Chi sceglie una certa professione o un certo lavoro si
assume l’obbligo di giudicare. Non solo il giudice emette sentenze o giudizi,
ma pure l’insegnante, o chi si trova a far parte di qualche commissione che
deve prendere decisioni importanti per la comunità o sugli altri.
Giudicare è estremamente difficile e faticoso, pone mille
interrogativi, incide a volte pesantemente nella vita di altre persone, fa assumere
una sorta di potere che si pone sopra le parti, ben sapendo che ogni essere
umano è per sua natura parte. A volte ci si immedesima in tale potere, si
diventa il ruolo che si ricopre, si dimentica che quel ruolo lo si svolge per
un tempo limitato, fosse anche a vita, ma pur sempre per pochi anni.
Un pensatore anarchico non accetta questa
posizione scomoda, mentre, all'opposto, un assetato di potere la ricerca
per i suoi motivi squallidi, che non sono certamente la giustizia di tutti, ma
altro.
L’uomo medio, che crede in una qualche forma di convivenza
possibile ma organizzata in una società che si deve dare alcune regole, accetta
l’idea della legge e della giustizia, pur con mille differenze di valutazione o
relative alla realizzazione di tale idea.
Il giudice può decidere in alcuni paesi della vita o della
morte, in altri può comunque influire sul futuro. Chi detiene il potere
politico o economico tende a sfuggire alla giustizia dei comuni mortali, e
questa sola considerazione è sufficiente per far capire quanto ingiusta possa
essere la legge, in particolare quando applicata senza umanità, senza umana
pietà.
L’insegnante può determinare il rallentamento del corso di
studi di un ragazzo, col suo giudizio o la sua bocciatura, ma può anche ridare
fiducia e indirizzare verso il futuro chi se ne sente escluso o inadatto.
Chi è chiamato a decidere se un certo candidato è idoneo o
meno a ricoprire una particolare funzione a sua volta giudica, ed influisce sull’avvenire
di tante persone.
Ma non possiamo in ogni caso non giudicare. Giudicare significa
scegliere, assumersi la responsabilità di dare un’indicazione di percorso. Il padre
deve scegliere per il figlio, sino a quando questi non cresce. La moglie deve
scegliere per il marito, quando questi non è più in grado di farlo. Il titolare
di una piccola attività deve scegliere per i suoi dipendenti, e le sue
decisioni avranno affetti sulla sua e su altre famiglie.
È poi ci sono rapporti umani, a volte solo apparentemente neutri o senza
coinvolgimenti come quelli appena descritti. Io sono giudicato da coloro che
incontro, e giudico a mia volta. È impossibile evitarlo. La mia vita dipende da
tali giudizi: i miei affetti, la mia piccola felicità, la mia solitudine o il
mio successo. Io scelgo, io giudico, io vado per una strada invece che per quella
a fianco. E tu fai lo stesso. Tu scegli, tu giudichi, tu vai per una strada
invece che per quella vicina, e la tua vita prenderà una forma diversa, dopo
ogni tua scelta, che tu ne sia consapevole o meno.
Non credo si tratti di giocare ad essere divinità quando si
giudica, o di venir meno all’insegnamento di Cristo quando diceva: Non
giudicate.
Si tratta semplicemente di vivere, sbagliando spesso,
correggendo gli errori fatti, se si è tanto fortunati da poterlo fare, oppure di tentare
di non creare danni.
Tutti abbiamo il dovere di giudicare, e quindi
quello ancora più importante di capire bene su cosa dovremo decidere, in
particolare quando questo comporta conseguenze
per gli altri.
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
Non siamo sempre preparati a essere giudici, eppure giudichiamo. Nemmeno siamo sempre sufficientemente umili per esserlo. Ma siamo giudici e giudicati ogni giorno.E siccome lo siamo entrambi giudicanti, è visibile che tu ne hai caratteristiche di preparazione e pure di umiltà. bello leggerti.
RispondiEliminaed è altrettanto bello, forse di più, essere letti, grazie...
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