Alzandosi si grattò il culo, lo riteneva un rito propiziatorio
oltre che piacevolmente rilassante. Emise una puzza, e questo era insolito, poi
si ricordò della cena a base di cipolle e capì. Anche l’alito pesante che
avvertiva lui stesso gli confermò il motivo della scoreggia. Entrò nel bagno
che avrebbe avuto necessità di una bella pulizia e schizzò in parte fuori dalla
tazza, poi magari avrebbe ripulito, ma non c’era fretta. Non aveva impegni
urgenti, non aspettava nessuno e non intendeva invitare nessuno. Camminò per
casa scalzo e in mutande andando in cucina a vedere se magari qualcosa poteva
trovare per fare colazione senza doversi vestire per uscire e andare al bar. Il
tempo primaverile non lo obbligava a ricoprirsi come un orso polare e la
sensazione di libertà di quei minuti compensava le migliaia di delusioni
accumulate in anni di vita e che, tra non molto, avrebbero richiesto la sua attenzione.
Non era sempre stato così. In una vita precedente la sua casa era stata la più
pulita tra quelle di tutti gli amici che frequentava. I rubinetti del bagno
brillavano, lo specchio abbagliava, le piastrelle luccicavano, gli asciugamani
sempre perfetti e piegati come da manuale. Anche la carta igienica era sempre
col rotolo quasi intatto. Un paio di amiche, poi lo seppe da una di loro, si
erano lavate i denti col suo spazzolino dopo aver visto come teneva la casa.
Una coppia sua ospite una sera, discutendo, sostenne che la sua casa era pulita
più di una stanza sterile in rianimazione. Il marito, per confermare la sua
opinione, si inginocchiò a terra e leccò il pavimento. È pulito più del
piatto, disse. Questo però avveniva prima, quando non aveva bisogno di
apparire perché era esattamente così. Da anni non voleva più nessuno a dirgli
cosa fare e come farlo in casa sua. Viveva da baraccato con una certa puzza di
sottofondo perché piatti e stoviglie si accatastavano nel lavello e la
lavastoviglie si era stancato di usarla. Quando poteva non mangiava in casa,
non ci faceva neppure colazione. Una volta in settimana arrivavano in due a
ripulire e riordinare tutto, ma una sola volta, non sopportava le intrusioni
oltre un certo limite. Quella mattina aveva avuto per un attimo l’idea di
restare in casa ma poi il frigorifero quasi vuoto, con le arance medievali, il
formaggio ammuffito e una scatola di pelati aperta e nient’altro lo dissuase. Sentì
il bisogno di fare un’altra scoreggia e poi, di malavoglia, si vestì per
scendere al bar. Sogghignando si chiese cosa sarebbe successo se, durante un’udienza
in tribunale, avesse emesso un peto rumoroso, oppure silenzioso ma pestifero.
Se lo chiese e poi si ripromise di rimandare l’exploit, nel caso, all’ultimo
giorno prima della pensione, alla quale non mancava molto. Magari però non se
ne sarebbe fatto nulla. E ripensò anche a quell’ultima volta che in casa aveva ricevuto
il fratello minore. Quello gli chiese esplicitamente come potesse un giudice di
Corte d’assise come lui a ridursi a vivere in tal modo, quasi con cassette da
frutta usate come mobiletti. Lui non gli rispose, semplicemente lo invitò quel
giorno stesso con sua moglie e i suoi nipoti a pranzo nella miglior trattoria
del quartiere. La nobiltà, pensò, non deve spiegazioni a nessuno, e nella merda
si nasce e si muore. Il giorno prima aveva letto che una nota casa di pannolini
per bambini aveva modificato varie linee produttive per far uscire dalla
fabbrica meno pannolini e più pannoloni. Le puzze corporee, alla fine, si
avvertono solo se si finge di assomigliare ad angeli.
Silvano
C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la
fonte, grazie)
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