamo delle cicale si fa più intenso, e ne trovo pure alcune
esuvie, che non raccolgo, perché troppo delicate, e le polverizzerei, al
ritorno. Davanti non vedo un punto di riferimento preciso, solo natura
apparentemente incontaminata, e nessuno attorno.
La mente può vagare, libera,
perché il caldo e la fatica mi distraggono dai soliti pensieri.
“ Il senso di sconfitta non
lo sopporto. L’idea che qualcuno possa approfittare della mia buona fede per
raccontarmi quello che serve ai suoi scopi e fregarmi è una sensazione che mi
fa nascere reazioni negative, desideri di vendetta, e, in ultima analisi, profondo
malessere.”
Questo pensava Luca, anche
se non in modo lucido verso la fine di giugno. Aveva scoperto da alcuni giorni
di aver consegnato una discreta somma, risparmiata con fatica, ad uno che
credeva essere suo un amico, per aiutarlo in famiglia, ma che questo aveva poi
sperperato tutto, sino all’ultimo euro, in una sala giochi.
L’amarezza era profonda, ed
anche il senso di impotenza. Ora questo “amico” era semplicemente sparito, si
faceva negare al telefono, e frequentava altra gente.
La rabbia gli toglieva
l’appetito e lo obbligava a muoversi in continuazione, senza trovare pace.
Aveva scoperto dove abitava, era andato a suonare, aveva aperto Roberta, così
si chiamava la compagna, che lo aveva guardato con attenzione ed un certo sorriso.
Non aveva avuto il coraggio di dirle il motivo della sua visita, aveva solo
chiesto se l’amico era in casa o se sapeva dove si trovava.
No, neppure lei lo sapeva.
Rimaneva sempre meno a casa, negli ultimi mesi, le spiaceva. E si capiva che le
spiaceva veramente, anche per lei.
Alla fine salutò e riprese a
vagare, prima di decidersi a tornare a casa per riprendere in mano gli
attrezzi, nel suo laboratorio, e cercare di completare quel mobiletto da cucina
che doveva essere pronto entro lunedì.
Anche nei giorni seguenti le
ricerche furono infruttuose. Incontrò di nuovo, per caso, e la riconobbe,
Roberta, si salutarono con un sorriso, e poi continuarono le loro strade.
Il senso di sconfitta non si
dissolse col tempo, ma poco a poco si rese conto che in fondo la somma che aveva
ormai chiaramente perso era poca cosa. Col suo lavoro riusciva a guadagnare
meglio. Era economico e bravo, e molti lo cercavano per piccole riparazioni o
per mobiletti su misura che difficilmente si sarebbero trovati in commercio.
Fu una sera, alla fine di
settembre, che decise di andare a bere qualcosa in un bar che aveva
aperto da poco, non lontano da casa sua. Non si vestì in modo particolare,
voleva solo stare un po’ in pace e vedere un po’ di gente allegra. L’ingresso
del locale era spalancato, e il rumore delle conversazioni che arrivava persino
in strada, con immancabili scoppi di risate, invitava ad entrare.
Dentro, seduta da sola ad un
piccolo tavolino, Roberta, che alzò lo sguardo su di lui quando entrò.
Silvano
C.©
( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte. Grazie)
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