Simulò di stringere il nodo che topologicamente non lo era. Smise di aggiungere dolcificante al caffè perché senza zucchero né suoi surrogati ne apprezzava meglio gli aromi, e ne esaltava magari i difetti, cosa da non sottovalutare mai. Da tempo aveva smesso di comprare arance che non fossero italiane. Odiava cordialmente le bevande zuccherate che imitavano male le marche più famose, ed era convinto che se doveva farsi male bevendo qualcosa di poco salutare che almeno il piacere di farlo rimanesse intatto senza abbassarsi a spendere meno per farlo. Meglio una bottiglia più cara di quattro meno care ma di peggior qualità. Lo stesso ormai faceva col vino. Bere non gli dispiaceva, ma meglio un bicchiere buono di un litro in un cartone. Non è la quantità che conta.
Dopo aver comprato un filo per rammendare alla meglio un paio di
pantaloni si arrabbiò con sé stesso per aver ceduto alla lusinga del posto più
vicino e con merce in offerta. Il filo si rompeva se appena tirava un po' di
più con l’ago. E dopo aver provato cosa
significa uno sguardo, una parola, un semplice gesto, smise definitivamente di cercare
surrogati umani. Non capì mai se la sua scelta fu corretta, perché non ebbe il
confronto con ciò che sarebbe potuto succedere se avesse deciso altrimenti. Ma questo
capita sempre nella vita, a tutti, non solo a lui. Non si può spendere tutto il
denaro che si possiede e poi averlo ancora come prima. E il filo, comunque lo
si veda, è bene che sia forte. Per romperlo le occasioni non mancheranno
certamente. Ciao, Viz. Se tu hai capito, spiegamelo.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun
problema se si cita la fonte, grazie)
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