Da
alcuni anni nessuno accetta l’incarico, ed il motivo è evidente. L’isola è
molto “isolata”, e per circa cinque mesi all’anno non è raggiungibile con
alcuna nave. In casi di emergenza, e se il tempo lo permette, può arrivare un
elicottero dopo un volo interminabile. Per il resto gli abitanti stabili, circa
cinquecento, sparsi su una superficie enorme, se la cavano da soli, e vivono di
quanto producono e conservano.
L’arrivo
di Clemente è un avvenimento, quindi, perché un vero medico gli isolani non lo
vedono dalla morte del vecchio Salas, che negli ultimi tempi si confondeva con
le rocce che percorreva per raggiungere, sempre a piedi, i suoi assistiti.
Clemente non si sa dove abbia esercitato prima, ma all’azienda sanitaria non è
parso vero di trovare una persona disposta a trasferirsi in quella ex-condotta persa
in mezzo al mare e gli ha assegnato l’incarico triennale senza troppe difficoltà.
La sua laurea milanese, con specializzazione in medicina interna, è perfetta
per il caso, e quindi ora eccolo lì.
All’arrivo,
ad attenderlo sul molo, un piccolo comitato: la sindaca Dora David, il Giacomo
Marchi, il sacrestano Custodito e la futura vicina di casa Debora (senz’acca)
Stopicci. Clemente non si aspetta tutto questo. È imbarazzato ma non oppone
resistenza quando il Giacomo gli prende senza complimenti l’unica valigia e si
incammina verso il piccolo paese. Prima un brindisi, al nuovo e tanto atteso
medico, nella casa di Dora. Un bicchiere pieno di un vino rosso sanguigno,
forte ed asprigno. Partecipa anche il marito della sindaca, Gustav, che non ha
ancora perso l’accento tedesco malgrado non si sia più mosso dall’isola da
trent’anni. Poche parole, perché non si usa sprecare il fiato, e poi è la
Stopicci che invita il dottore a seguirla. Lei ha le chiavi della casa e dello
studio, e gli spiega che da un paio di giorni arieggia e pulisce, ma che l’odore
di chiuso non se ne vuole andare da quelle poche stanze. E la casa è bella, piccola
ma ben curata, bianca come tutte le altre, e a meno di cento metri da quella della
famiglia di Debora (senz’acca). All’interno i mobili sono scuri, di legno
solido, perfettamente lucidati. Nello studio medico poche cose, e un armadietto
di medicinali tutti scaduti. Era stato avvisato della situazione, ma gli era
anche stato assicurato che la settimana dopo il suo arrivo avrebbe avuto tutto
quanto lui avesse richiesto. E così, dopo pochi saluti, viene lasciato solo in
quelle stanze. Lui, finalmente, si guarda attorno, ed ha pure fame. Il vino
gli ha fatto girare un po’ la testa, ma non gli ha annegato l’appetito, ed ora
non sa come organizzarsi. In cucina trova un frigorifero, una cucina a gas ed
una dispensa. Il frigorifero è vuoto ed il cavo di alimentazione non è neppure attaccato alla presa
elettrica. La dispensa invece è piena di ogni cosa: formaggi, salumi, un grosso
pezzo di pane, vino, e poi fichi, uva, pomodori, peperoni, cetrioli, olive in barattolo,
e anche marmellata, di fichi.
Il
suo primo giorno dopo l’arrivo lo trascorre compiendo un giro attorno, per
presentarsi e capire come rendersi utile. La prima visita è in casa Stopicci. È
la signora che controllerà la dispensa e farà in modo che nongli manchi nulla.
La domenica è invitato a casa loro, per il pranzo del mezzogiorno, ma per il
resto dei pasti si organizzerà da solo. Per la spesa non ci saranno problemi,
troveranno un accordo. Clemente saluta, ringrazia e prosegue, dopo aver chiesto
consigli su quale direzione sia meglio prendere. Cammina per ore, saluta e si
presenta. A volte viene invitato in case piccole e povere, altre in ambienti più
ricercati, ma sempre con cortesia e con l’invito a tornare, e non per una
visita medica, ma per un pranzo o una cena. Rifiutare sarebbe una grave
mancanza di rispetto. La giornata finisce quando lui cede, e torna sui suoi
passi, sfinito, e con il solo desiderio di dormire.
La
mattina dopo, come aveva avvisato tutti, apre il suo ambulatorio, e rimane in
attesa di eventuali pazienti. Sino a mezzogiorno nessuno si fa vivo. Sta per
andare in cucina, per mangiare pomodori e formaggio, quando arriva Oreste, che
ha una vigna ad un paio di chilometri. Lo fa sedere e chiede il motivo della
visita. Le mani. Oreste non riesce più a stringere i pugni di entrambe le mani.
Il medico lo ascolta, lo fa parlare e raccontare, e quello non capisce bene
cosa c’entrino tutte quelle domande strane. Quando se ne va Oreste è scettico,
e pensa che dovrà tenersi il suo dolore alle mani a lungo perché quel medico
non gli ha dato nessuna cura.
Ed intanto Clemente può finalmente andare a pranzo.
Ed intanto Clemente può finalmente andare a pranzo.
I
giorni successivi riceve altre visite, nel suo studio, Camilla ed il marito
Gregorio, la giovane Lungina (che sarebbe stata Luigina, nelle intenzioni della madre, ma poi c'è stato un errore all'anagrafe), poi l’anziana Sofia e pure il marito della
sindaca, Gustav. Li fa parlare tutti, e non prescrive medicine a nessuno. Ed ognuno
di loro se ne va abbastanza deluso, come se lui avesse voluto prendersi gioco
di loro. Nelle settimane che seguono però, poco a poco, Oreste riesce a
stringere sempre meglio i pugni, e contemporaneamente anche i suoi rapporti da
sempre tesi col figlio Simone si fanno più rilassati. Ha iniziato a parlare, con lui,
ed ha capito ed accettato che lui possa desiderare andare via dall’isola, per
cercare di costruirsi una vita altrove.
Camilla
e Gregorio ritornano a dormire assieme, dopo due anni che non lo facevano. Lui russa
sempre, è vero, ma lei ora si mette tappi di cera nelle orecchie, e lui di
notte la cerca.
Lungina,
la giovane Lungina, incapace di accettare sia la solitudine sia le attenzioni
dell’unico giovane che si interessa a lei, con un’emicrania quasi costante,
decide di cambiare vita. Lascia i campi della famiglia, con un certo disappunto dei suoi, e chiede di lavorare
nella sola azienda conserviera dell’isola. È costretta a vestirsi curando di
più il proprio aspetto, deve percorrere ogni giorno a piedi molti chilometri
per andare al posto di lavoro e poi tornare a casa ma, pure a lei, lentamente i
fastidi cessano, e l’emicrania diventa un ricordo, esattamente come l’unico
ragazzo che la vedeva. Nella piccola azienda ha conosciuto meglio un altro
coetaneo.
Gustav
da un po’ perde l’appetito, e soffre di un dolore sempre più forte ai piedi. Quando si
reca dal medico lo fa più per scrupolo, per dire di aver provato pure quella
via, che non per speranza di trovare una vera soluzione. È profondamente
insoddisfatto. Dora ormai lo annoia, anche se la trova un’ottima confidente. Fisicamente
non gli dice più nulla. Non gli suscita nessun desiderio. Vorrebbe scappare da
lei e dall’isola, ma non ne ha la forza né il coraggio. E poi dove andrebbe? È il
caso più difficile che deve affrontare Clemente. Per quello non ha alcuna
soluzione facile. Si limita a far parlare Gustav ed a prescrivergli ogni
mattina, a digiuno, un bicchiere di acqua con disciolta un po’ di polvere
sminuzzata di aspirina, ma pochissima, meno di un decimo di compressa.
Nei
mesi che seguono, sull’isola nella quale nessuno soffre di gravi problemi di
salute, tutti stanno meglio, in modo evidente. Il solo caso apparentemente concluso
in modo negativo è quello di Gustav, che un giorno, senza avvisare né salutare
nessuno, ha preso la nave ed è partito.
Dora
all’inizio non la prende molto bene la cosa, poi riflette ed accetta la
situazione, si adatta a malincuore e guarda avanti.
Ed
intanto passa un anno. Dora riceve la comunicazione riservata che il medico spedito
dall’azienda sanitaria in realtà non si è mai laureato, e che arriveranno un
paio di carabinieri per scortarlo sulla terraferma. Quando questi arrivano
nessuno lo trova né sa spiegare dove si sia nascosto. I militari dopo alcuni giorni se ne vanno
via, e Clemente ricompare uscendo da dove è rimasto tutto il tempo, nella cucina
di Debora (senz’acca).
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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