Ombre

Mi verrebbe da dire condanna ma forse è solo destino.

Ho appena rivisto passare sotto casa una donna uccisa barbaramente a poca distanza da qui, e l’avevo già vista altre volte esattamente nello stesso punto. La vedevo quando camminavo non lontano da casa, la incontravo spesso, dopo un po' era anche diventata una figura che mi aspettavo di incontrare. Elegante, passo svelto, sguardo sempre rivolto in avanti. Mi chiedo perché sia finita così, ma non ho risposte.

Poco a nord della stazione ora c’è un semaforo, ma anni fa non c’era. All’incrocio un uomo che avevo iniziato a conoscere è stato travolto in bicicletta da una betoniera che stava svoltando e non lo ha visto. A lungo l’ho rivisto in piscina, quando la frequentavo.

In un negozio sportivo lavorava una commessa molto in gamba, era quella che sapeva rispondere alle domande quando avevi bisogno. Anche lei travolta in bicicletta in centro a Rovereto da un autocarro che svoltando non l’ha vista.

E così anche chi non è mancato per incidenti o delitti ma per malattia e vecchiaia, che solitamente non viene mai da sola, ritorna, a seconda delle giornate, e la condanna o il destino o semplicemente il bisogno che si ha di dire di voler restare aggrappati alla vita, e si ritorna ancora.

Quello che resta è abituarsi alle ombre che ci circondano, non è possibile fare altro. Non è giusto scacciarle, è un loro diritto, e non è neppure possibile. Non si può farle tornare in vita, non ne abbiamo il potere e la vita, comunque, ha un limite temporale. Non si può far nulla di nulla. Forse evitare per quanto possibile di non ferire inutilmente chi è ancora tra noi, con noi, noi compresi. Perdonare e perdonarci anche per quello che non sappiamo. Ciao Viz. Tu hai conosciuto quella commessa, e ti piaceva.

                                                                                                            Silvano C.©

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