Ogni
giorno che scende in terra io passo per quella stradina perché mi accorcia il
percorso e perché, devi saperlo, ci abita una ragazza. Che poi è il motivo principale;
se anche dovessi allungare il percorso ci passerei lo stesso.
Di
lei so nulla o quasi, e mi va bene così. So che vive al terzo piano di una
palazzina di quattro. So che ha una finestra ed una porta finestra, con annesso
piccolo balcone, che si affacciano sulla stradina. So che va in bicicletta, ed
infatti una sola volta l’ho vista uscire dal portoncino rosso dell’edificio
portando a mano una vecchia bici da donna col cestino attaccato al manubrio. In
un attimo è salita in sella ed è sparita subito dietro l’angolo, nella strada
principale.
Non
credo di sapere altro. Né il suo nome, né se lavora e dove, né se magari
studia, e neppure se ha amici.
Quando
passo resto sempre sull’altro lato della stradina, per sbirciare in alto quei
pochi secondi durante i quali posso vedere il suo piano e le sue finestre. Non so
che nomi siano scritti sul citofono accanto alla porta, ma non mi interessa. Non
so neppure se mi ha mai notato, ma ne dubito. Sarebbe strano in effetti che
fosse successo, anche se passo di lì ogni giorno, estate e inverno, feriali e
festivi. Ma ci passo solo due volte, andata e ritorno, e sempre senza mai
fermarmi. E poi sono anonimo. Non mi vesto in modo particolarmente
appariscente, non sono bello o attraente, semplicemente passo per la stradina
come centinaia di altre persone lo fanno ogni giorno che scende in terra.
Ed
allora dove sarebbe tutto l’interesse per questa situazione inconsistente, dal
tuo punto di vista? Nessuno, per te, ovviamente. Per me è diverso. Tu hai mai
pensato che un comportamento senza senso potrebbe diventare abitudine, e quindi
iniziare, in modo autonomo, a pretendere l’importanza che ritiene di meritare? Non
è la ragazza che chiede attenzione. Non ha bisogno di chiederlo, ne sono sicuro.
Non sono io che mi sono creato fantasie o ci ho ricamato sopra chissà cosa. Io semplicemente
passo di lì ogni giorno e a volte, molto raramente, mi capita di scorgere la
sua figura.
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Alcuni
giorni fa, forse ricordando un vecchio hobby di gioventù, sono entrato in una
cartoleria ed ho comprato un piccolo album da disegno con fogli spessi e
ruvidi, una bottiglietta di inchiostro di china, una cannuccia ed alcuni
pennini, una scatola metallica con colori ad acquarello e un paio di pennelli. La china ed i pennini mi sono costati non
poco. Erano in una confezione regalo molto raffinata, segno che ormai sono un prodotto
che nessuno usa più e rimangono solo per alcuni amanti del genere. A guardarli
bene, i pennini, mi sembravano un’imitazione di quelli che ricordavo ma altri
in cartoleria non ne avevano, quindi non mi rimaneva altra scelta.
A
casa, con calma, mi sono preso un foglio dall’album, ho disegnato con una
matita tenera il disegno che avevo in mente, poi, con molta attenzione, ho
ricalcato le linee che volevo rimanessero con la china. Ho aspettato che l’inchiostro
asciugasse, ho cancellato con una gomma morbida tutti i segni di matita e
poi ho soffiato per togliere i residui di gomma. In cucina ho preso un
bicchiere con un po’ d’acqua ed un piccolo piattino di tazzina da caffè, poi
sono tornato al tavolo ed ho colorato con gli acquerelli, a memoria, il
soggetto che avevo in mente. Non è risultato un capolavoro, lo so bene, e non merita
alcuna cornice, è evidente, ma quella porta rossa disegnata mi ricorda molto
quella reale.
Silvano
C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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