venerdì 3 maggio 2024

Non siamo angeli

Alzandosi si grattò il culo, lo riteneva un rito propiziatorio oltre che piacevolmente rilassante. Emise una puzza, e questo era insolito, poi si ricordò della cena a base di cipolle e capì. Anche l’alito pesante che avvertiva lui stesso gli confermò il motivo della scoreggia. Entrò nel bagno che avrebbe avuto necessità di una bella pulizia e schizzò in parte fuori dalla tazza, poi magari avrebbe ripulito, ma non c’era fretta. Non aveva impegni urgenti, non aspettava nessuno e non intendeva invitare nessuno. Camminò per casa scalzo e in mutande andando in cucina a vedere se magari qualcosa poteva trovare per fare colazione senza doversi vestire per uscire e andare al bar. Il tempo primaverile non lo obbligava a ricoprirsi come un orso polare e la sensazione di libertà di quei minuti compensava le migliaia di delusioni accumulate in anni di vita e che, tra non molto, avrebbero richiesto la sua attenzione. Non era sempre stato così. In una vita precedente la sua casa era stata la più pulita tra quelle di tutti gli amici che frequentava. I rubinetti del bagno brillavano, lo specchio abbagliava, le piastrelle luccicavano, gli asciugamani sempre perfetti e piegati come da manuale. Anche la carta igienica era sempre col rotolo quasi intatto. Un paio di amiche, poi lo seppe da una di loro, si erano lavate i denti col suo spazzolino dopo aver visto come teneva la casa. Una coppia sua ospite una sera, discutendo, sostenne che la sua casa era pulita più di una stanza sterile in rianimazione. Il marito, per confermare la sua opinione, si inginocchiò a terra e leccò il pavimento. È pulito più del piatto, disse. Questo però avveniva prima, quando non aveva bisogno di apparire perché era esattamente così. Da anni non voleva più nessuno a dirgli cosa fare e come farlo in casa sua. Viveva da baraccato con una certa puzza di sottofondo perché piatti e stoviglie si accatastavano nel lavello e la lavastoviglie si era stancato di usarla. Quando poteva non mangiava in casa, non ci faceva neppure colazione. Una volta in settimana arrivavano in due a ripulire e riordinare tutto, ma una sola volta, non sopportava le intrusioni oltre un certo limite. Quella mattina aveva avuto per un attimo l’idea di restare in casa ma poi il frigorifero quasi vuoto, con le arance medievali, il formaggio ammuffito e una scatola di pelati aperta e nient’altro lo dissuase. Sentì il bisogno di fare un’altra scoreggia e poi, di malavoglia, si vestì per scendere al bar. Sogghignando si chiese cosa sarebbe successo se, durante un’udienza in tribunale, avesse emesso un peto rumoroso, oppure silenzioso ma pestifero. Se lo chiese e poi si ripromise di rimandare l’exploit, nel caso, all’ultimo giorno prima della pensione, alla quale non mancava molto. Magari però non se ne sarebbe fatto nulla. E ripensò anche a quell’ultima volta che in casa aveva ricevuto il fratello minore. Quello gli chiese esplicitamente come potesse un giudice di Corte d’assise come lui a ridursi a vivere in tal modo, quasi con cassette da frutta usate come mobiletti. Lui non gli rispose, semplicemente lo invitò quel giorno stesso con sua moglie e i suoi nipoti a pranzo nella miglior trattoria del quartiere. La nobiltà, pensò, non deve spiegazioni a nessuno, e nella merda si nasce e si muore. Il giorno prima aveva letto che una nota casa di pannolini per bambini aveva modificato varie linee produttive per far uscire dalla fabbrica meno pannolini e più pannoloni. Le puzze corporee, alla fine, si avvertono solo se si finge di assomigliare ad angeli.

                                                                                                            Silvano C.©

                           (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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