mercoledì 21 luglio 2021

Quel che resta da fare

L’ufficio è ordinato, quasi asettico e con la barriera di plexiglass. La donna che mi ascolta è professionale, disponibile, attenta ed efficiente. Non sorride. Ho spiegato già a chi mi ha misurato la temperatura il mio problema. 

Se possibile - mi aveva detto - vedremo di fissarle un appuntamento. Attenda.

In realtà chi mi riceve, capite le mie intenzioni, si muove subito, cerca le informazioni, mi chiede conferma e procede come un treno. Praticamente sbriga la pratica, mi fa fare tre firme, mi spiega cosa succederà e quali sono i tempi che mi aspettano. Non dovrò tornare ancora, non dovrò fissare nessun appuntamento, quando avrò le indicazioni provvederò al versamento, e quello che pensavo di fare ormai da anni in molto meno di un’ora l’ho fatto. Ma la donna rimane seria e alla fine è più forte di me fare una battuta per tentare di strapparle un sorriso. Le faccio notare che se alla marca della sua stampante si sostituisse Ky con Su alla fine si leggerebbe Suocera. E lei sorride. Evidentemente non ci aveva mai pensato, e il suo ufficio non è un luogo allegro e adatto per le battute. È un ufficio della Certosa di Ferrara. Io c’ero andato per conservare i resti mortali dei miei nonni. Se esistono i cimiteri evidentemente un motivo c’è, e svolgono una funzione. Uniscono vivi e morti, perché il legame non resta solo in ciò che abbiamo fatto o che lasciamo, ma ha bisogno anche d’altro. E pure la Morte a volte sorride, con leggerezza. Ciao Viz. Tu lo sai già.

                                                                          Silvano C.©  

    (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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