sabato 30 novembre 2024

cose inutili

Inutile far progetti a lungo termine, meglio limitarsi a tempi mediobrevi, è più facile indovinare che si potrà realizzare quanto sperato. A lungo termine si pensa alla pensione, ad altre forme assicurative per gli ultimi anni, alle amicizie che si vorrebbero mantenere o ricostruire. E nessuna di queste aspettative si è certi che si realizzerà perché il destino a volte gioca coi nostri sogni. Ferrara rimane per me un’illusione incompiuta, una programmazione che non ha avuto buon fine. Il mio legame resta anche se muta nel tempo, la memoria non si sfalda ma il desiderio di tornare lentamente scema. Mi allontanai per lavoro, avevo vissuto troppo a lungo pesando sui miei, ma non lo feci per allontanarmi da loro né dagli amici di allora. Per anni pensai di poter tornare, anche dopo che iniziammo a stare assieme, a Riva del Garda e poi a Rovereto. Poi ritenni ingiusto farlo, quando ormai esistevano possibilità reali di realizzare il ritorno. Nostro figlio era cresciuto, non volevo sradicarlo dal suo mondo com’era avvenuto con me e coi traslochi che i miei fecero anche se si spostarono di pochi chilometri. Cinque chilometri sessant'anni fa erano una barriera insormontabile. Quando tornavo dagli amici di allora, perché per un po' ci tornai, loro mi accoglievano, e programmavano di vedersi poi la sera e di fare qualcosa. Io però la sera non ci potevo tornare. Per un po' continuai ad andare ancora a Porotto, poi smisi, i nostri mondi si erano ormai separati. Erano gli anni nei quali amavo Celentano, e lui in quel periodo cantava Il ragazzo della via Gluck. Mai una canzone mi colpì tanto duramente. Vissi anni di vera solitudine e di immersioni pomeridiane al cinema, quando vidi praticamente tutto quanto usciva nelle sale in quel periodo. Ecco perché volevo evitare a nostro figlio quella situazione. Molti anni dopo, quando economicamente fummo in grado di pensare di comprare una casa a Ferrara, e dopo un periodo difficile coi miei, l’appartamento che vi comprammo fu non solo un investimento ma la promessa di poterci tornare quando entrambi saremmo stati in pensione. E intanto nostro figlio lo utilizzò durante i suoi studi universitari, ma non visse quegli anni con piacere perché, come immaginavo, era legato alla sua Rovereto e non a Ferrara. Ora, dopo la tua partenza, andarci assieme entrambi in pensione è divenuto impossibile. Alcuni amici che frequentavamo a Ferrara adesso mi interessano meno. Un’amica se ne è andata come te alcuni mesi fa. Quando torno a Ferrara vorrei ritornare a Rovereto. A Rovereto continuo ancora a pensare a Ferrara. Ciao, Viz.

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venerdì 29 novembre 2024

A qualcuno non piace freddo

Lo scologno, lucertolone sfortunato come pochi, stava al sole invernale, letteralmente congelato. Malgrado il sole la temperatura dell’ambiente rimaneva costantemente sotto il limite di solidificazione dell’acqua, a volte più e a volte meno, ma sempre sotto. In effetti non era solo l’acqua a congelare, ma lo scologno stesso. Nella sua sfortuna era uscito dalla tana per vedere com’era il tempo e il gelo lo aveva bloccato in pochi istanti. Aveva avuto però l’attenuante, nella sfortuna, di ritrovarsi in un posto lontano da ogni pericolo e di essere quasi mimetizzato alla perfezione alla vista dei suoi abituali cacciatori, che in estate non gli concedevano tregua. Anche i suoi predatori, comunque, non se la passavano particolarmente bene. I mesi di gelo vennero allietati (termine per evidenziare che alcuni strani amano il freddo) da nevicate e gelate, venti da nord e ogni tipo di cosa fredda che potesse concretizzarsi. Lo scologno rimase un pezzo di ghiaccio per mesi, come un surgelato dimenticato in frigorifero, sembrava morto stecchito. Arrivarono i primi tepori, avanguardie della primavera, e lui sempre lì, bloccato, immobile. Secondo le buone abitudini avrebbe dovuto iniziare a marcire, a decomporsi, per lasciar spazio ad altri, ma lui niente. Quando finalmente un giorno il sole non più invernale iniziò a scaldare sul serio e gli restituì la vita, che sembrava avesse perduta, lui aprì gli occhi e si guardò attorno come se fosse appena uscito dalla tana per vedere com’era il tempo. Ebbe l’impressione che non fosse male come aveva temuto, e avvertì contemporaneamente un certo appetito. Ciao, Viz. Ultimamente non sopporto il freddo dell’inverno, le piogge primaverili, il caldo estivo e le nebbie autunnali. Non mi va bene nulla. Non so se questa favoletta che mi sono inventato voleva dirti qualcosa. Decidi tu.

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giovedì 28 novembre 2024

Lo stesso albero

Ciao, Viz. Anche quest’anno l’albero sarà lo stesso. Ha la punta un po' instabile, anche la base è sempre meno solida, ma non intendo in alcun modo cambiarlo né cambiare sensibilmente gli addobbi e le ghirlande se non per pochi particolari, magari con qualche decorazione in cioccolato. Non è solo che mi affezioni alle cose, è che vorrei mantenerle esattamente come le ricordo per trattenere con quelle anche le persone. Che assurdità, perché piuttosto non buttare tutto e guardare avanti evitando di stratificare invece di rinnovare? Niente da fare. Sotto l’albero poi, che non è particolarmente alto e che posizionerò nello stesso posto, accanto alla finestra, ci sarà quello spazio dove metterò qualche pacchetto regalo da aprire tassativamente alla vigilia. Mi piacerebbe farti qualche regalo nuovo, in questo le novità sarebbero le benvenute, ma mi sono vietate dai regolamenti che disapprovo. Regolamenti che dobbiamo subire fingendo che per noi sia la stessa cosa. In compenso non rifarò il presepe, da alcuni anni ho smesso, solo alcune piccole statuine a simulare brandelli di Natività sparsi in giro, su qualche mobile. E poi conservo gelosamente sia le decorazioni dell’albero che si usavano a casa dei miei, in vetro molto delicato, e molto ridotte in numero, sia tutte le statuette con le quali, sempre i miei, preparavano il presepe, e non di rado, da ragazzino, ero io che le posizionavo. Ecco, nessuna novità, si avvicina il tempo dell’avvento, il tempo che da alcuni anni mi piace sempre meno.

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mercoledì 27 novembre 2024

Un aiuto

Ho avuto momenti che non avrei mai voluto vivere. Ho pensato a lungo che mi sarebbe piaciuto andarmene prima di te o, meglio, assieme a te. Questo non è avvenuto. Sono sopravvissuto alla tua partenza, forse non ti ho amata abbastanza da trovare impossibile rimanere, e sono rimasto. In parte mi hai lasciato una responsabilità da rispettare ma anche quell’impegno da mantenere non dipende strettamente da me, è legato alla fortuna, che qualcuno in quest’accezione chiama destino. Quando tu stavi male neppure io mi sentivo bene, ma mi sembrava che la resistenza contro la malattia servisse a darmi un motivo, uno scopo. A volte scordavo la verità e vivevo in un mondo di negazione parallelo. Mi comportavo come se non fosse così che stava andando, fingendo forse, o semplicemente per un’autodifesa. Dopo anni da quei giorni terribili nei quali alcuni mi furono più vicini di altri, ricordo che dopo iniziai a sperimentare un vuoto che non sospettavo potesse esistere, inizio a poterne raccontare in modo più distaccato solo ora. Ed ora, anche se già allora lo avevo capito, mi rendo conto che in mio aiuto immediatamente dopo è arrivata la burocrazia. Le pratiche necessarie, gli appuntamenti in posta, in banca, in comune e con le varie agenzie statali e regionali mi hanno distratto. In quei giorni pre-pandemia inoltre era più facile avere i contatti di persona senza eccessivi obblighi in rete, quindi potevo parlare guardando qualcuno e scambiando anche solo poche frasi di circostanza. È stato difficile ma mi ha distratto dalla tua partenza. Ho dovuto organizzare, decidere, dichiarare, firmare, rimandare, accettare, cambiare. Da allora conservo alcune cartelle di pratiche, vederle ora mi fa male ma in quei giorni mi permettevano di programmare le ore per il giorno stesso e per i giorni che sarebbero venuti. Allora è cambiata quasi ogni cosa e pure le mie priorità sono cambiate. Alcuni fatti recenti ancora risentono di quella mancanza di punto fisso e di confronto che rappresentavi per me ma la burocrazia, allora, mi permise di non capire sino in fondo quello che stavo vivendo. Ciao, Viz. Questo lo sapevi, in parte lo avevi previsto, e so che pure tu preferivi andartene prima di me, anche per motivi pragmatici, e hai vinto tu.

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martedì 26 novembre 2024

Spazzole e torce

L’ho vista, le sono passato accanto un paio di volte facendo la spesa, oggi. Non ha dato segno di riconoscermi e io ho evitato di richiamare la sua attenzione, anzi, ho proprio evitato di trovarmi di fronte a lei nei miei spostamenti. Ora mi chiederai il perché. Non lo so. L’ho vista sorridente, stava con un ragazzo probabilmente suo figlio, e non avevo il desiderio di fermarmi a parlarle. Credo di avere ancora in memoria il suo numero di telefono, ma non la sento da quasi otto anni. Il tempo che passa mi rende superfluo mantenere certi contatti. Lei era una tua collega, ti è stata vicina nei tuoi ultimi mesi, le sono grato per quello, ma poi le cose sono finite. Nessuno dei due ha più cercato l’altro/a. Un po' lo accetto e un po' mi fa rabbia, non cerco logica in questo. Piuttosto cerco altro, ad esempio una piccola spazzola per pulire le fughe tra le piastrelle. E in effetti l’ho cercata, la spazzola, ma ho trovato una piccola torcia elettrica che cercavo i giorni scorsi senza trovarla. Invece della spazzola la torcia. E invece della tua ex collega chi potrei trovare? Probabilmente nessuno, perché non sto cercando attivamente nessuno, non cercavo neppure lei infatti. Per trovare qualcosa o qualcuno sembra sia necessario aprire una finestra temporale nella quale qualcosa o qualcuno fanno parte dei nostri interessi. Se una piccola spazzola, oggi, mi ha destato più interesse di una persona la cosa forse è grave, ma mi astengo dal giudicarmi, mi limito a registrare. Se ci penso ancora provo rabbia, è questa la realtà, è irrazionale ma la vivo così. Se potessi ti spiegherei meglio, ma forse hai capito ugualmente. Penso di essere in fuga. Ciao, Viz.

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lunedì 25 novembre 2024

Gelo

Pochi giorni fa raccontavo di come, quando da ragazzino e adolescente vivevo a Porotto, i vetri della stanza dove dormivo in inverno si riempivano di cristalli di ghiaccio creati dal vapore che gelava appena toccava il vetro. In quegli anni ricordo i piccoli fossi ai lati delle strade che diventavano specchi solidi, e gli alberi resi sculture bianche e gelide.

Ai tempi di Riva del Garda, dove ci conoscemmo e iniziammo la nostra vita assieme, l'appartamento che avevamo in affitto era riscaldato pochissimo da una stufa in cucina che, quando tenevamo aperta la porta, riscaldava anche la camera da letto. Per il bagno dovevamo utilizzare un termosifone elettrico. E quando lavoravo seduto a tavola, in cucina, ad un metro di altezza la temperatura era ragionevole ma sotto quel livello, visto che stavamo su una cantina aperta ai venti senza porte o finestre, il pavimento era gelido e dovevo indossare i doposcì per non congelarmi.

Nei giorni difficili che viviamo oggi non voglio sprecare denaro buttandolo nel camino della caldaia, quindi in casa mi copro molto e, quando sono solo, tengo a lungo il riscaldamento spento. Se ricordi anni fa avevamo la casa caldissima in inverno, ma quel tempo è finito.

Sai comunque la verità qual è? Che il vero gelo è quello nel cuore; al gelo che si misura col termometro si può porre qualche rimedio ma all’altro molto meno. Ciao, Viz.

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domenica 24 novembre 2024

Lo rifarei?

Ora non direi più quelle parole a mia madre, furono cattive, stupide e infantili. Era giovane, non stavo bene, cercavo qualcosa e in un momento di rabbia accusavo lei. Fu uno sfogo irresponsabile andato oltre la normale e difficile dialettica tra figli e genitori. So che in molti casi questo rapporto non è conflittuale, e invidio (e ho invidiato) queste situazioni diverse dalla mia. E adesso cosa direi, cosa farei? A volte mi chiedo a chi io possa assomigliare, da chi possa aver preso pregi e difetti del mio modo di essere, del mio carattere, del mio pormi nei confronti altrui. A volte immagino che molti difetti siano una mia responsabilità, non generati da altri che da me stesso. Se avessi il desiderio di risalire indietro nel tempo, di farmi qualche seduta per capire da dove sono nate certe mie manie, certi vizi, certe debolezze ed inclinazioni magari potrebbe servire, ma farlo adesso che senso avrebbe? Cercando il negativo che tento di nascondere, perché è a quello che penso ora, non saprei darne responsabilità a nessuno dei miei. Da loro ho avuto esempi di serietà e impegno, di fedeltà e sacrificio. Non solo quelli, ovviamente, sai come criticavamo i nostri quando ne parlavamo, come li prendevamo in giro, come vedevamo l’impossibilità di comprensione tra le idee di mio padre e quelle di tua madre. Il positivo mi è venuto dall’imitazione e dall’esempio sempre dei miei e poi di altri, incontrati nel corso degli anni, anche di chi col tempo ho perso completamente di vista. La domanda stupida iniziale, cioè se lo rifarei, ha una sola risposta. In quelle condizioni sicuramente sì. Con le esperienze venute dopo sicuramente no. Ma questo è ovvio e pure banale. Ciao, Viz.

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sabato 23 novembre 2024

In compenso

Nell’imperfezione somma, nell’incapacità insistente di seguire il giusto anche quando nessuno mi vede o mi osserva, esiste una forma di compensazione che di volta in volta mi si offre, spesso inaspettata, per riequilibrare la bilancia. E queste opportunità del destino non posso ignorarle, sono essenziali, mi permettono poi di ritrovarmi, alla sera, con meno sensi di colpa. Non dovrei accettare alcune mie debolezze, ma ci casco e fingo di non farlo. Magari qualcuno mi perdona e mi capisce, sapendolo. Altri magari hanno pronta la certificazione di condanna. Anch’io sono così con gli altri, poco incline al perdono e a dimenticare, sostanzialmente permaloso anche se mi pesa ammetterlo. Quindi, da quel chimico che non sono, tento reazioni che a volte non riescono. Mi manca il catalizzatore, quello serio e importante, quello che fa riuscire perfetto il pane come il lievito, che controlla la cottura ottimale di un piatto con l’attenzione e la precisione del miniatore. Dovrei cambiare, me lo dico da quando ero giovanissimo, dovrei cercare altre vie, dovrei… Ciao, Viz.

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venerdì 22 novembre 2024

So dove sono le risposte

Cosa continui a scrivere, un romanzo? Questo mi chiedevi, troppi anni fa. Non ho mai scritto alcun romanzo, lo sai, adesso lo sai. Ora mi sono rimaste molte delle tue domande, alcune le ricordo bene mentre altre in parte le confondo. E poi ci sono le mie di domande, che ogni giorno aumentano. Ad esempio perché rimpiango alcuni momenti nei quali sono stato male, come quando ho avuto coliche renali? Oppure perché mi mancano i giorni nei quali eri tu che stavi male? E perché ritorno puntualmente a tempi che non ci sono più, in case ormai abbandonate e vendute? Ricordo quella di Porotto, coi vetri della finestra della stanza dove dormivo che in inverno si abbellivano di cristalli di ghiaccio, più belli delle decorazioni natalizie vendute in questi giorni. E perché adesso penso con vergogna a mie azioni di quando avevo dieci anni o poco più? Forse che non dovrei farlo per cose più recenti? Vivo nell’incertezza e nel dubbio, le risposte che a volte ottengo recentemente mi soddisfano solo in parte, le tue mi sembravano migliori, e ovviamente mi mancano. Ricordando una nota battuta di Corrado Guzzanti potrei dire che le risposte sono in me, ma sono sbagliate. Ecco, mi manca in particolare il tuo sorriso, e le telefonate che ti facevo quando eravamo lontani. Mi mancano anche le telefonate ai miei, quasi sempre attorno alle sette di sera. Ma ormai quel numero di telefono fisso non è più attivo da dieci anni. Ciao, Viz.

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giovedì 21 novembre 2024

Il panettone a Natale

Da ragazzino ricordo che in questo periodo si iniziava a pensare al Natale, anche se mancava più di un mese, ma nessuno esponeva ancora nulla che anticipasse le feste. Per quello si aspettava dicembre. Poi si iniziava a cercare calendari, qualche pallina nuova per l’albero o una statuetta per il presepe, ma con calma. Non ricordo di aver mai comprato la "carta roccia" per il presepe, a quei tempi, mi bastava raccogliere il muschio attorno a casa e utilizzare qualche ceppo di quelli che sarebbero poi andati nel camino o nella stufa. Ma questo sempre molto più avanti rispetto ad oggi. Le feste natalizie cominciavano con la vigilia e terminavano la sera del 6. Il giorno dopo riprendevano le scuole. Oggi i panettoni sono in vendita da settembre, le luminarie accese da settimane, e nessun bambino più scrive le classiche letterine di Natale, troppi problemi nelle scuole che devono combinare tradizioni diverse non solo italiane, troppi stimoli a fare altro con i nuovi telefoni e troppe offerte di prodotti dai negozi in rete. Il mio vicino riceve pacchi quasi ogni giorno, ordina di tutto, a parte latte fresco ed insalata. Io mi adatto riguardo ai mutamenti. Alcune cose le accetto, non posso farci nulla, altre le lascio passare sulla testa e mi abbasso per non farmi colpire. Tuo padre, spesso, raccontava di chi non avrebbe mangiato il panettone a Natale. Ecco, questo mi è rimasto di lui, e non solo questo. Ciao, Viz.

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mercoledì 20 novembre 2024

Jacques Brel tra le rose e il rosmarino

Ci sono laghetti alpini che frequentammo mai abbastanza, e passi e rifugi. Ci sono in Italia e in altri Paesi luoghi nei quali lasciammo parte del nostro cuore, con una speranza sottintesa di ritornarci ancora. Ci sono stati festival ormai irripetibili che frequentammo, nei quali ci sembrava di essere a casa nostra e che quel tempo non sarebbe mai finito. Poi tantissime sale cinematografiche, ovunque ci capitava di passare e di avere una sera disponibile, come avvenne a Firenze o in Umbria. Dolci e piatti tipici particolari, ai quali siamo rimasti legati e che abbiamo condiviso come nostro patrimonio comune, senza mai scordare i vini, o le birre. L’insieme della memoria è complesso da gestire, a volte sembra di non ricordare più nulla ma, aprendo una finestrella, ritornano episodi e persone, come se fossero ancora qui con noi, adesso. E in questo modo torni pure tu, con i borghesi di Jacques Brel, con le tante rose rosse o di altri colori, e col profumatissimo rosmarino, l’immancabile rosmarino con le patate fritte. Ciao, Viz.

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martedì 19 novembre 2024

luci

È quasi un anno che ogni sera le vedo, senza differenze tra giorno feriale o festivo, tra estate e inverno. Quando scende la sera quelle piccole luci si riaccendono discretamente. Sono posizionate sul palazzo accanto al nostro, all’ultimo piano in un appartamento sulla destra. Non ricordo di aver mai visto nessuno dietro la cortina di rampicanti finti sulla quale si trovano, ed evidentemente quella barriera svolge perfettamente la sua funzione. L’anno scorso mi avevano piacevolmente stupito per la loro delicatezza, e tra tutte le luci natalizie che vedevo in giro quelle erano le meno invasive. Se non si guardava in quella direzione non si notavano mentre altre richiamavano l’attenzione quasi con prepotenza. Alcuni di noi sembra che debbano partecipare ad una gara con gli addobbi luminosi delle feste, e a volte pure io ho messo ghirlande multicolori e intermittenti, spesso curando più la quantità della qualità dell’insieme. Quelle lucette però, dopo la fine delle feste dello scorso anno, non sono state rimosse, e sono ricomparse accese ogni sera. Le vedo anche adesso, se mi affaccio al poggiolo. È una piccola cosa, per oggi, non ho novità particolari da raccontarti se non che attendiamo la neve, sembra. Le auto devono essere pronte e mi sto attrezzando. Ciao, Viz.

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lunedì 18 novembre 2024

Coincidenze

Per qualcuno non esistono, parlo delle coincidenze. A me capita di interessarmi di piccoli villaggi inglesi dove vi sono chiese anglicane a volte risalenti a secoli fa e poi di ritrovarmi a leggere un libro che parla appunto di una di queste chiese e delle vicende che vi si svolgono all'interno e attorno. In tutto questo mi sembra, in alcuni momenti, di cadere in quel film piacevole e divertente di alcuni anni fa: La famiglia omicidi, con una strepitosa Maggie Smith, un sempre piacevole Rowan Atkinson ma senza scordare Kristin Scott Thomas e vari altri. Il film è di quasi vent’anni fa, alcuni attori sono nel frattempo scomparsi non perché Maggie Smith li abbia uccisi, e pure lei è mancata da poco. 

Ho divagato, come spesso mi succede. Scambio un testo scritto per un dialogo che conservo con te, a tua insaputa. Se avessi capito prima quello che sarebbe successo poi non so cosa avresti pensato, in particolare di queste parole affidate alla lettura di pochi e non solo alla mia (tua) memoria. Mi avresti un po' preso in giro e anche criticato, è il minimo. In questo meta-racconto suddiviso in micro-parti non so restare dentro le righe, è evidente. Questo però non è una coincidenza, so che avviene così per mia natura. Ciao, Viz.

                                                                                            Silvano C.©

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domenica 17 novembre 2024

Km0

Penso ad una bella casa di riposo per anziati, moderna, non come i vecchi ospizi. Ognuno degli ospiti con la propria stanza, e per chi lo vuole anche uno spazio cucina personale. Ovviamente è consigliato stare negli ambienti comuni e socializzare, ma senza nessun obbligo. Esattamente fuori dal suo muro di cinta, discretamente nascosto da una siepe altissima che fa pensare ad un giardino, c’è il cimitero.

Stanco della moglie e di un rapporto che si trascinava da troppo tempo senza entusiasmo iniziò prima inconsciamente e poi sempre più chiaramente a cercare altro. Intendeva dare un taglio col passato, voleva sentirsi giovane e fare cose che non aveva mai fatto prima, magari una crociera, magari vivere in un’altra città. Talvolta chi cerca trova, e lui trovò una donna per la quale provò da subito attrazione. La cosa fu reciproca, divenne quasi subito seria, capì che era arrivato il momento della sua svolta. Lasciò la compagna con la quale stava e creò una nuova coppia. Trascorsero vari anni e il suo entusiasmo iniziale si raffreddò, capì che ormai era stanco di un rapporto che si trascinava da tempo senza entusiasmo e iniziò prima inconsciamente e poi sempre più chiaramente a cercare altro…

Un giorno, in vacanza su una splendida piccola isola, decisi di cambiare un po' aria e di spostarmi in un altro posto, magari solitario, magari chissà chi avrei potuto incontrare, magari un amore che non avevo mai avuto? Iniziai a camminare, mi stupii di vedere la natura apparentemente lasciata in pace dall’uomo anche se il sentiero qualcuno lo aveva creato ed io stavo seguendo esattamente quello. A volte il mare spariva dietro qualche spuntone di roccia o qualche macchia di alberi, poi riappariva, sempre magnifico. Camminai e non mi ritenni soddisfatto pienamente da nessuno degli angoli incontrati sinché arrivai dove avevo sperato, un posto che pensavo solitario e più bello di quello che avevo lasciato. Mi bastò fare solo pochi passi per capire che ero partito esattamente da lì. Ciao, Viz.

                                                                                            Silvano C.©

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sabato 16 novembre 2024

Obbligati ad ammazzare

La vita è strana, non la so definire anche se il secolo scorso fui dottore in biologia. Quello che sembrava semplice dandomi una visione ridotta della realtà, limitandomi a pochi parametri misurabili ed osservabili, diventa incommensurabilmente indefinibile se iniziano le vere domande ed i primi dubbi. Ma si può venire al mondo per uccidere gli altri, della propria o di altre specie, cioè per far finire la vita? Ma che razza di condanna è questa? Ne parla Saramago citando l’aquila e la Morte. Se sapessi dare una risposta seria e completa sarei tra gli immortali, o addirittura tra i mai nati ed eterni, oltre il tempo e lo spazio. Invece sono qui in questo mondo immorale che tenta di fingersi diverso, tra chi aspetta la morte e chi sembra pronto a darla, magari per sua inevitabile necessità o forse per assoluta incapacità di capire il minimo. In certi gialli classici uno dei temi dominanti è la ricerca del movente. In alcuni fatti di cronaca il movente è assente, sembra quasi si tratti di un gioco, del bisogno di un’esperienza diversa o di vincere la noia. L’aquila deve predare se non vuole morire, è la sua natura. La Morte, nella mia rappresentazione che a volte umanizzo chiamandola Signora, lo fa perché qualcuno deve farlo e non prova emozioni. Eppure, non essendo vegano, pure io uccido per vivere, o delego questo compito ad altri cercando di non pensarci. Mia nonna uccideva polli e conigli, la vedevo quando lo faceva, provavo un po' di pietà per quei poveri animali ma poi lo dimenticavo presto, e li mangiavo. Quando assistetti ad un paio di autopsie durante i miei studi rimasi colpito dall’odore dei nostri visceri, e per giorni non potei più consumare carne di pollo o di coniglio, lo stomaco mi si chiudeva e si rifiutava. Qualcuno fa questo di mestiere e non ci fa più caso. Io capii allora che non era quella una delle mie strade future. Resta il mistero, per me senza risposte, del perché si debba uccidere per poter vivere. Ciao, Viz.

                                                                                            Silvano C.©

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venerdì 15 novembre 2024

ha un buco

lo so, non ha un valore venale, è vecchio ed ha pure un buco.

È in canapa, tessuto che ormai non si usa quasi più. Malgrado si pensi erroneamente che la canapa sia ruvida non è così, è morbido e resistente.

Ha un buco perché è stato usato a lungo a casa dei miei, e da quando l’ho preso e portato a casa nostra ho continuato ad usarlo, ed è normale che si sia consumato. Tutto si consuma, anche noi, anche mia madre che lo ha ricamato si è consumata di lavoro e di tempo. Anche tu.

Credo che smetterò di usarlo ma lo terrò nel cassetto accanto agli altri strofinacci più commerciali, non ha senso nasconderlo, non voglio che sparisca, la sua funzione di ricordarmi lei non è finita.

È un pezzo unico, è stato cucito a metà per unire tra loro due strofinacci più piccoli.

Ha due fettucce per appenderlo ai gancetti di cucina, non una sola.

Lo so che è una cosa piccola, quasi insignificante per chiunque, ma mi ricorda lei, partita molti anni fa, molto prima di te. Ciao, Viz.

                                                                                            Silvano C.©

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giovedì 14 novembre 2024

stacco, un poco

Stacca ogni tanto, non lavori a cottimo per produrre ogni giorno qualche nuovo pensiero su paure o preoccupazioni. Non sei tenuto ad indagare tra le ombre che si nascondono dove non vuoi entrare. Non è un vincolo sentirti sempre in colpa per i mille errori che hai fatto e continui e continuerai a fare. Se vivi è naturale che sbagli, è solo la Signora che ti può sollevare da questa eventualità, ed è sbagliando che hai la prova di essere in vita. A forza di sbagliare, devi darmene atto, di tanto in tanto ci azzecchi, è un puro fatto statistico. Quindi tinte meno scure, cieli più azzurri, uscite più frequenti e possibilità nuove, nessun obbligo oltre al normale mantenimento degli impegni per te vitali. Sino a quando avrai almeno uno scopo nulla può essere considerato perduto, nulla. Chi in qualche modo è partito ed ha avuto un senso trova sempre il modo per rigenerare motivazioni darsi continuità. Se non succede poco male, significa che è giusto così e non vale la pena pensarci. Quindi, tanto per staccare e fare qualche cosa di diverso e sicuramente utile, oggi potresti stirare.

                                                                                            Silvano C.©

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mercoledì 13 novembre 2024

Ogni scelta è complessa

Ho chiesto una soluzione a chi probabilmente non potrà mai darmela, non è possibile, non c’è. Non c’è soluzione né chi la possa trovare, serve soltanto accettare e fingere di capire. Per fingere, a volte, sono bravo. Ad accettare un po' meno, mi riesce meglio sparire, non farmi vedere, perché in tal modo non devo preoccuparmi che qualcosa possa trasparire da una parola o da un’espressione del viso. Sparire e guardare il mondo da fuori, interagire il minimo possibile, fare il necessario e l’indispensabile e l’indifferibile, per tutto il resto vedere come evolveranno le cose. Ad essere ottimisti, ciò che non sono, si potrebbe immaginare che andrà tutto bene. Evito di indagare cosa pensano i pessimisti, mi sarebbe difficile esplorare quell’intero universo. Mi piacerebbe piuttosto essere realista, coi piedi per terra, ma il mio pensiero vaga sopra ogni cosa e vivo di emozioni, impressioni e immagini create. Quindi devo evitare di pensare alle soluzioni irrealizzabili e dedicarmi a cosa comprare e dove, a cosa preparare per il pranzo e la cena, per fortuna non solo per me, a tenere in ordine un po' la casa e a non esagerare con l’uso degli occhiali che mi fanno vedere troppo bene dove dovrei pulire. Sino ad ora ho evitato di avere qualcuno per le faccende domestiche come lavare, stendere, stirare, pulire i pavimenti e cose simili. Chiedo aiuto solo a qualche artigiano per i problemi pratici che esulano dalle mie capacità. Mia madre ha lavorato tutta la vita, prima in campagna e poi come domestica in casa di altri. Per me sarebbe come insultarla se chiamassi qualcuno ad aiutarmi adesso. Magari sbaglio, ma lo trovo profondamente ingiusto. Lei si arrangiava, sinché ha potuto, io voglio fare lo stesso. Quindi non dovrei chiedere soluzioni a nessuno, e se l’ho fatto devo smettere. Per tutto il resto sai come la penso, e di come sia complicato capirmi. Ciao, Viz.

                                                                                            Silvano C.©

                           (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

martedì 12 novembre 2024

Tre fossili viventi

Due di questi sono un pesce ed un albero.

Il pesce che mi piace ricordare è la Latimeria, che quando venne pescata nel 1938 creò meraviglia perché di questa specie se ne conoscevano solo esemplari fossili. Da allora ne sono stati trovati anche altri, tutti viventi a grandi profondità. Sono considerati fossili viventi e sono protetti perché rischiano l’estinzione.

L’albero è il Ginkgo biloba, originario della Cina e caratterizzato da foglie con forma bilobata e nervature primitive, senza ramificazioni. Nel caso qualcuna di queste si rompa la lamina fogliare oltre l’interruzione si secca non avendo possibilità di ricevere alimentazione dalle aree vicine. Quando studiavo botanica a Ferrara riuscii a far nascere in vaso una piccola piantina che resistette un paio di anni. Quando te ne parlai come di una pianta particolare e rarissima, cosa che in effetti non è del tutto vera, tu mi prendesti in giro perché di queste piante ne vedevi ovunque, sia al Parco Massari a Ferrara sia in viali e giardini n Trentino.

Il terzo fossile vivente non sto a descriverlo, lo hai conosciuto molto bene. Ciao, Viz.

                                                                                            Silvano C.©

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lunedì 11 novembre 2024

… sapendo di mentire

Onesto sino in fondo mai. Ho un prezzo che non è necessariamente quantificabile in denaro, e uso in parte la menzogna anche per darmi consolazione. Esagero? Non lo so. Immagino che anche altri mentano in qualche situazione, o siano semplicemente reticenti o tacciano. Credo che esista l’onestà e che molti siano onesti, che mi dicano veramente quello che pensano e che si comportino con maggior serietà del sottoscritto. Un semplice esempio poco impegnativo? Non ho mai vissuto l’assenza di pensieri, ne ho sempre avuti, e alcuni sono stati capaci di togliermi la tranquillità o di farmi riposare peggio. Anche i sogni, in tempi recenti, mi accompagnano con maggiore insistenza e confondono il vero col verosimile o con l’immaginario.

Alcuni in passato mi hanno definito splendido o hanno usato espressioni simili, e ne sono loro grato. Sono stato spesso venale e poi ho capito che sbagliavo. Ho mentito a me stesso dicendomi che ero migliore perché tale venivo descritto.

In sintesi posso dire di essere mai stato felice? Probabilmente lo sono stato, e in quei momenti non me ne rendevo conto. Ricordo come se fosse ora quando, passeggiando sulle mura di Ferrara con te, incontrammo il mio relatore della tesi universitaria, allora professore associato credo, ma su questo non sono sicuro. Scambiammo alcune parole, vi presentai, e a me uscì un mah. Lui fu pronto a dirmi: chi dice mah cuor contento non ha. Quindi io, che in quel momento pensavo di stare bene, venivo letto come sostanzialmente non soddisfatto, non felice insomma. Ed è bastata quella frase fatta a farmi dubitare. Non rammento adesso cosa ci dicemmo dopo averlo salutato, quello è scomparso dalla memoria. Per il resto, lo sai, io ti ricordo come mi è concesso, a modo mio, selezionando e rimuovendo, amplificando e rimpiangendo. Ciao, Viz.

                                                                                            Silvano C.©

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domenica 10 novembre 2024

Felici e contenti

In alcune fiabe l’ultima frase spiega che i protagonisti poi vissero per sempre felici e contenti. Essendo fantasia la fiaba, va bene che anche il finale segua la fantasia. Non tutte però finiscono così. Ad esempio certe fiabe che mi raccontava mio nonno quando ero bambino a volte avevano un finale tragico, eppure mi piaceva quando me le raccontava e solitamente chiedevo che me le ripetesse, appena ne avevamo la possibilità. Quel bambino è cresciuto molto, intanto, e quel nonno è partito per il suo viaggio definitivo proprio nei giorni nei quali quel bambino si sposava. Allora però quel bambino era veramente un bambino, ed era figlio unico, prima che arrivasse il fratello. Adesso non saprei dire se allora mi sentissi felice e contento, non so ricordarlo, probabilmente non ci pensavo, non vedevo altri modi e non immaginavo di avere scelte. Associo ogni mia azione di quei tempi all’inconsapevolezza, alla semplice ricerca del piacere, della via più semplice e meno pericolosa. Fu solo il progressivo aggrovigliarsi della mia vita con quella di altri coetanei a complicarmi le cose, ad obbligarmi a capire lentamente e in modo consapevole che alcune cose erano bene ed altre erano male. Prima erano solo dati di fatto appresi senza chiedermene il perché. Ora, molti anni dopo, l’idea di essere felice e contento l’associo direttamente all’assenza di pensieri. Riportarmi indietro nel tempo non mi aiuta. Eppure, testardamente, è quello che ormai perseguo malgrado ogni altra considerazione. E altrettanto testardamente immagino il futuro, un po' mi ci preparo, sperando che vada tutto bene. Ciao, Viz.

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sabato 9 novembre 2024

a volte si sopravvive

Ci sono vari metodi che permettono di non far materializzare le paure. Loro ci provano, non sono soddisfatte di essere semplicemente citate, descritte o temute, vorrebbero realizzarsi, e sanno che hanno qualche possibilità di riuscirci. Pure io so che alcune ce la fanno, e magari non sono necessariamente quelle ricordate più frequentemente. Certe paure sono irrazionali, prive di vere probabilità, e basterebbe ragionare per tenerle lontane. Magari. Magari fosse vero. Non ce la fanno a realizzarsi ma i danni li fanno comunque. Altre paure andrebbero solo prevenute, evitando le situazioni che le fanno nascere. Ad esempio non mi sogno neppure di camminare su un cornicione, di salire su una ferrata in montagna o di lanciarmi con un paracadute; almeno dalle paure che potrebbero venirmi in quei casi so stare alla larga. Per tutte le altre a volte mi arrendo e so che potrebbero sopraffarmi. E allora evito di parlarne, o di farlo troppo spesso. Se ne parlo tento di usare l’ironia per esorcizzarle. E poi provo a distrarmi, con qualche successo, dedicandomi ad altro. So che la Signora mi aspetta al varco, che ci sono mille cose che potrebbero andare storte, lo so. Ma non è che posso stare tutto il giorno ad aspettare il peggio, no? A volte capitano anche cose positive e belle, a volte alcune conseguenze non sono gravissime, a volte si sopravvive. Ciao, Viz.

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venerdì 8 novembre 2024

Delirio emotivo

Fingo di capire e non ci capisco nulla. Tento inutilmente di darmi un contegno mentre attorno tutti quelli che in qualche modo mi si avvicinano capiscono meglio di me chi sono e in quale stato mi trovo: confusione assoluta. Metto in atto strategie che potrei definire palliative, anche se l’aggettivo per me è odioso, e che sicuramente non hanno effetto placebo perché continuo a non sapere esattamente dove andare, cosa fare, quando iniziare e quando smettere, chi contattare e chi lasciar perdere, in quale nuova impresa buttarmi per avere un motivo. Nell’incertezza mi appoggio a quello che mi dava forza un tempo e ai doveri che mi sono rimasti e che non posso deludere. Tuttavia si tratta sempre di un futuro che viene dal passato, e per forza di cose applico modelli che si basano sulle esperienze che ho avuto a volte decenni fa. Chi conoscevo giovane non lo è più, e questo mi fa rabbia. Nessuno ha il diritto di cambiare o invecchiare senza il mio permesso, né nel suo aspetto fisico né nel suo modo di essere. Certi malumori sono inaccettabili, certe problematiche insopportabili, voglio solo persone che sorridano e mi colgano nella mia forma migliore, che mi vedano e pensino sinceramente che sia migliore. Solo così potrò esserlo, migliore, e abbandonare vizi e depressioni latenti. Che tu mi manchi l’ho già detto mi sembra, no? Il guaio è che a volte ho la sensazione che neppure mi ascolti più. Ho fatto male a leggere l’oroscopo, oggi, sembra che voglia accusarmi di vivere nelle nuvole, e in fondo non ha torto. Ciao, Viz.

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giovedì 7 novembre 2024

Sulla luce

Sono appena tornato a casa dopo due passi fuori. Come dicevo ieri l’ho fatto per uscirne, anche se so che è un’illusione. Vivo a Rovereto e attorno a casa non ci sono strade completamente al buio, quindi malgrado il sole fosse già tramontato ho sempre trovato un lampione o un’altra luce accesa a farmi vedere dove mettevo i piedi. Molte finestre ormai erano illuminate, prova che all’interno delle stanze c’era qualcuno. È la luce l’entità fisica che probabilmente associo maggiormente alla vita, anche perché è grazie alla luce che posso vedere, e così capire. Mia madre ha sempre detto che in casa le luci le voleva accese, che dopo avrebbe trascorso anche troppo tempo al buio. Da giovane lei aveva vissuto in case senza l’illuminazione che poi avrebbe avuto più tardi, ed è questa primitiva mancanza che le ha quasi certamente fatto nascere il bisogno di luce più tardi. Io non ho mai vissuto questa sensazione, con la luce ho anche potuto giocare scegliendo il tipo di illuminazione che più mi piaceva. E durante gli anni della camera oscura, quando sviluppavo le foto in bianco e nero, avevo una luce rossa alla quale ero abituato e che mi permetteva di capire ciò che stavo facendo. Mentre l’inverno si avvicina e immagino come sarà quando scenderà la neve, penso che a fare la differenza tra un inverno esteticamente bello ed uno brutto sia la presenza o meno di qualche fonte di illuminazione. Basta una semplice candela o il ciocco in un camino o una piccola lucetta davanti ad una baita a creare la magia della notte con la neve. Sicuramente si esagera ormai con le luminarie natalizie, il motivo è ovviamente commerciale ma tocca volutamente una nostra emozione per spingerci ad allentare i controlli e comprare. Ed è la luce che ogni notte, dove non sei, tiene compagnia a te e a tutti quelli che, neppure loro, stanno lì. Ciao, Viz.

                                                                                            Silvano C.©

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mercoledì 6 novembre 2024

stupidaggini

Ad ogni problema una possibile soluzione, non certo la sola, ma una possibile sì. Per vincere la solitudine dopo una certa età ad esempio, quando si sono stratificate, col passare dei decenni, le abitudini e i bisogni di avere i propri spazi non invasi dall’altro/a puoi decidere di continuare a vivere ognuno nella propria casa vedendosi quando se ne sente la necessità condivisa. Quando capita di perdere un po' la memoria e non si vede una persona tutti i giorni possono nascere curiosità e quindi domande che alla prima occasione si vorrebbero fare. Il metodo che puoi utilizzare è quello della lista della spesa, coi vari temi in sequenza e ordinati per non dimenticarne nessuno, col risultato comico però di sottoporre quella persona ad una interrogazione come se dovesse superare un esame. Valuta se è il caso di farlo. Se il problema è che non ti chiamano, chiama tu. Capirai subito se hai fatto bene o male a farlo. Se non riesci in alcun modo a vedere come uscirne, esci letteralmente da casa e cammina, oppure leggi, oppure tenta di dimenticare. Prima o poi le cose cambieranno, come non si sa, ma cambieranno.

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lunedì 4 novembre 2024

Dove vanno?

Gli uccelli migratori vanno a cercare la stagione adatta alla loro sopravvivenza, lo fanno da millenni, loro vanno e poi tornano, lo insegnano ai nuovi nati che lo trasmetteranno poi ai loro figli. Vanno dove li spinge la loro natura.

Le ombre in pieno sole si nascondono, non hanno i mezzi per mostrarsi sempre, forse sono un po' vigliacche in questo, non saprei giudicare. Il fatto che osservo, e che tutti possono verificare, è che tornano pure loro, quando scende la sera o le luci perdono in parte il loro potere. Alcune ombre mi spaventano, altre le aspetto, altre le ho semplicemente create e non esistono se non nella mia fantasia.

Tutti quelli sempre sopraffatti dagli impegni, ai quali non basta un giorno di 24 ore, li vedo correre per raggiungere la meta che sembra prenderli in giro spostandosi inesorabilmente più lontano. Per alcuni anni sono stato tra loro. Era un tempo diverso. Pensavo di avere il potere nelle mie mani, e pensandolo un po' l'ho avuto. Adesso mi chiedo dove andavo, adesso che sono sempre qua.

Dove vanno a cercare altro chi si muove su enormi navi da crociera, su ogni mezzo diretto altrove, anche sulle ali della fantasia? In questo caso la meta è nota, a volte è scritta su un biglietto o sui social, ma la domanda giusta sarebbe un’altra in questo caso: hanno trovato quello che cercavano?

E poi ci sono loro, che non sappiamo dove siano andati (ognuno la pensa diversamente) e che spesso pensiamo. Ci mancano e noi restiamo con questa e altre domande senza alcuna risposta. Abbiamo qualche idea ma nessuna prova. Ed ogni giorno che passa aumentano solo le domande perché ogni nuova risposta genera troppe nuove domande. Arrivederci, Viz, non ti faccio nuove domande.

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domenica 3 novembre 2024

Ma 'ndo vai

Mi dicono che, ora che sono in pensione, posso andare dove voglio con maggiore libertà, via dalla pazza folla e dai luoghi più frequentati approfittando in particolare della bassa stagione, cosa che gli altri solitamente non possono fare. Già, in teoria non hanno torto, ma occorre avere qualcuno per condividere i viaggi. Molte volte sono andato da solo, anche prima di conoscerti, in luoghi che per qualche motivo mi interessavano, e sono andato anche con persone che, alla fine, non mi hanno lasciato il desiderio di rifarlo con loro. Ho già dato come tipo di esperienze, non sono interessato a ripeterle. Quindi solitamente non vado, o se vado mi adatto a tempi molto brevi. Conosci i motivi. Con te, in questi anni, saremmo stati spesso a Ferrara e da quel campo base ci saremmo allargati attorno a visitare la provincia e tutti i posti che si possono raggiungere attorno, che sono tanti. Tu però hai dovuto partire per un altro tipo di viaggio, troppo presto, hai cambiato le carte in tavola dei miei progetti in maniera micidiale. E poi sono successe cose non previste, oggi ho dei vincoli che mi limitano, non ultima una bella gatta un po' cicciotta che giustamente ha le sue esigenze. Quindi mi muovo meno di un tempo, la cosa mi spiace ma l’accetto. La situazione potrebbe essere diversa e peggiore, quindi va bene così. Vorrei poter fare viaggi invisibili, viaggi impossibili con te, ovunque, senza una meta precisa o prioritaria. Qualcuno ruba i sogni, non so chi sia, io quelli non li so rubare anche se nel mio oroscopo leggo che per indole sono portato a sognare, quindi li vivo confondendoli con la realtà. Leggo più di un tempo, questo è un modo alternativo di viaggiare, e cerco di camminare, arrivo dove anni fa solitamente andavo solo in auto. Senza esagerare, ovviamente. Arrivederci, Viz, al prossimo sogno.

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sabato 2 novembre 2024

I giorni dei morti

Ho una certa idea che non mi fa piacere. Magari sbaglio, ma credo che abbia ottenuto molto di più tu, senza scatti d’ira o inutili nervosismi, di quanto posso aver mai ottenuto io, e questo malgrado a lungo mi sia in qualche modo vantato o abbia semplicemente pensato di fare le cose più intelligenti e, comunque, di essere più furbo; sei invitata a non ridere. A volte ho ammesso gli errori fatti, e di questo devi rendermene atto, ma non penso sia sufficiente anche se è stato meglio di nulla. Cosa resterà di quello che ho detto e di quello che ho fatto? Credo ciò che ho fatto, o meglio, come mi sono comportato. Non sono le parole che educano o lasciano il segno, perché alla fine restano i gesti, le improvvisazioni, le azioni per istinto, le vere rivelatrici. Non posso assolvermi né condannarmi, ma in queste giornate di memoria dei morti, ripensando alle persone che mi sono state più vicine e che ho perduto, un confronto con loro mi viene quasi naturale. Di tutte so che, anche se talvolta mi hanno in qualche modo ferito, mi hanno regalato infinitamente di più. Non si tratta di perdonarle, non è quello che intendo, ma di vedere che la bilancia alla fine pende a loro favore. Ho anche l’idea che quest’anno ai cimiteri sia andata meno gente, e che abbia portato meno fiori. Pure i fioristi sono sempre di meno, come molte altre attività i cambiamenti nei consumi li stanno danneggiando. Arrivederci, Viz, alla prossima vita, se ci sarà.

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venerdì 1 novembre 2024

Pazzi tutto l’anno

Non so cosa pensare delle festività imposte, delle ricorrenze importanti per non dimenticare, delle giornate mondiali dedicate a… Sulle festività imposte e non sentite, sia religiose sia civili, stendo il velo della pietà, tento di non curarmene, alcune non le celebro oppure le subisco. A volte mi fanno piacere come occasione per un regalo, ma recentemente le vivo come un peso che porta memoria dolorosa per le assenze sempre più numerose. E queste assenze mi spingono a perdere il senso della realtà, la comprensione della differenza tra giusto e sbagliato. Delle ricorrenze ipocrite per non dimenticare ne penso male, molto male. Inutile lavarsi la coscienza fingendo di non voler mai dimenticare chi è caduto in guerra, sul lavoro, per una violenza, per uno sterminio di massa. Uno dopo l’altro tutti scorderemo e tutti saremo scordati. Infine le giornate mondiali dedicate a qualcosa di oggettivamente importante ormai sono troppe, molte alla fine sfuggono anche senza volerlo. La cosa giusta forse sarebbe vivere ogni giorno pensando ad alcune di queste giornate o festività e non farlo una sola volta all’anno. Andare al cimitero solo due giorni all’inizio di novembre è tradizione per alcuni ma non per me, io ci vado ogni giorno. Però sarei da curare e da recuperare ad una vita vissuta nel presente e non solo ricordata, quindi io né faccio testo né sono esempio per nessuno. Meglio Carnevale in fondo, che si celebra esplicitamente come presa in giro e tradizionalmente, per una sola volta all’anno, è lecito impazzire. La locuzione latina Semel in anno licet insanire è perfetta per spiegare il concetto, anche se io per certi aspetti sono pazzo tutto l’anno, e, come giustamente detto da Basaglia, nessuno è normale se visto da vicino. Arrivederci, Viz, un giorno ci rivedremo, forse. E mi prenderai per il culo in modo magistrale oltre a farmi pesare la mia stupidità.

                                                                                            Silvano C.©

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