Le
terre di confine, o comunque contese, vissute e pensate in modo diverso dagli stessi
nati in quelle terre sono tante. Il Trentino è una di queste, e per capire la
situazione occorre fare un salto all’indietro di qualche secolo.
La
prima cosa che appare evidente dal punto di vista della geografia fisica è che
un confine naturale per tutte le aree alpine, a nord o a sud che siamo, è lo
spartiacque delle Alpi. Per millenni i passi montani sono stati percorribili
solo in particolari condizioni e stagioni, ed hanno separato in modo netto le
popolazioni sui due versanti.
Un
altro aspetto da non scordare è che la formazione di grandi stati nazionali ai confini
dello stivale italiano è avvenuta molto
prima che nascesse il nostro stato-nazione, e che questo ha messo gli italiani in posizione di inferiorità e
difficoltà molto a lungo, confinandoli in dispute tra realtà locali pur
importantissime ma mai di respiro statale come lo conosciamo dall’Unità
ottocentesca.
Anche
la Chiesa ci ha messo del suo, travalicando senza difficoltà i confini fisici e
politici e mantenendo contatti anche tra realtà in lotta tra loro.
È
avvenuto così che per secoli il Trentino, terra italiana, è rientrato nella
sfera d’occupazione e controllo veneziano (solo per la sua parte più
meridionale) ed in seguito completamente austriaco, con l’unica parentesi
legata alle conquiste napoleoniche, che hanno fatto rientrare per pochi anni parte
del Trentino in Italia. La vicinanza ai popoli di lingua tedesca era ed è
crescente man mano che ci si avvicina al Brennero, e le due province di Trento
e Bolzano ancora oggi sono molto diverse da questo punto di vista, pur essendo unite
in un’unica regione autonoma. La stessa provincia di Trento poi presenta un
affievolirsi dei legami con l’Austria avvicinandosi ai suoi confini con la
provincia di Verona.
Per
secoli il governo di Vienna è stato illuminato, ferreo ma aperto sia
culturalmente che dal punto di vista amministrativo ed economico. Per rimanere
nella sola Rovereto, ad esempio, la cultura locale ha potuto beneficiare di
grandi aiuti e riconoscimenti. Sono state autorizzate scuole superiori come un liceo
e una scuola superiore a carattere più pratico, vi è nata l’Accademia degli
Agiati, per secoli gli zattieri di Borgo Sacco hanno potuto commerciare con
tutte le comunità che si affacciavano sul fiume Adige, da nord sino al mare
Adriatico. La struttura del catasto trentino era all’avanguardia, grazie all’impero
austro-ungarico, rispetto a tutto il resto del territorio a sud delle Alpi. A Rovereto
a metà Ottocento è stato concesso di avere una Manifattura tabacchi che ha dato
lavoro a migliaia di donne, le famose zigherane. Si sono formate le prime società
di mutuo soccorso, sono stati riconosciuti diritti alle donne derivanti dalla
loro indipendenza economica, ed il Trentino è stato a lungo una terra
tranquilla, senza particolari problemi di tipo economico, grazie alle proprie manifatture
(importantissima anche quella legata alla seta). Rovereto ha avuto il primo
teatro in provincia di Trento, una sua biblioteca, un suo museo civico.
Per
molto tempo il controllo di Vienna è stato esercitato in guanti di velluto, poi
la situazione è mutata. I primi moti indipendentisti ai confini dell’impero
asburgico hanno fatto aumentare la spinta centralista.
In
tempi più recenti alcuni trentini, come De Gasperi e Battisti, eletti al parlamento
di Vienna, hanno iniziato a domandare maggiore indipendenza, a chiedere un’università
in lingua italiana. I tempi però erano ormai inadatti a tale richiesta, il
mondo stava mutando velocemente, e lo stesso Trentino felix era destinato ad essere comunque un ricordo. Vienna
non avrebbe più lasciato l’autonomia alla quale molti erano abituati e per la
quale non avrebbero mai voluto lasciare l’impero, considerandolo la loro
Patria.
Così
iniziò letteralmente una guerra civile, combattuta all’interno del primo
conflitto mondiale. Persone nate in trentino, magari nello stesso paese, vicini
di casa talvolta, si trovarono divise (indossando divise di diverso colore). Alcuni
come Battisti superarono il confine e iniziarono a fare propaganda contro l’Austria
e poi si arruolarono volontari nell’esercito regio italiano. Altri vennero
semplicemente richiamati alle armi da Vienna e diventarono soldati austriaci.
Ognuno
di loro combatté volontariamente o per servizio militare obbligatorio per una
diversa Patria, che in questo caso però aveva in comune lo stesso territorio,
la stessa lingua, la stessa fede religiosa, la stessa cultura di formazione.
Definire
eroi e traditori i combattenti di una parte e dell’altra fu solo dovuto alla
scelta di campo. Battisti fu un traditore, impiccato per tradimento dopo un
processo breve e senza alcuna speranza di grazia. Dopo, a guerra finita, fu
considerato un eroe dai vincitori, gli italiani, e per lui furono eretti
monumenti e riservati onori, ma furono in tanti come lui, meno famosi, a
combattere contro i loro stessi conterranei per liberare il Trentino dalla
dominazione austriaca.
La
guerra civile trentina, in estrema sintesi e con immancabili imprecisioni o
dimenticanze, fu questo. Cosa avvenne dopo è storia tutta italiana. Gli
irredentisti trentini, cioè gli interventisti che volevano Trento italiana,
furono parte della forza che contribuì alla nascita del fascismo. Alcuni morti in
trincea prima del 1918 divennero eroi celebrati dalla nascente dittatura per
giustificare e nobilitare le proprie ragioni.
E
questa guerra civile trentina oggi è finita? In Trentino, oggi, si è raggiunto
un accordo, si sono accettate le ragioni anche dei combattenti sul fronte
opposto? La risposta è no. Ancora oggi molti considerano Battisti un traditore,
non un eroe. E ancora oggi chi è nato in provincia di Trento prima del 1918
viene considerato da alcuni come austriaco, austroungarico, sudtirolese di
lingua italiana, ma non italiano, al massimo trentino.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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