Alla fine ne esco sconfitto

Nell’afa micidiale che si muove e mi segue appiccicata come un’amante che non mi abbandona mai, anche durante la notte, anche quando altrove arrivano brezze a portare aria nuova, arrivo in piazzetta San Michele e nell’ombra rotta da poche luci che arrivano dalle finestre e dai lampioni entro, passando sotto il volto, in piazzetta Bertolucci, proprio quella dove cinque anni fa una tragedia colpì una famiglia conosciuta in tutta la città. Nessuno attorno, due gatti mi controllano e si tengono a distanza anche quando tento di avvicinarmi. Li lascio in pace e proseguo per piazzetta Schiatti per poi arrivare in Porta reno. Restano i segni del terremoto di dieci anni fa, restano le impronte dei miei passi di tutte le volte che sono passato qui, restano le impressioni e il desiderio di risentire la tua voce, anche se ora è tardi, troppo tardi. Penso che ne sto uscendo sconfitto, che ho perduto parti troppo importanti della mia vita e lascio andare le fantasie di amanti troppo appiccicose che non ho mai avuto. Mi basta il caldo insopportabile ad annebbiare la mente, non mi occorre altro. Rimando il rientro nel forno dell’appartamento vicino all’acquedotto, non ho portato neppure una macchina fotografica delle due che possiedo, non ho voglia di vedere troppa gente e scanso i luoghi di ritrovo che qui, anche a quest’ora, non mancano. Avrei bisogno di te anche se non sono lì. In effetti non mi trovo in quelle strade e in quelle piazze e non è ancora notte. C’è stato un tempo nel quale tu stavi qui ed io, camminando a Ferrara, potevo telefonarti e sentire la tua voce. Allontanarmi per ritrovarti, accettare il caldo umido per avere il compenso, pagare con una moneta fuori corso per ottenere ciò che non è alla mia portata. Quando arriverà agosto e l’estate avrà seccato ogni cosa non so immaginare cosa succederà. Magari arriverà ancora il tuo sorriso. Arrivederci, Viz.

                                                                                                     Silvano C.©  

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