martedì 21 maggio 2013

L’amico Luchi

Viveva in modo diverso, conosceva e frequentava molta gente, aveva più mezzi, ma, se possibile, aveva ancora meno voglia di studiare di me, che invece, a dire il vero, mi trovavo bene con alcune materie, e mi piaceva ad esempio risolvere equazioni o esercizi di trigonometria, anche se questo non bastava e non mi aveva salvato da una sonora bocciatura, a settembre.
Avevamo iniziato a frequentarci su sua iniziativa, cioè di Luchi, perché io difficilmente ero in grado in quel periodo di compiere il primo passo. Poi tutto era diventato facile. Inserirsi nella sua vita, frequentare il bar gestito dalla sua famiglia, conoscere i suoi, anche la sua fidanzata, ogni cosa era capitata in modo naturale.
Il Luchi aveva bisogno di una spalla, probabilmente, più che di un vero amico, uno al suo livello. Gli serviva una persona abbastanza timida ed incapace nei rapporti con gli altri, in particolare con le ragazze che gli permettesse di non sfigurare nelle sue avventure o con gli altri.
Mi sono chiesto a lungo chi avesse mai frequentato prima di me, perché non stava a Ferrara da poco, pur non essendoci nato. La sua famiglia, di origine umbra, gestiva quel locale in Via Cittadella da molti anni, e lui non era il tipo da chiudersi ogni tanto in solitudine come facevo io.
In ogni modo ci siamo ritrovati nella stessa classe, ed abbiamo iniziato a frequentarci.
È stata una meteora, nella mia vita, sparita nel nulla dopo esservi rimasta circa due anni. Oggi non ho più sue notizie, al posto del bar di allora c’è una agenzia immobiliare, e sul campanello di casa sua, in Via Dogali, quel cognome non c’è più.
Ricordo le nostre prime uscite con due compagne di classe, spesso con l’auto dei miei o dei suoi. A volte con l’auto dello zio, una magnifica Lancia Fulvia rossa, con la quale amava dare spettacolo di abilità nella guida.
Lui mirava in modo esplicito ad una delle due, malgrado il suo storico fidanzamento, e solo coinvolgendo l’amica, e di conseguenza il sottoscritto, poteva realizzare i suoi piani.
Eppure a me non dispiaceva. Sapevo che ci facevo una figura che pochi altri avrebbero accettato, ma non mi sono mai pentito di averlo seguito. Del resto non mi ha mai raccontato storie, almeno con me è sempre stato onesto, ed il gioco, scoperto, portava vantaggi ad entrambi. A volte si vantava di piccole furbizie, e non mancava mai di istruirmi sulla sua filosofia di vita. Non mi convinceva mai del tutto, ma lo trovavo simpatico ed estroverso.
Lo sopportavo poco solo quando si vantava dei suoi successi con questa o con quella, o quando descriveva certi particolari di lui e della sua ragazza che trovavo squallidi, volgari, se non decisamente schifosi. Amava raccontarmi quanto era bella, di come stava bene col costume da bagno, ed ovviamente pure senza. Oppure criticava in modo brutale chiunque, forse con l’intenzione di farmi sentire fortunato a stare dalla sua parte.  Ma neppure di questo posso fargliene una colpa. Non era diverso né sarebbe diverso ora da una certa tipologia di maschio tipico frequentatore di bar e ritrovi per uomini. Allora non mi andavano certi atteggiamenti, li subivo, e mi sembrava di essere io quello storto, visto che gli altri avevano successo ed io no.
Ma non volevo e non voglio darne un’immagine col metro di oggi. Allora non lo avevo ancora questo metro. Ed oggi non credo che sarebbe più possibile quello che successe allora.

Ma torno a Luchi, che chiamavo così anche se quello è il cognome. Del resto il nome di battesimo, Alberto, lo usavano in pochi.
Tentò per un po’ di coinvolgermi in partite a poker, ma mi rivelai subito un incapace, e lasciò perdere.
Mi coinvolse in partite a scacchi, e in quel caso mi ritrovai più a mio agio.
Lo accompagnai un pomeriggio a Firenze per veder giocare la mitica Fiorentina, con la sua ragazza, ed io rimasi deluso non poco quando mi resi conto che avremmo visto solo il campo di calcio e niente altro. A me sarebbe piaciuto vedere la città, non solo la partita, ma tant’è.
Organizzammo una vacanza estiva assieme, con l’auto prestatami da mio padre, con una puntata prima a Rimini e poi sino a Positano. Ovviamente per andare a trovare un paio di ragazze, dormendo un po’ in tenda ed un po’ in auto, in modo scomodissimo. Pure in quella occasione riuscii a realizzare varie figuracce, come quando, non avendo ancora imparato a nuotare, seguivo lui e la ragazza di turno, al largo, tristemente, su un materassino, col rischio di cadere in acqua e dover chiamare soccorso.
Lui era anche un patito di calcio, convinto di essere un grande attaccante, e mi fece conoscere una polisportiva parrocchiale, che frequentava. Quello fu l’ultimo periodo che ci vedemmo. Io rimasi tra quelle persone, e vi ritrovai un vecchio amico di infanzia, oltre a molte altre nuove conoscenze che divennero amicizie. Lui invece, dopo varie trasferte in provincia con la squadra di calcio nelle quali venne costantemente tenuto in panchina lasciò la società, e se ne andò.
Il nostro tempo assieme era arrivato al termine, e da allora praticamente non lo vidi più.

                                                                                                           Silvano C.©
( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

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