Quando inizio un lavoro, qualsiasi lavoro, o meglio ancora quando inizio a pensare ad un progetto da realizzare, casco sempre nell’equivoco di poterlo veramente concludere al meglio e senza difetti, perfetto insomma. Ogni filosofo che ha seguito nel tempo altri pensatori ha rivoluzionato almeno in parte la costruzione che era stata immaginata e descritta, rendendola così almeno in parte superata. Le correnti artistiche, i progressi tecnologici o nella medicina, l’evoluzione dei sistemi sociali, praticamente ogni prodotto umano viene a volte inteso erroneamente come sintesi definitiva, ma è appunto un equivoco, come scrivevo prima. Di definitivo non posso dire né fare nulla, neppure una sintesi teorica limitata a me stesso. Per poterla fare dovrei essere arrivato alla fine e mantenermi presente, situazione che contraddice la logica.
Io sono qui
Tu sei di la
Tu vedi me
Io vedo te
Tra di noi uno specchio
Tra di noi una barriera
Non posso dire di te
Non puoi dire di me
Parlavamo lo stesso linguaggio, ci si provava almeno
Non possiamo più comunicare guardandoci negli occhi
Io ti posso sognare, immaginare, ricordare
Tu non so cosa puoi fare, non lo so
Non so come arrivare alla sintesi definitiva, non so se mi serve veramente e se possa servire ad altri. Mi accontento di essere incompleto perché mi manchi, imperfetto perché non so costruire nulla di finito, illuso di aver fatto cose importanti. So per certo che ho seminato, questo lo so, ma cosa sia veramente nato dal mio lavoro questo non sono in grado di dirlo, le informazioni necessarie non sono in mio possesso. Ciao, Viz.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun
problema se si cita la fonte, grazie)
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