martedì 15 dicembre 2015

Il platano, ovvero, come fermare il tempo (se ci credi) parlando da soli



 
<< Bisogna essere bravi per fare tante cose, per ottenere riconoscimenti, per essere soddisfatti di quello che si è costruito e degli apprezzamenti legati alla capacità di realizzare oggetti con le proprie mani, all’originalità ed alla varietà degli interessi. Ed è bello, quando si cammina, essere riconosciuti e ricordati. Ricordati con affetto, ovviamente, che dagli altri ricordi io ti consiglio di provare a starne alla larga. Ma poi, per essere sincero, chi te lo fa fare? Tu ammiri certamente qualcuno, lo so, qualcuno che ha ottenuto risultati importanti, che ha saputo puntare bene le proprie fiches e sacrificarsi per una certo fine, che forse avuto fortuna, ma che in ogni caso difficilmente ha avuto sempre quello che avrebbe voluto. Questa è la tua fantasia, che non riesci a levarti dalla testa, manco se ti prendessi a botte. Vorresti scoprire il segreto, la via più facile, arrivare subito alla meta (subito si fa per dire, ti basterebbe realizzare solo una decina di sogni, facciamo una dozzina, è meglio). >>

Quell’albero gli aveva parlato, non sapeva come, ma gli aveva parlato. Cose da pazzi. E gli aveva detto esattamente quello che forse voleva sentirsi dire, come consolazione, come consiglio, come aiuto e presa in giro.
Eppure con le persone ci parlava ancora, pensò, a cosa gli serviva quella pianta? Ma ci parlava abbastanza? Ecco, forse l’albero era intervenuto per coprire un vuoto.
Prima di cominciare a camminare sul serio lo riguardò, era un bel platano, ormai senza foglie, e lo salutò.

Camminò per un’ora buona, arrivando al limite delle sue passeggiate solite, e poi decise di proseguire, superando idealmente una porta che si era materializzata solo per un attimo (cosa decisamente strana). All’inizio nessun segno o indizio particolari, quindi tutto bene, e camminando ritrovò una certa calma che da un po’ gli mancava. Fu solo dopo circa mezz’ora che pensò che avrebbe fatto bene a ritornare indietro, prima del buio. Guardò l’orologio, ma sembrava fermo. E anche il sole non sembrava calato un granché.  
La gente attorno non era diversa dal solito, e ne incontrava poca, lontano dal centro, su una strada che saliva verso la montagna. Quando finalmente incrociò una donna le chiese l’ora, e rimase stupito quando lei gli disse esattamente quella che stava lì, sul suo orologio fermo.

Ma che succede? Un albero mi parla di chi si realizza ed ora il tempo non passa? Si mise seduto, su una panchina che lo aspettava, sapendo, quella, che lui avrebbe avuto voglia di sedersi esattamente in quel punto. Rimase un tempo indefinito così, a fissare le nuvole ferme che però si muovevano. E lui si stava muovendo o era fermo? Nello spazio ora stava fermo, probabilmente. E nel tempo? Fissato alle quattro esatte del pomeriggio, prima che le ombre della sera scendessero, e senza che avessero alcuna intenzione di scendere. Prese il blocchetto per appunti che teneva in tasca, scrisse due cose che poi avrebbe riportato in una forma più comprensibile, a casa, e decise che era il caso di tornare.

Avvertì nettamente il momento nel quale stava riattraversando la porta che non esisteva, istintivamente guardò l’orologio mentre la lancetta dei secondi tranquillamente faceva il suo solito giro su sé stessa. Quando fu a casa gli venne in mente di aver scritto qualche cosa, e riprendendo il blocchetto ritrovò esattamente quelle parole un po’ storpiate che aveva scritto un’ora prima, o forse no, quanto tempo prima?

Ecco. Questo è l’inizio. Un pazzo un po’ solitario che parla con un albero e che si ritrova poi in una bolla temporale dove i minuti non passano, ma nella quale lui vive e scrive e pensa e parla con una donna che incontra. Il seguito narra del giorno dopo, quando lui torna fuori, e tenta di vedere cosa succede ripetendo lo stesso percorso, dopo aver ovviamente salutato il platano.
Il seguito però è solo nella tua fantasia, perché mi auguro che tu non creda a certe favole. Se poi ti senti in crisi per quello che hai fatto o non hai fatto, la cosa peggiore per te è ascoltare me, o un albero, credimi.  


                                                                                                        Silvano C.©   

(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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