C’era un periodo nel quale la nebbia scendeva per giorni e
giorni sulla grande pianura. Ogni cosa spariva, i rumori si attenuavano, le
luci accese delle case affievolivano e si spegnevano appena ci si allontanava
anche di poco.
Perdersi in quelle condizioni poteva capitare in ogni
momento, anche ai più esperti, pure a chi quelle strade e quei viottoli li
conosceva bene, perché lì ci era nato e da lì non si era mai allontanato.
Si raccontano cose mitiche che sarebbero successe in giorni
di visibilità quasi nulla, quando, anche di giorno, la vista non permetteva di
distinguere le cose oltre i cinque o sei metri se non come ombre confuse. Ecco
quindi gli scontri di persone in bicicletta, ad esempio, poiché tutti si
cercava di tenere il centro della strada, quello con la riga segnata, evitando
i bordi dove i fossi aspettavano tranquilli gli incauti.
Le auto poi, che magicamente diminuivano perché solo chi era
costretto ad usarle si azzardava a muoversi con loro, a volte procedevano quasi
più lentamente di chi camminava a piedi. E l’auto che stava in coda
semplicemente seguiva quella che procedeva davanti, esattamente come certe
formiche, che avvertono il percorso segnato, o come le processionarie, in
perfetta fila indiana, una dietro l’altra. In questo modo un automobilista,
quasi disperato, iniziò a seguire un vecchio in bicicletta che sembrava
conoscere bene il posto, e procedeva sicuro, per fortuna con la lucetta sul
parafango posteriore accesa. E quelli che seguivano lui ovviamente tutti in
colonna, dietro il ciclista, sino al suo cortile, quando, finalmente arrivato,
lui appoggiò la bicicletta al muro di casa e, stupito, intravide un lungo
serpente di auto con i fari accesi che lo aveva seguito sin lì. Poi non si sa
cosa sia successo, e come quell’ingorgo si sia risolto. Forse il ciclista,
impietosito, è risalito in bicicletta per far tornare sulla strada principale i
suoi motorizzati seguaci.
Nella nebbia poi gli amori clandestini trovavano un alleato,
e ne traevano vantaggio pure i ragazzini che volevano fumare di nascosto dai
genitori. Impossibile non amare la nebbia, per chi era nato in pianura, anche
se la nebbia poi ogni tanto provocava tragedie, come incidenti mortali che si
sarebbero evitati facilmente con una maggior visibilità e, probabilmente, con
una cosciente prudenza.
Con la nebbia tutto spariva, come se fosse inghiottito nel
nulla, ma, ogni tanto, qualche cosa appariva, all’improvviso, non si sa bene
per quale motivo, o, per essere più precisi, non si sa bene dove. È chiaro che
la nebbia non può fare giochi di prestigio, non fa sparire conigli per far
apparire colombe. La nebbia è un fenomeno atmosferico, ha una sua spiegazione
scientifica abbastanza condivisa tra gli scienziati, e non sono noti fenomeni
paranormali legati a questa umidità condensata in piccolissime goccioline
sospese. Eppure, una volta, girando non troppo lontano da casa in auto perché
ero stato obbligato ad usarla, mi ritrovai lungo una strada che pensavo di
conoscere e, alla curva che mi si presentò puntuale dove mi aspettavo di
trovarla, seguii l’asfalto sino a ritrovarmi davanti due enormi ombre, ai lati
della carreggiata. Erano due pioppi, che non ricordavo di aver mai visto, e
proseguii ancora un po’, col dubbio di essermi perso.
In effetti mi trovai dopo poco un cancello a sbarrare la
strada, e a quel punto, perplesso, scesi dall’auto e mi guardai in giro.
Attorno non si sentiva nessun rumore. Mi ero evidentemente infilato in una
specie di vicolo cieco, ed ora non sapevo dove mi trovavo. Per fortuna non ci
misi molto ad intravedere le luci di una grande casa colonica, poco distante, e, dopo aver chiuso l’auto, scostai il cancello ed entrai nel
piccolo cortile con l’intenzione di chiedere informazioni. La ghiaia sotto i
piedi produceva l’unico rumore percepibile e finalmente arrivai alla porta e
bussai, visto che non trovai alcun campanello.
Qualche rumore di porte poi e di passi, infine la porta si
aprì, senza che nessuno chiedesse chi ero.
Davanti a me una signora con l’aria che mi sembrò incuriosita, a pochi
passi da lei un uomo, e attorno a loro tre ragazzini, tutti abbastanza piccoli.
Il più grande avrà avuto sicuramente meno di dieci anni.
Sembrava che avessi interrotto un momento di gioco, ma non
mi parevano indispettiti per questo, e la donna mi chiese cosa desideravo.
Spiegai che mi ero perso, che non so come ero arrivato
davanti alla loro casa ed avevo pensato di chiedere informazioni.
Loro in realtà sembrava che sapessero esattamente cosa
facevo lì, e mi spiegarono senza difficoltà, tutti assieme, anche il più
piccolo, ovviamente a modo suo, come tornare sui miei passi e ritrovare la
strada principale. Quasi come se fossi io a fare un favore a loro, non
loro a me. Mi invitarono persino ad entrare per assaggiare una fetta di torta
di mele che la signora aveva da poco sfornato. Nell’aria, in effetti, si
avvertiva un piacevole odore che confermava le parole della donna. Io però
ringraziai, spiegai che ero in ritardo e che non volevo disturbare. Loro
sembrarono delusi, anche i bambini, ma non insistettero, e mi salutarono sulla
soglia mentre io tornavo indietro, verso l’auto, e poi, con le loro
indicazioni, ritrovai in poco tempo la statale.
Fu solo il giorno dopo, quando raccontai della mia avventura
nella nebbia ad un paio di amici in piazza che un vecchio del paese iniziò a
guardarmi un po’ stupito. Aveva sentito quello che avevo detto, e rimase muto,
per un po’, nell’attesa che io finissi di parlare e infine mi allontanassi. Mi
richiamò, ma senza che nessun altro mi sentisse, e si fece spiegare meglio com’era
quella grande casa colonica e volle che descrivessi bene quelle persone che mi
avevano accolto e dato le informazioni.
-
Hai incontrato i Cestoldi, perdendoti nella nebbia. – mi
disse il vecchio – Vivevano in una grande casa colonica, abbastanza lontana dal
paese, e durante l’ultimo anno della guerra, in una notte di nebbia fortissima,
un bombardiere probabilmente americano ha fatto cadere esattamente sulla casa
una grossa bomba. Sono morti tutti. Il padre, la madre ed i tre bambini, molto
piccoli. Nessuno ha mai capito se è stato un errore dovuto a informazioni
sbagliate arrivate all’aviazione alleata o ad una fatalità causata da chissà
quale motivo. La casa è stata completamente rasa al suolo. Ora al suo posto c’è
solo la campagna. -
Sinceramente non ho creduto alla storia, e quando finalmente
mi sono allontanato dal vecchio ho pensato che non ci stava più con la testa.
Alla prima occasione, col sole e di giorno, ho tentato di
ritrovare quella grande casa colonica, e ogni tanto, anche recentemente, ho
provato a ripercorrere quelle strade. Senza la nebbia però non l’ho più vista.
E quando mi capita di chiedere informazioni a persone che mi sembra abitino in
quella zona nessuno mi sa dire nulla in proposito. Ora vedo case a schiera, un
centro commerciale, una distesa coltivata con colture stagionali e tralicci per
le telecomunicazioni, ma nessuna casa come quella che ricordo di aver visto
quel giorno.
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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