È
un segreto che alcuni conoscono, ma non è da tutti saperne applicare il
principio.
Sorridere.
Il
segreto è solo questo, va applicato appena se ne ha l’occasione, e se questa
non esiste bisogna crearla.
Si
rischia di essere scambiati per persone leggere, vacue, superficiali, a volte
insensibili, ed infatti non bisogna mai ridere di chi soffre, o più in generale
degli altri. Farlo è un errore, e saper sorridere è un’arte esclusiva adatta ad
una minoranza non stupida né livorosa.
Sorridere
con lo spirito dei funerali di New Orleans, o quello della canzone di Jannacci:
Rido,
nullatenente rido
per il
tuo bene rido
l'amor
non sa tacere
Rido, son
sempre in rosso rido
faccio la
fuga e rido
qualcuno
deve avere.
Con
l’atteggiamento di una zia di mio padre, abituata dalla vita a non lamentarsi
mai, a prevedere le offese che non le sarebbero mancate, ad accettare quelle
che aveva avuto, pesantissime, capace di manifestare il piacere di vedere le
persone, di sorridere loro e non chiedere nulla. Non era facile per lei, né lo
è per chiunque decida di applicare questo segreto, eppure è l’unico modo serio
di affrontare la vita, sorriderne.
Non
è vero che sorridendo la vita ricambi, è una favola. Lei non muta di un
millimetro la strada che ti ha riservato, e non concede sconti. Quello che
cambia è il tuo rapporto con chi ti sta vicino, o con chi incontri
occasionalmente.
Se
vuoi minimizzare è solo un aspetto di forma, ben sapendo tuttavia che la forma
quasi sempre nasconde un motivo, cioè è sostanza, è il modo col quale ti
interfacci al mondo, col quale gli altri interagiscono con te.
Sorridere
piuttosto che avere il volto scuro è come indossare un paio di pantaloni comodi,
non appariscenti né troppo costosi, in modo tradizionale, invece di sceglierli troppo
larghi e portarli bassi (con la cintura sotto le chiappe, per intenderci)
lasciando le mutande a vista ed inciampando negli stessi, mentre cammini o
perdendo le scarpe slacciate. È una questione di scelta formale, di come si
vuol essere visti dagli altri (da tutti gli altri) o dal gruppo di riferimento
soltanto.
Io
a mia “zia” regalai una volta una radiolina, e lei mi ringraziò. Poi, un giorno
quando ormai non le serviva più, volle restituirmela. Ed io ora la conservo, e
quando la ritrovo penso ancora a lei. Proprio ora l’ho trovata, funziona ancora,
ma ho tolto le batterie, per evitare che col tempo, scariche, la possano
rovinare.
E, seppure con tristezza, sorrido.
E, seppure con tristezza, sorrido.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti offensivi o spam saranno cancellati. Grazie della comprensione.