giovedì 27 agosto 2015

L’illusione di trovare l’inizio




Mi ha sempre affascinato l’idea che osservando più lontano nello spazio sia possibile andare più indietro nel tempo, non del nostro, ma di quei mondi tanto distanti da noi da far dubitare persino della loro esistenza. Quei mondi sono oscuri, ma le stelle vicino a loro ci mandano la loro luce, che quando arriva ci mostra una foto di com’erano allora, quando la luce è partita.  Noi in qualche caso vediamo la luce di stelle morte, o trasformate in altri corpi celesti. Una luce di tantissimi anni fa.

Ricordo una spiaggia, vele stese a riparare dal sole, sedie a sdraio mai viste prima, pericolosissime, pronte ad amputare braccia e gambe se non trattate col dovuto rispetto. E una prima immersione ad occhi aperti, stupito di poter vedere la luce, sotto, e pure la bevuta di acqua salata, e donne stranamente seminude e tranquille, con addosso costumi da bagno simili a biancheria intima. Eppure altrove non si andava in giro con la biancheria, cioè con mutande, reggiseni, sottovesti o vestaglie da notte, al mare sì. Stranezze dei luoghi e delle convenzioni. Esattamente l’opposto della chiesa, la spiaggia.

Mentre in spiaggia è normale spogliarsi, in chiesa è normale coprirsi di più. La normalità è la spiaggia, la chiesa o la strada di paese, dove è difficile vedere le mutande delle signore? Allora la foto era in bianco e nero, si stava in posa, quella classica, magari con lo sfondo finto degli scogli e delle stelle di mare, mentre il mare con i veri scogli stavano a fianco, ma non era normale fotografarli, non era fine, nessuno lo faceva. Foto Eraldo non lo faceva. Eraldo di nome o di cognome? Non lo so. Dovrei cercare tra le vecchie stampe, forse scopro il nome completo. Allora la foto era in bianco e nero ma il fotografo la colorava, e sembrava un colore naturale, quasi.

Un mese, credo fosse un mese, lunghissimo, con orari rigidi, sempre gli stessi, colazione, spiaggia presto, poi nella stanza, in un seminterrato che mi sembrava molto lussuoso, ma probabilmente non lo era per nulla, e poi riposo, anche se non ero stanco, ed in spiaggia ancora dopo le ore più calde. Più che vacanze erano una cura, ed era effettivamente quello il motivo, avevo bisogno di mare. Lo aveva detto il dottore con un fratello dal diverso cognome (colpa dell’impiegato dell’anagrafe).

Quei ricordi che ogni tanto tento di scavare sembrano immagini solarizzate, non li distinguo più bene. Associo l’idea del mare alla noia, alla curiosità per i corpi delle donne e delle ragazzine, ai gelati la sera, mai di giorno, pare facessero male. L’idea della cura l’avevo rimossa, ma ora torna, e spiega tante cose, come cioè l’acqua e la sabbia mi riportano indietro. E poi c’era lei. La ricordo, certo, non potrei non ricordarla, com’era allora.

Tutte quelle persone sono scomparse. Quei luoghi non sono più gli stessi. Non esistono più quelle dune, né le piante che producevano quei micidiali frutti con tante punte acuminate. È da tanto che non mi pungono. È da tanto che non vedo quel mare, che non calpesto quella sabbia, che sarebbe diversa, ora, non mi riconoscerebbe, né io riconoscerei lei. Non ho voglia di tornare indietro, ma rivorrei rivedere quelli che ho perso, esattamente in quel momento, per sempre.

                                                                                                        Silvano C.©   


(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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