Voler parlare o scrivere usando veli,
mascherature, allusioni non trasparenti e dissimulazioni non rende facile la
comprensione finale del senso vero di quanto si dice o scrive, e quindi si può
essere fraintesi con una probabilità altissima.
Conosco perfettamente il rischio, e lo corro.
Ho capito del resto che alcuni leggono tra le righe che metto in rete
significati a me sconosciuti, che non sospettavo, e che in fondo non sono
neppure sbagliati. Ho scritto quella cosa, mi chiedo a volte, oppure la mano mi
è stata forzata dalla mia parte inconsapevole ma residente e resistente?
Non avrei risposta univoca, ne sono certo,
quindi lascio perdere, e passo ad altro.
Entro in un negozio, nel quale da un po’ non metto
piede. Guardo, cerco qualche cosa, so che è una scusa, ma lei non lo sa. Lei
forse mi crede un turista, non ne ho idea certa, ed intanto trovo due candele.
La scusa è perfetta; lei me le incarta, io le pago. Prima di uscire la domanda:
-
Da quanti anni manca
suo padre?
-
Da dodici anni, e da
quattro mia madre.
-
Sua madre non l’ho mai
conosciuta, mi spiace, ma ricordo suo padre... Me lo saluti quando lo vede.
-
Mi fa piacere che
qualcuno lo ricordi…
-
Sì, lo ricordo…
Sento la voce instabile, la commozione che
arriva oltre il limite, ed esco giusto in tempo, prima di... Alcune parole in
realtà non le ho pronunciate, ma le ho chiaramente dette, dentro di me, come la
cosa più normale del mondo. Ecco. È normale, assolutamente normale, desiderare
di salutare, ogni tanto, chi da un po’ di tempo se n’è andato. Come è normale
voler sentire al telefono, o ripassare in quella casa e ritrovare tutto come
prima, indietro, sempre più indietro, indietro sin dove serve, al di là di ogni
logica corrente, costringendo il tempo, lo spazio e l’intera fisica a piegarsi
ad un bisogno.
In questi giorni mi chiedo se il presepe, in
parte, rappresenti questo bisogno di piegare le leggi della fisica ad una
necessità mai ammessa di tornare indietro, oltre ogni significato religioso,
che esiste ma che resta diverso. Se mi viene naturale voler mandare i miei
saluti ad una persona che non vedo da oltre 12 anni e con la quale ho scambiato
non tante parole mi rendo conto che tutto è possibile, e l’impossibile ha un
senso.
Nessun ragionamento ontologico o tentativo di applicazione
della logica, solo un desiderio di poter salutare, naturalmente, esclusivamente
perché ne ho voglia e sento giusto farlo.
Mi sento stretto tra convenzioni e flussi che
vanno in una sola direzione.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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