La “cannua” non si fumava.

Se ne trovano ancora, sparsi nella zona del Ferrarese, ma sono sempre meno ormai, quasi tutti interrati. Del resto o sono stati riutilizzati per farci allevamenti di pesci per pescatori sportivi domenicali oppure hanno perso ogni ragione di esistere da circa 40 anni.

I maceri, i “masar”, erano un elemento del paesaggio, e servivano per una fase importante della lavorazione della canapa tessile.

I campi erano molto estesi, ed io nel ricordo li confondo con gli appezzamenti di granturco. “al furmanton”.

Durante la stagione del raccolto contadini ed avventizi, nei campi, tagliavano queste alte e fragili piante, le sfrondavano, le raccoglievano in fascine e, spesso con carri tirati da buoi, le portavano al macero. Qui le enormi e grosse pietre solitamente ammucchiate ai lati di questi specchi d’acqua artificiale svelavano la loro funzione.

Le fascine erano disposte con cura e legate tra loro in modo da formare grosse zattere, ed era un divertimento poterci salire anche solo per qualche minuto, quando finalmente venivano messe a galleggiare. Queste zattere venivano sapientemente caricate di queste pietre pesantissime, in un lavoro da fare solo con la forza delle braccia e della schiena, perché tutti i fusti delle piante di canapa dovevano stare sotto il pelo dell’acqua a macerare, in modo da facilitare, in seguito, il distacco della fibra tessile, esterna, dalla parte centrale, che diventava scarto.

Tutte le fasi della lavorazione erano lunghe e faticose, ed alla fine, la fibra utile veniva portata ai canapifici, per ottenere corde e tessuto pesante.

Il residuo del tronco, leggero e ridotto in bastoncini di consistenza simile al legno di balsa, i cosiddetti “stich”, veniva usato nelle cucine economiche o nei camini, per scaldare. Ma era un riscaldamento da poveri, perché questi legnetti bruciavano in un attimo. Una fiammata ed erano finiti.

In quel periodo a casa mia gli stich non mancavano, ma scaldavano pure poco. E, sempre in quel periodo, sicuramente la canapa non si fumava.

                                                                                                           Silvano C.©


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