Ci
sono giorni nei quali ti svegli, un po’ prima del solito, non troppo, solo un po’
prima, perché hai un appuntamento burocratico, un’operazione formale che
sancisce la fine, per una certa realtà che ci siamo creati, dell’avventura
terrena di chi ci ha amati. Qualcuno la chiama modello unico, e sono solo
carte, date, cifre, eredi e conteggi, documenti che restano, dopo che si è
conclusa una vita. Che però rimane, nei segni indelebili, nella memoria, nel
futuro, non solo nel passato o nel presente.
Io
poi ci parlo, di tanto in tanto, quando esco, a volte gli chiedo aiuto, lo
ammetto, quello che io non gli ho dato, e che ora è un macigno ma lui non mi fa
pesare. Non so come definire tutto questo, non mi interessa farlo. E non credo
neppure sia essenziale rispettare certe regole della logica della scrittura, e
mi va bene passare da un discorso generale ad uno personale. Non cerco
definizioni, non cerco regole, non so nulla.
Ci
sono giorni nei quali scopri che è morta una persona più giovane di te, molto
più giovane, e molto più sfortunata nella vita, ma anche molto più forte,
intelligente, capace di accettare con ironia il suo destino, un esempio umano pagato a prezzi altissimi. E ti senti inadeguato, pieno di egoismi e autocompiacimenti, capisci
come sia stupido lamentarsi per un dolore al ginocchio, o per uno dei tanti
acciacchi che prima o poi capitano, vivendo.
Ci
sono giorni che esci per fare due passi, e lo incontri per caso. Lo hai frequentato, in passato, perché i figli si conoscono, e sai che la moglie
sopporta da anni un lento ed inarrestabile decadimento fisico. Lei, così bella
ed elegante, sicura, piena di speranze per una vita serena, costretta a letto. E lo vedi su una carrozzina elettrica, e pensi che non
sia lui, ed invece lo è. Ti avvicini, lo saluti, per i primi istanti non
capisci, hai paura a fare domande, ma lui ti previene. Prima di tutto ti offre la
mano, e poi spiega che sta andando all’ospedale, per far uscire sua moglie, ricoverata
ormai da 15 giorni. Sta andando a prenderla con la carrozzina elettrica, ti dice, e poi viene il verde del semaforo, lui ti offre di nuovo la mano, e
riparte, con uno scarto di lato, e mentre è ormai al centro dell’incrocio si
volta per confessarti che non è ancora pratico.
Ci
sono giorni che iniziano in un modo e terminano in un modo diverso, ma sono poi
sempre uguali ad altri, e più che accettarli per come sono non puoi. Giorni che
si seguono, uno dopo l’altro, e continuano a raccontarti la loro storia, quella
iniziata tanto tempo fa, sempre quella, e sembra che gli ultimi
ricordino perfettamente ciò che hanno fatto tutti quelli prima di loro. Loro lo
ricordano perfettamente, è chiaro, ma non tu.
Ti raccontano un po’ quello che a loro sembra giusto, non ti lasciano
scegliere. Cose che vorresti scordare te le ricordano. Altre non le ricordi
più, sei riuscito a scordarle, ti hanno concesso di farlo, e non lo sai
neppure. Poi ti riportano alla mente cose belle, o che ti consolano, ciò che è veramente
avvenuto, momenti ai quali hai partecipato, che hai vissuto, e persone, tante
persone, tantissime persone… poche persone.
Ci
sono giorni strani, ma capitano tutti i giorni.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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