venerdì 2 luglio 2021

Il roseto degli Abruzzi

Nell’orto-giardino lui ci andava col padre e col nonno e si sentiva a casa sua, anche se tale non era. Il terreno apparteneva al droghiere del paese, un’autorità nel suo campo, che veniva gerarchicamente solo dopo il curato, il sindaco, il maresciallo, il medico condotto e il farmacista. A dire il vero c’erano anche alcune famiglie proprietarie terriere e un paio che avevano piccole e ben avviate industrie ma il droghiere deteneva un ruolo indiscusso e si poneva sullo stesso piano del padrone della cartolibreria, del macellaio e del fornaio pasticcere, prima sicuramente dell’edicolante e del verduraio.

L’orto-giardino era enorme, o così lo ricordava. Se fosse tornato tanti anni dopo avrebbe realizzato che, come sempre, la scala delle dimensioni cambia col cambiare dell’età, e magari avrebbe anche visto che i suoi confini di allora erano stati modificati, ristretti, esattamente come se avesse perduto una grande guerra e i paesi confinanti si fossero presi, col diritto del vincitore, parte del suo antico territorio. Erano stati costruiti alcuni edifici dove da bambino lui martirizzava le formiche o lottava contro ragni e coleotteri. Nella parte più ad est c’erano alcuni alberi da frutto. Il più pericoloso era il fico, con le sue foglie micidiali. Quello che lo innervosiva maggiormente era il marasco, che secondo lui aveva rubato il posto al ciliegio. La vite lo lasciava indifferente, tranne quando veniva la vendemmia. Aveva avuto l’onore di poter pestare l’uva coi piedi come gli adulti, e poi aveva bevuto un po' del suo dolcissimo succo.

L’orto-giardino faceva poche differenze tra piante con i fiori belli e profumati e piante con frutti buoni da mangiare. E le fragole erano ottime, come pure le cipolle giovani appena sradicate. Su un lato, vicino alla rimessa ed al magazzino, ci stava un roseto enorme, più alto di lui. Un giorno, neppure ne seppe raccontare il vero perché, fece una corsa al suo interno forse solo per arrivare dall’altra parte. Aveva immaginato di essere invulnerabile, ma le spine della pianta la pensarono diversamente e fu necessario medicarlo con l’alcol, molto alcol.

Tutto vero? No. Tutto falso? Neppure. Il motivo? Ricordare un’amica in lotta contro il male che spero possa vincere, e farti partecipe di cose che avvennero prima, prima di te. Ciao, Viz.

                                                                          Silvano C.©  

    (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

 

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