Viveva in modo diverso,
conosceva e frequentava molta gente, aveva più mezzi, ma, se possibile, aveva
ancora meno voglia di studiare di me, che invece, a dire il vero, mi trovavo
bene con alcune materie, e mi piaceva ad esempio risolvere equazioni o esercizi
di trigonometria, anche se questo non bastava e non mi aveva salvato da una sonora
bocciatura, a settembre.
Avevamo iniziato a
frequentarci su sua iniziativa, cioè di Luchi, perché io difficilmente ero in
grado in quel periodo di compiere il primo passo. Poi tutto era diventato
facile. Inserirsi nella sua vita, frequentare il bar gestito dalla sua
famiglia, conoscere i suoi, anche la sua fidanzata, ogni cosa era capitata in
modo naturale.
Il Luchi aveva bisogno di
una spalla, probabilmente, più che di un vero amico, uno al suo livello. Gli
serviva una persona abbastanza timida ed incapace nei rapporti con gli altri,
in particolare con le ragazze che gli permettesse di non sfigurare nelle sue
avventure o con gli altri.
Mi sono chiesto a lungo chi
avesse mai frequentato prima di me, perché non stava a Ferrara da poco, pur non
essendoci nato. La sua famiglia, di origine umbra, gestiva quel locale in Via
Cittadella da molti anni, e lui non era il tipo da chiudersi ogni tanto in
solitudine come facevo io.
In ogni modo ci siamo
ritrovati nella stessa classe, ed abbiamo iniziato a frequentarci.
È stata una meteora, nella
mia vita, sparita nel nulla dopo esservi rimasta circa due anni. Oggi non ho
più sue notizie, al posto del bar di allora c’è una agenzia immobiliare, e sul
campanello di casa sua, in Via Dogali, quel cognome non c’è più.
Ricordo le nostre prime
uscite con due compagne di classe, spesso con l’auto dei miei o dei suoi. A
volte con l’auto dello zio, una magnifica Lancia Fulvia rossa, con la quale
amava dare spettacolo di abilità nella guida.
Lui mirava in modo esplicito
ad una delle due, malgrado il suo storico fidanzamento, e solo coinvolgendo
l’amica, e di conseguenza il sottoscritto, poteva realizzare i suoi piani.
Eppure a me non dispiaceva.
Sapevo che ci facevo una figura che pochi altri avrebbero accettato, ma non mi
sono mai pentito di averlo seguito. Del resto non mi ha mai raccontato storie,
almeno con me è sempre stato onesto, ed il gioco, scoperto, portava vantaggi ad
entrambi. A volte si vantava di piccole furbizie, e non mancava mai di
istruirmi sulla sua filosofia di vita. Non mi convinceva mai del tutto, ma lo
trovavo simpatico ed estroverso.
Lo sopportavo poco solo
quando si vantava dei suoi successi con questa o con quella, o quando
descriveva certi particolari di lui e della sua ragazza che trovavo squallidi,
volgari, se non decisamente schifosi. Amava raccontarmi quanto era bella, di come
stava bene col costume da bagno, ed ovviamente pure senza. Oppure criticava in
modo brutale chiunque, forse con l’intenzione di farmi sentire fortunato a
stare dalla sua parte. Ma neppure di
questo posso fargliene una colpa. Non era diverso né sarebbe diverso ora da una
certa tipologia di maschio tipico frequentatore di bar e ritrovi per uomini.
Allora non mi andavano certi atteggiamenti, li subivo, e mi sembrava di essere
io quello storto, visto che gli altri avevano successo ed io no.
Ma non volevo e non voglio
darne un’immagine col metro di oggi. Allora non lo avevo ancora questo metro.
Ed oggi non credo che sarebbe più possibile quello che successe allora.
Ma torno a Luchi, che
chiamavo così anche se quello è il cognome. Del resto il nome di battesimo,
Alberto, lo usavano in pochi.
Tentò per un po’ di
coinvolgermi in partite a poker, ma mi rivelai subito un incapace, e lasciò
perdere.
Mi coinvolse in partite a
scacchi, e in quel caso mi ritrovai più a mio agio.
Lo accompagnai un pomeriggio
a Firenze per veder giocare la mitica Fiorentina, con la sua ragazza, ed io
rimasi deluso non poco quando mi resi conto che avremmo visto solo il campo di
calcio e niente altro. A me sarebbe piaciuto vedere la città, non solo la
partita, ma tant’è.
Organizzammo una vacanza
estiva assieme, con l’auto prestatami da mio padre, con una puntata prima a
Rimini e poi sino a Positano. Ovviamente per andare a trovare un paio di
ragazze, dormendo un po’ in tenda ed un po’ in auto, in modo scomodissimo. Pure
in quella occasione riuscii a realizzare varie figuracce, come quando, non
avendo ancora imparato a nuotare, seguivo lui e la ragazza di turno, al largo,
tristemente, su un materassino, col rischio di cadere in acqua e dover chiamare
soccorso.
Lui era anche un patito di
calcio, convinto di essere un grande attaccante, e mi fece conoscere una
polisportiva parrocchiale, che frequentava. Quello fu l’ultimo periodo che ci
vedemmo. Io rimasi tra quelle persone, e vi ritrovai un vecchio amico di
infanzia, oltre a molte altre nuove conoscenze che divennero amicizie. Lui
invece, dopo varie trasferte in provincia con la squadra di calcio nelle quali
venne costantemente tenuto in panchina lasciò la società, e se ne andò.
Il nostro tempo assieme era
arrivato al termine, e da allora praticamente non lo vidi più.
( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte. Grazie)
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