lunedì 25 aprile 2016

sorridi




È un segreto che alcuni conoscono, ma non è da tutti saperne applicare il principio.
Sorridere.
Il segreto è solo questo, va applicato appena se ne ha l’occasione, e se questa non esiste bisogna crearla.
Si rischia di essere scambiati per persone leggere, vacue, superficiali, a volte insensibili, ed infatti non bisogna mai ridere di chi soffre, o più in generale degli altri. Farlo è un errore, e saper sorridere è un’arte esclusiva adatta ad una minoranza non stupida né livorosa.

Sorridere con lo spirito dei funerali di New Orleans, o quello della canzone di Jannacci:

Rido, nullatenente rido
per il tuo bene rido
l'amor non sa tacere

Rido, son sempre in rosso rido
faccio la fuga e rido
qualcuno deve avere.

Con l’atteggiamento di una zia di mio padre, abituata dalla vita a non lamentarsi mai, a prevedere le offese che non le sarebbero mancate, ad accettare quelle che aveva avuto, pesantissime, capace di manifestare il piacere di vedere le persone, di sorridere loro e non chiedere nulla. Non era facile per lei, né lo è per chiunque decida di applicare questo segreto, eppure è l’unico modo serio di affrontare la vita, sorriderne.

Non è vero che sorridendo la vita ricambi, è una favola. Lei non muta di un millimetro la strada che ti ha riservato, e non concede sconti. Quello che cambia è il tuo rapporto con chi ti sta vicino, o con chi incontri occasionalmente.
Se vuoi minimizzare è solo un aspetto di forma, ben sapendo tuttavia che la forma quasi sempre nasconde un motivo, cioè è sostanza, è il modo col quale ti interfacci al mondo, col quale gli altri interagiscono con te.

Sorridere piuttosto che avere il volto scuro è come indossare un paio di pantaloni comodi, non appariscenti né troppo costosi, in modo tradizionale, invece di sceglierli troppo larghi e portarli bassi (con la cintura sotto le chiappe, per intenderci) lasciando le mutande a vista ed inciampando negli stessi, mentre cammini o perdendo le scarpe slacciate. È una questione di scelta formale, di come si vuol essere visti dagli altri (da tutti gli altri) o dal gruppo di riferimento soltanto.

Io a mia “zia” regalai una volta una radiolina, e lei mi ringraziò. Poi, un giorno quando ormai non le serviva più, volle restituirmela. Ed io ora la conservo, e quando la ritrovo penso ancora a lei. Proprio ora l’ho trovata, funziona ancora, ma ho tolto le batterie, per evitare che col tempo, scariche, la possano rovinare.  
E, seppure con tristezza, sorrido.

                                                                                                            Silvano C.©   

(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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