Sono appena tornato a casa dopo due passi fuori. Come dicevo
ieri l’ho fatto per uscirne, anche se so che è un’illusione. Vivo a Rovereto e attorno
a casa non ci sono strade completamente al buio, quindi malgrado il sole fosse già
tramontato ho sempre trovato un lampione o un’altra luce accesa a farmi vedere
dove mettevo i piedi. Molte finestre ormai erano illuminate, prova che all’interno
delle stanze c’era qualcuno. È la luce l’entità fisica che probabilmente associo
maggiormente alla vita, anche perché è grazie alla luce che posso vedere, e
così capire. Mia madre ha sempre detto che in casa le luci le voleva accese,
che dopo avrebbe trascorso anche troppo tempo al buio. Da giovane lei aveva
vissuto in case senza l’illuminazione che poi avrebbe avuto più tardi, ed è
questa primitiva mancanza che le ha quasi certamente fatto nascere il bisogno
di luce più tardi. Io non ho mai vissuto questa sensazione, con la luce ho anche
potuto giocare scegliendo il tipo di illuminazione che più mi piaceva. E durante
gli anni della camera oscura, quando sviluppavo le foto in bianco e nero, avevo
una luce rossa alla quale ero abituato e che mi permetteva di capire ciò che
stavo facendo. Mentre l’inverno si avvicina e immagino come sarà quando scenderà
la neve, penso che a fare la differenza tra un inverno esteticamente bello ed
uno brutto sia la presenza o meno di qualche fonte di illuminazione. Basta una
semplice candela o il ciocco in un camino o una piccola lucetta davanti ad una baita
a creare la magia della notte con la neve. Sicuramente si esagera ormai con le
luminarie natalizie, il motivo è ovviamente commerciale ma tocca volutamente una
nostra emozione per spingerci ad allentare i controlli e comprare. Ed è la luce
che ogni notte, dove non sei, tiene compagnia a te e a tutti quelli che, neppure loro,
stanno lì. Ciao, Viz.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la
fonte, grazie)
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