Lo scologno, lucertolone sfortunato come pochi, stava al sole
invernale, letteralmente congelato. Malgrado il sole la temperatura dell’ambiente
rimaneva costantemente sotto il limite di solidificazione dell’acqua, a volte
più e a volte meno, ma sempre sotto. In effetti non era solo l’acqua a
congelare, ma lo scologno stesso. Nella sua sfortuna era uscito dalla tana per
vedere com’era il tempo e il gelo lo aveva bloccato in pochi istanti. Aveva avuto
però l’attenuante, nella sfortuna, di ritrovarsi in un posto lontano da ogni
pericolo e di essere quasi mimetizzato alla perfezione alla vista dei suoi
abituali cacciatori, che in estate non gli concedevano tregua. Anche i suoi
predatori, comunque, non se la passavano particolarmente bene. I mesi di gelo
vennero allietati (termine per evidenziare che alcuni strani amano il freddo)
da nevicate e gelate, venti da nord e ogni tipo di cosa fredda che potesse
concretizzarsi. Lo scologno rimase un pezzo di ghiaccio per mesi, come un
surgelato dimenticato in frigorifero, sembrava morto stecchito. Arrivarono i
primi tepori, avanguardie della primavera, e lui sempre lì, bloccato, immobile.
Secondo le buone abitudini avrebbe dovuto iniziare a marcire, a decomporsi, per
lasciar spazio ad altri, ma lui niente. Quando finalmente un giorno il sole non
più invernale iniziò a scaldare sul serio e gli restituì la vita, che sembrava
avesse perduta, lui aprì gli occhi e si guardò attorno come se fosse appena
uscito dalla tana per vedere com’era il tempo. Ebbe l’impressione che non fosse
male come aveva temuto, e avvertì contemporaneamente un certo appetito. Ciao,
Viz. Ultimamente non sopporto il freddo dell’inverno, le piogge primaverili, il
caldo estivo e le nebbie autunnali. Non mi va bene nulla. Non so se questa
favoletta che mi sono inventato voleva dirti qualcosa. Decidi tu.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la
fonte, grazie)
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