Qualcuno molto più importante di me ha scritto: l’orologio spaccato è il simbolo dell’interruzione della “normalità”, dell’affronto al tempo della produzione e del consumo. Solitamente mi piace quello che scrive ma in questo passaggio non mi ci ritrovo. L’orologio è quello della torre di Finale Emilia, divenuta una delle immagini più conosciute del terremoto che ha colpito l’Emilia delle province di Modena, Ferrara e Bologna oltre a parte della provincia di Mantova, nel 2012.
Non condivido che l’orologio rappresenti solo il legame alla produzione consumistica. Quello strumento venne installato sulla torre del XIII secolo attorno al 1526, altra epoca storica, tempo di lotte tra signorie per il potere sul territorio e non certo di consumismo come lo conosciamo dalla seconda metà del XX secolo.
E poi per me, che a Finale Emilia ho qualche legame e ci fu un tempo nel quale ci passavo spesso durante i nostri viaggi tra Ferrara e Carpi o viceversa, quella torre con l’orologio era un legame col territorio, il simbolo identitario di una popolazione, una cerimonia di matrimonio, una famiglia che mi ha accolto per un po' di tempo. Per i finalesi era come con le loro chiese, le loro piazze, i loro bar e i loro punti di ritrovo, era anche altro rispetto al semplice richiamo al tempo del lavoro e del consumo. Per pensarlo occorre avere la mente un po' fissata solo su alcuni temi e dimenticare che la natura umana è complessa, sempre in grado di stupire e difficile da classificare con una tassonomia condivisa.
Quella torre poi caduta completamente era la storia e il terremoto ha cancellato parte della storia; ha accelerato un processo inarrestabile, non ha toccato solo il mondo delle fabbriche e delle officine. Ha ferito anche i miei ricordi, quelli che ho con te, Viz, e chissenefrega del consumismo.
Silvano C.©
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