giovedì 16 maggio 2013

Lanterne, pigne e nanetti


Era un albero enorme, per me che lo vedevo dal basso, messo in bella mostra, nella stanza, con una punta scintillante che era il pezzo più importante e diversi altri addobbi: mandarini, noci, mele e alcuni rari pezzi in vetro soffiato e colorato, come la punta, fragilissimi.
Quando è iniziata questa tradizione familiare non so, io avevo l’impressione che esistesse da sempre e tutti gli anni, pochi giorni prima di Natale, andavo a comprare un pezzo nuovo, scegliendolo tra quelli che mi venivano mostrati in alcune scatole di cartone suddivise in tanti scomparti e protetti con bambagia o carta arricciata morbidissima e messe sul bancone della cartoleria che per l’occasione offriva queste meraviglie.
Funghetti meravigliosi e luccicanti, lanterne, pigne e nanetti, palle di ogni colore, talvolta con incavi dorati, fate e renne, babbi natale. Di tutti quei pezzi io uno solo ne potevo prendere, lo sapevo, ma li guardavo tutti, scartando quelli troppo delicati, ed alla fine, con la paura di romperlo prima di arrivare a casa, tenendolo con attenzione, montando sul cannone della bicicletta di mio padre o di mio nonno, si tornava.
Non c’erano ancora le ghirlande e le trecce con le lucette elettriche, ma per illuminarlo avevamo piccoli portacandeline con la molletta in basso, da fissare sui rami più adatti, facendo attenzione che la fiammella, una volta accesa, non incendiasse tutto l’albero.
Ed era successo, poteva succedere ancora. Una sera sotto le feste, mentre stavamo in casa, abbiamo sentito urla che venivano dal cortile. Appena scesi abbiamo visto le fiamme che provenivano dalla casa di fonte, e l’agitazione di tutti i vicini, la confusione, e, alla fine, l’arrivo dei pompieri, con un grosso camion.
Una candelina aveva acceso un albero, probabilmente non controllato, ed il fuoco si era esteso ad una tenda, credo, ma per fortuna non era successo l’irreparabile, e in conclusione una stanza era stata riempita di fumo, qualche mobile si era un po’ rovinato, ma nessuno era rimasto senza casa.
Tutti siamo tornati in casa, dopo esserci calmati e tranquillizzati, perché ormai si era fatto tardi.
È stato l’episodio più drammatico, quello.
Molto più misterioso invece era l’arrivo della “Vecchia”, che non voleva assolutamente essere vista, pena la rinuncia ad ogni possibile regalo, o peggio ancora, causa di conseguenze inimmaginabili. Io non capivo questo mistero, e non mi spiegavo questa ostinazione nel non farsi vedere di questa “Vecchia”, che in seguito ho chiamato befana.
Sembrava cattiva e permalosa, ma vedevo che gli adulti ne parlavano un po’ ridendo. E non mi fidavo per nulla.
Una volta l’ho pure vista, è arrivata, si è aggirata un po’ nella stanza, io sono rimasto nascosto sotto il tavolo, e poi per fortuna se ne è andata senza vedermi.
Solo in seguito ho capito che era stato un giovanotto sempre allegro, che abitava nell’appartamento dell’incendio, a camuffarsi con vecchi abiti ed a farci quella visita.
E solo al mattino trovavo un pacchetto assieme ai soliti mandarini, ad un po’ di carbone ed a qualche caramella.
Ricordo di aver trovato una volta una specie di robot di latta. Un’altra volta è stato un piccolo trenino a pila. Una meraviglia, ma con un grosso problema. La pila, dopo un po’, si esauriva, ed il trenino si fermava. Se lo lasciavo riposare, dopo un po’ faceva ancora qualche giro. Se poi la pila la mettevo vicino al calore, mi ridava ancora un po’ di energia, e qualche altro giro ancora.
Poi tutto finiva, e si tornava a scuola, e, tutto sommato, non mi dispiaceva nemmeno. L’albero andava a finire nell’orto, ormai inutile, e gli addobbi di vetro fragile sparivano in una scatola per bottiglie di vino che non credo i miei avessero mai bevuto, sopra un armadio, in attesa del prossimo anno. I giochi restavano però, e questo mi bastava.

                                                                                                           Silvano C.©

( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

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