Ho conosciuto coppie unite dalla lavatrice e altre separate
dalla lavastoviglie. Ricordo perfettamente il momento preciso nel quale ho
impresso per sempre nella memoria l’Acero Negundo. Io preparavo il disegno,
procuravo il materiale come stoffa o pelle e lei sapeva cucire in modo perfetto
esattamente come volevo. E in certi rari momenti mi torna alla mente pure un
metodo educativo particolare per impedire ad un bambino di farsela addosso.
Piccole cose che non riempiono una vita ma la costellano di emozioni, di
sorrisi e anche di imbarazzi. E soprattutto di nostalgia. La prima coppia
citata iniziò a capire le affinità elettive quando uno dei due si rese conto di
non avere la lavatrice e la compagna invece sì. E da quel momento iniziò a
lavare ogni cosa lavabile, esattamente ogni cosa, rinsaldando il legame grazie
anche alla ricerca reciproca a fini utilitaristici, che ad essere onesti non si
fermò a quel livello. La seconda coppia invece iniziò la sua convivenza
arredando un appartamento quasi di ogni mobile ed elettrodomestico pensabile,
lavatrice compresa, senza farsi mancare neppure una particolare libreria in
legno di pioppo, esattamente di legno di pioppo. I due però dimenticarono o non
rifletterono sull’importanza della lavastoviglie e fu così che emerse, tra gli
altri problemi, quello dei turni per rigovernare la cucina e lavare piatti,
pentole e quanto sporcato per cucinare. Ovviamente fu solo un motivo
secondario, ma nulla impedisce di sospettare che con la lavastoviglie le cose
avrebbero potuto andare diversamente e forse durare. Il ricordo del Negundo è invece
legato in modo indissolubile al culo a merenda. Nella definizione che sino a
quel momento mi era sconosciuta detto culo è quello che, indossando un certo
tipo di pantaloni non perfettamente tagliati, fa stare tra le sue chiappe la
stoffa e quindi chi mostra il culo a merenda ricorda un po' un panino tagliato
per essere imbottito, e tenuto in verticale. Ecco, per dirla in modo ancor meno
elegante, è come se il culo fosse pronto per una fetta di mortadella. E
ovviamente questa situazione è applicabile a culi maschili e femminili, senza
alcuna prevalenza di genere. E il Negundo? Quasi dimenticavo. Quello che mi
stava spiegando il culo a merenda, osservando l’albero sotto il quale stavamo,
mi disse anche che quello era un Acero Negundo. Mia madre, per andare avanti
coi ricordi, sapeva cucire a mano o con la sua macchina a pedale in modo quasi
professionale, e le piaceva anche ricamare. Se avevo bisogno di una coperta su
misura per un divano e le portavo la stoffa che avevo scelto e poi tagliato,
lei mi cuciva il copridivano esattamente come lo avevo pensato. Lo stesso per
una piccola tracolla da usare per proteggere il flash elettronico di una mia
prima fotocamera. Lo avevo pensato in pelle, e lei mi cucì la pelle come
volevo, stupendo pure me per il risultato finale, migliore di quanto mi
aspettassi. E mi cucì anche altre cose, non tantissime, ma tutte quelle che le
chiedevo. Il bambino dell’ultimo ricordo sono io, ai tempi dell’asilo. Un
pomeriggio, non ne so ricordare il motivo preciso, forse perché mi era stato
vietato di andare in bagno o non so cosa, me la feci addosso in modo pesante,
nel senso che me la sentivo tutta nei pantaloncini e non sapevo come risolvere
la faccenda. Camminavo tra gli altri bambini dandomi l’aria di chi
semplicemente sta curiosando ma questi mi guardavano e poi si
allontanavano. Non ero profumato, per nulla. Quando poi passai accanto ad una
delle suore dell’asilo, l’alone che mi seguiva non le sfuggì. Mi portò nei
bagni, mi fece togliere mutande e pantaloncini, li mise in un sacchetto e,
visto che indossavo il grembiulino che copriva tutto, mi fece uscire così,
senza toccarmi né lavarmi. Quando venne mia madre a prendermi tornai a casa a
piedi accanto a lei in quel modo. Non me la feci più addosso. Ecco, di tante
cose provo nostalgia, come dicevo, di questa no, ma tutto è successo, e tu hai
conosciuto ogni persona coinvolta, suora a parte. Ciao, Viz.
Silvano
C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la
fonte, grazie)
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