Il fenomeno della PERSISTENZA RETINICA, scoperto nei primi
decenni del 1800, consiste nel fatto che la retina (parte sensibile dell’occhio
sulla quale si formano le immagini) conserva per un tempo brevissimo le
immagini appena osservate, che quindi non scompaiono istantaneamente. In altre
parole noi non vediamo continuamente tutto quello che avviene attorno a noi, ma
solo a tratti, come se una luce si accendesse e spegnesse diverse volte ogni
secondo, una sorta di luce stroboscopica. Quindi se ci vengono mostrate immagini
(disegni o foto) in sequenza ed a sufficiente velocità avremo l’illusione di
vederle in movimento.
TAUMATROPIO. Si diffonde in Inghilterra dall’anno 1826.
Consiste in un dischetto di cartone rotante attorno al proprio asse, che
consente di vedere le figure sulle due facce che si sovrappongono e diventano
una sola. In questo caso non si percepisce
la figura in movimento.
FENACHISTOSCOPIO. Inventato dal belga Plateau attorno al 1832,
è un disco di cartone con sottili fessure che permettono di vedere riflesse su
uno specchio le figure riportate su una sua faccia. Le figure sembrano muoversi.
È il principio del cinema.
ZOOTROPIO. Nel 1834 Horner costruisce un cilindro vuoto
perforato che, ruotando, permette l’illusione di scoprire all’interno figure in
movimento. Il suo funzionamento è simile a quello del fenachistoscopio.
Cinematografia. Nasce con il Cinématographe dei
fratelli Lumière a Parigi nel 1895, con le proiezioni su uno schermo per
il pubblico, che si stupisce nel vedere come le immagini sembrano animarsi:
treni che vengono verso gli spettatori, fumo delle sigarette che si alza…….
All’inizio il cinema è muto. Solo in un secondo tempo vengono associati i
suoni.
ANAMORFOSI. L’anamorfosi è un gioco di
ottica molto diffuso nel Rinascimento, e pare che Leonardo da Vinci sia stato
uno tra i primi a studiarlo.Consiste essenzialmente nella
deformazione di immagini mediante specchi o lenti. In questo modo una figura
deformata diventa irriconoscibile oppure una figura “strana”, se vista nel modo
opportuno, diventa subito chiara. Alcuni lenti per la proiezione
cinematografica sono anamorfiche.
Chiedo scusa di questa parentesi
iniziale un po’ lunga, ma era necessaria, perché il cinema è una cosa
complessa, dal punto di vista tecnico, ed il cinema moderno sicuramente ha
fatto molti progressi rispetto alle prime idee che risalgono ad appena due
secoli fa, e continua a farne, ogni giorno che passa.
A me però in realtà interessa non solo
l’aspetto tecnico, affascinante ed occasione per fare esperienze anche con
materiali poveri, ma mi piace soprattutto per il suo impatto come mezzo di
comunicazione, e considero la televisione una sua diretta discentente.
La forza che le immagini in movimento
hanno nel raccontare emozioni e storie è enorme, superano quella di un libro, e
sono probabilmente una delle cause della lenta e progressiva morte del libro
come lo conosciamo. Quello che un buon libro ci trasmette ancora non è eguagliato
da quanto può fare un ottimo film, ma molti registi che hanno fatto la storia
del cinema ci hanno detto e comunicato molto di più di quanto troppi libri,
spesso inutili, hanno tentato di fare.
Entrare in una sala ed immergersi per
un paio di ore in una vicenda, in un problema, nella vita di qualcuno che sino
a poco prima non conoscevamo è un’esperienza unica, irripetibile con altre
modalità. La televisione inizia ad eguagliare questi risultati, ma senza la
magia della sala buia.
La stessa sala buia poi muta, negli anni,
e diventa luogo dove consumare snack contenuti in sacchetti che fanno rumore, e
perde parte della sua motivazione originale, ma per ora regge ancora, a fatica,
il mutamento in atto.
E col cinema arrivano messaggi che
tutti possono capire, anche chi non legge. Arriva la cultura, l’approfondimento,
i divi ed i miti, ed arrivano anche i vizi, la sottocultura, i difetti che
abbiamo e dovemmo perdere. Io amo il cinema. Forse perché al buio sono nascosto
agli altri, forse perché mi immedesimo e non colgo quasi mai gli aspetti
tecnici o la poetica che spinge il regista ad agire in un modo piuttosto che in
un altro.
Al cinema mi piace tornare bambino,
farmi rapire, non pensare all’inganno. Non voglio neppure ritornare al tempo
dei cineforum con il dibattito alla fine. Ho partecipato ad alcuni, in quegli
anni tristi e tuttavia pieni di speranze, ma non mi sono mai piaciuti. Perché dire al
bambino che la Befana non esiste? Poi viene sempre il momento nel quale la rielaborazione
critica del linguaggio cinematografico supera la resistenza, ed emerge. Però in
quel caso sparisce la magia, e si vede il trucco dell’illusionista.
Guardare con gli occhi di un critico
non è mai come ammirare con lo stupore di un bambino.
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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