Mi
ha sempre affascinato l’idea che osservando più lontano nello spazio sia
possibile andare più indietro nel tempo, non del nostro, ma di quei mondi tanto
distanti da noi da far dubitare persino della loro esistenza. Quei mondi sono
oscuri, ma le stelle vicino a loro ci mandano la loro luce, che quando arriva
ci mostra una foto di com’erano allora, quando la luce è partita. Noi in qualche caso vediamo la luce di stelle
morte, o trasformate in altri corpi celesti. Una luce di tantissimi anni fa.
Ricordo
una spiaggia, vele stese a riparare dal sole, sedie a sdraio mai viste prima,
pericolosissime, pronte ad amputare braccia e gambe se non trattate col dovuto
rispetto. E una prima immersione ad occhi aperti, stupito di poter vedere la
luce, sotto, e pure la bevuta di acqua salata, e donne stranamente seminude e
tranquille, con addosso costumi da bagno simili a biancheria intima. Eppure altrove
non si andava in giro con la biancheria, cioè con mutande, reggiseni,
sottovesti o vestaglie da notte, al mare sì. Stranezze dei luoghi e delle
convenzioni. Esattamente l’opposto della chiesa, la spiaggia.
Mentre
in spiaggia è normale spogliarsi, in chiesa è normale coprirsi di più. La normalità
è la spiaggia, la chiesa o la strada di paese, dove è difficile vedere le
mutande delle signore? Allora la foto era in bianco e nero, si stava in posa,
quella classica, magari con lo sfondo finto degli scogli e delle stelle di
mare, mentre il mare con i veri scogli stavano a fianco, ma non era normale
fotografarli, non era fine, nessuno lo faceva. Foto Eraldo non lo faceva. Eraldo
di nome o di cognome? Non lo so. Dovrei cercare tra le vecchie stampe, forse
scopro il nome completo. Allora la foto era in bianco e nero ma il fotografo la
colorava, e sembrava un colore naturale, quasi.
Un
mese, credo fosse un mese, lunghissimo, con orari rigidi, sempre gli stessi,
colazione, spiaggia presto, poi nella stanza, in un seminterrato che mi
sembrava molto lussuoso, ma probabilmente non lo era per nulla, e poi riposo,
anche se non ero stanco, ed in spiaggia ancora dopo le ore più calde. Più che
vacanze erano una cura, ed era effettivamente quello il motivo, avevo bisogno
di mare. Lo aveva detto il dottore con un fratello dal diverso cognome (colpa dell’impiegato
dell’anagrafe).
Quei
ricordi che ogni tanto tento di scavare sembrano immagini solarizzate, non li
distinguo più bene. Associo l’idea del mare alla noia, alla curiosità per i
corpi delle donne e delle ragazzine, ai gelati la sera, mai di giorno, pare
facessero male. L’idea della cura l’avevo rimossa, ma ora torna, e spiega tante
cose, come cioè l’acqua e la sabbia mi riportano indietro. E poi c’era lei. La ricordo,
certo, non potrei non ricordarla, com’era allora.
Tutte
quelle persone sono scomparse. Quei luoghi non sono più gli stessi. Non esistono
più quelle dune, né le piante che producevano quei micidiali frutti con
tante punte acuminate. È da tanto che non mi pungono. È da tanto che non vedo
quel mare, che non calpesto quella sabbia, che sarebbe diversa, ora, non mi
riconoscerebbe, né io riconoscerei lei. Non ho voglia di tornare indietro, ma
rivorrei rivedere quelli che ho perso, esattamente in quel momento, per sempre.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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