Non serve irrigarli. Bastano, per chi le ha e le vuole portare, le lacrime.
Sono campi dove si continua a seminare ma ciò che si sotterra non germoglia, non cresce, non ha bisogno di grandi cure e, spesso, si dimentica.
Di tanto in tanto qualcuno decide che occorre rinnovare tutto e allora vengono gettati in discarica i ricordi di chi magari non vuole più ricordare.
A volte si evoca la santità e il legame col soprannaturale. Non saprei dire se la cosa mi convince perché mantengo uno scetticismo di fondo e una visione personale. Nessuno tuttavia può impedirmi di dialogare con chi voglio e di andare in questi campi ogni volta che lo desideri.
Calpestando la terra smossa, la sua superficie irregolare, credo che mi arrivino sentimenti di rabbia, e non solo quelli. Dalla terra sale anche l’ironia, la calma, l’accettazione, il naturale distacco dal mondo del futile, l’invito a non drammatizzare nulla, neppure il dolore più forte.
Quei campi non vanno irrigati, quello che vi cresce o vi si mantiene non è visibile al mondo. Simboli e monumenti sono solo umani e servono a noi, esclusivamente a noi. Se sparissero non sarebbe un danno, e infatti lentamente spariscono.
Il pezzetto di roccia vulcanica staccato dal monte si leviga scendendo a valle, si mussa, diventa un ciottolo arrotondato, si trasforma poco a poco in frammenti e diventa sabbia, sino a sedimentare e iniziare un nuovo ciclo, sino all’esplosione del Sole, sino a non so quando perché il mio tempo non mi permette né di vedere né di immaginare. Anche la memoria non va irrigata, si mantiene se ne ha motivo oppure sparisce come ciò che si trova in quei campi, sulla cima delle Dolomiti o nella fossa delle Marianne.
Per quanto può servire, io non dimentico e lo faccio selettivamente. Non sia mai che, anche una volta sola, smetta di essere partigiano. Arrivederci Viz.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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