martedì 23 dicembre 2014

Signore e signori, ecco il cinema


prima un po’ di storia



Il fenomeno della PERSISTENZA RETINICA, scoperto nei primi decenni del 1800, consiste nel fatto che la retina (parte sensibile dell’occhio sulla quale si formano le immagini) conserva per un tempo brevissimo le immagini appena osservate, che quindi non scompaiono istantaneamente. In altre parole noi non vediamo continuamente tutto quello che avviene attorno a noi, ma solo a tratti, come se una luce si accendesse e spegnesse diverse volte ogni secondo, una sorta di luce stroboscopica. Quindi se ci vengono mostrate immagini (disegni o foto) in sequenza ed a sufficiente velocità avremo l’illusione di vederle in movimento.

TAUMATROPIO. Si diffonde in Inghilterra dall’anno 1826. Consiste in un dischetto di cartone rotante attorno al proprio asse, che consente di vedere le figure sulle due facce che si sovrappongono e diventano una sola.  In questo caso non si percepisce la figura in movimento.

FENACHISTOSCOPIO. Inventato dal belga Plateau attorno al 1832, è un disco di cartone con sottili fessure che permettono di vedere riflesse su uno specchio le figure riportate su una sua faccia.  Le figure sembrano muoversi.  È il principio del cinema.

ZOOTROPIO. Nel 1834 Horner costruisce un cilindro vuoto perforato che, ruotando, permette l’illusione di scoprire all’interno figure in movimento. Il suo funzionamento è simile a quello del fenachistoscopio.

Cinematografia.  Nasce con il Cinématographe dei fratelli Lumière a Parigi nel 1895, con le proiezioni su uno schermo per il pubblico, che si stupisce nel vedere come le immagini sembrano animarsi: treni che vengono verso gli spettatori, fumo delle sigarette che si alza……. All’inizio il cinema è muto. Solo in un secondo tempo vengono associati i suoni.
ANAMORFOSI. L’anamorfosi è un gioco di ottica molto diffuso nel Rinascimento, e pare che Leonardo da Vinci sia stato uno tra i primi a studiarlo.Consiste essenzialmente nella deformazione di immagini mediante specchi o lenti. In questo modo una figura deformata diventa irriconoscibile oppure una figura “strana”, se vista nel modo opportuno, diventa subito chiara. Alcuni lenti per la proiezione cinematografica sono anamorfiche.



Chiedo scusa di questa parentesi iniziale un po’ lunga, ma era necessaria, perché il cinema è una cosa complessa, dal punto di vista tecnico, ed il cinema moderno sicuramente ha fatto molti progressi rispetto alle prime idee che risalgono ad appena due secoli fa, e continua a farne, ogni giorno che passa.

A me però in realtà interessa non solo l’aspetto tecnico, affascinante ed occasione per fare esperienze anche con materiali poveri, ma mi piace soprattutto per il suo impatto come mezzo di comunicazione, e considero la televisione una sua diretta discentente.



La forza che le immagini in movimento hanno nel raccontare emozioni e storie è enorme, superano quella di un libro, e sono probabilmente una delle cause della lenta e progressiva morte del libro come lo conosciamo. Quello che un buon libro ci trasmette ancora non è eguagliato da quanto può fare un ottimo film, ma molti registi che hanno fatto la storia del cinema ci hanno detto e comunicato molto di più di quanto troppi libri, spesso inutili, hanno tentato di fare.



Entrare in una sala ed immergersi per un paio di ore in una vicenda, in un problema, nella vita di qualcuno che sino a poco prima non conoscevamo è un’esperienza unica, irripetibile con altre modalità. La televisione inizia ad eguagliare questi risultati, ma senza la magia della sala buia.

La stessa sala buia poi muta, negli anni, e diventa luogo dove consumare snack contenuti in sacchetti che fanno rumore, e perde parte della sua motivazione originale, ma per ora regge ancora, a fatica, il mutamento in atto.



E col cinema arrivano messaggi che tutti possono capire, anche chi non legge. Arriva la cultura, l’approfondimento, i divi ed i miti, ed arrivano anche i vizi, la sottocultura, i difetti che abbiamo e dovemmo perdere. Io amo il cinema. Forse perché al buio sono nascosto agli altri, forse perché mi immedesimo e non colgo quasi mai gli aspetti tecnici o la poetica che spinge il regista ad agire in un modo piuttosto che in un altro.

Al cinema mi piace tornare bambino, farmi rapire, non pensare all’inganno. Non voglio neppure ritornare al tempo dei cineforum con il dibattito alla fine. Ho partecipato ad alcuni, in quegli anni tristi e tuttavia pieni di speranze, ma non mi sono mai piaciuti. Perché dire al bambino che la Befana non esiste? Poi viene sempre il momento nel quale la rielaborazione critica del linguaggio cinematografico supera la resistenza, ed emerge. Però in quel caso sparisce la magia, e si vede il trucco dell’illusionista.

Guardare con gli occhi di un critico non è mai come ammirare con lo stupore di un bambino.
                                                                                            Silvano C.©


( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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