Guardare
altrove per non vedere è una tecnica che può funzionare, per un po’. Credo sia
pure consigliato, in certi casi, se non altro per rispetto altrui e per non
comportarsi da sciacalli o turisti dell’orrore e della tragedia.
Permette
anche di respirare, qualche ora, per non sentire su di sé il peso intero del
mondo, perché nessuno di noi può pensare di essere Atlante, e neppure
Epistrofeo, che, pur meno noto, regge Atlante stesso con tutto il suo fardello.
Il
guaio è che pur se non osservati i problemi restano, ed hanno la spiacevole
tendenza a complicarsi, non a risolversi in modo autonomo. E se a soluzione
arrivano, a volte non è quella che vorremmo, e che avremmo potuto cercare di
rendere migliore.
Dunque.
Parto dall’origine. Fisso a piacere un momento temporale preciso, ma devo avere
l’onestà di ammettere che potrei anticiparlo, quel momento, semplicemente lo
fisso per poter iniziare, è un espediente, insomma.
L’origine
è una persona che nel paese dove è nata, per vari motivi, non può o non riesce
più a vivere: guerra, persecuzione, lotta tribale, fame, instabilità politica,
desertificazione, integralismo religioso, problemi di salute, aspirazione
legittima a migliorare, e così via. Questa persona, sapendo di rischiare anche
la vita, perché lo sa, quasi sempre lo sa, tenta di arrivare alla sponda del
mare, o alla barriera lunga decine o centinaia di chilometri, sorvegliata e quasi
invalicabile, per poter tentare di passare. Già durante questa prima fase è
preda di trafficanti, fazioni in lotta, predoni ed approfittatori che esigono
il loro tributo, quando non è già la natura stessa, abbastanza indifferente al
nostro dolore, a chiedere di essere pagata.
Arrivata
a questo punto, esaurendo forse gli ultimi risparmi, questa persona riesce a
salire su un gommone, una barca, una nave, e parte verso le nostre coste, o
quelle spagnole o greche (Casi simili, ovviamente sono quelli che vedono la
persona sopra descritta viaggiare su percorsi di paesi dell’est, oppure arrivare
al confine tra Messico e States, o approdare sulle coste di altri paesi visti
come la salvezza, o arrivarci via terra, affrontando viaggi non meno rischiosi).
Adesso
la cosa ci tocca più da vicino, diventa interessante per i nostri notiziari. Una
barca che galleggia a fatica viene soccorsa da una nave da guerra di un Paese
europeo (e questo succede sempre più vicino alla costa africana), per un puro
caso durante l’operazione di salvataggio non muore nessuno, e tutti i 450
profughi vengono fatti salire a bordo, ricevono acqua e poche cose, quindi sbarcati
in un porto italiano. Ora l’Europa ha esaurito il suo compito umanitario, e questa
persona della quale parlavo prima non interessa più alla Comunità europea, deve
restare in Italia. Se arrivano via mare anche un milione di profughi, questi
devono restare da noi.
Intanto
le frontiere si chiudono, tra i singoli Paesi, e in certi casi diventa
problematico il normale transito di persone e cose, perché la marea di coloro che
chiedono aiuto non si ferma.
Attorno
alle stazioni questi disperati aumentano, ed ora che la stagione è calda
dormono anche fuori, all’aperto, sul prato dei giardini.
Camminare
per strada in una grande citta, o anche in un paese di non grandi dimensioni,
ora fa capire quanti ne sono arrivati. Si può aiutarne uno, due, tre, con un po’ di
soldi o un po’ di cose, e poi ci si ferma. Si può scegliere di voltare la testa
da altre parti o di continuare a guardare, ma la situazione non cambia. Si può
diventare xenofobi, ascoltare chi incita al razzismo, oppure resistere e non
voler diventare una bestia, ma poi si rischia il “buonismo”, neologismo orrendo
che dice solo parte della verità.
Qualche italiano
ha subito furti, e malgrado questo si rifiuta di votare lega per cacciare gli
stranieri che cercano salvezza. Qualcun altro trova più comodo pensare che le
soluzioni siano diverse: bombardare le barche, lasciarli annegare, rimandarli
indietro, aiutarli a casa loro (come se avessero ancora una casa e fingendo che
il loro Paese li accoglierebbe, avendone la possibilità, o come se esistesse
ancora, quel Paese).
Ed
ora, se non si gira la testa altrove, è evidente che qualcuno dorme di notte in
una pineta, in un’auto abbandonata, e chi è più fortunato trova
rifugio nella cabina del furgone col quale, di giorno, vende in nero povere
cose per conto di organizzazioni criminali. E tenta magari di risparmiare, perché
tutti abbiamo bisogno di soldi.
Quella
persona sbarcata in Italia da una nave forse norvegese ora non so dove possa
essere. Pare che in Norvegia non sia la benvenuta. Non è la benvenuta neppure
in Italia, a dire il vero, perché è vista come una minaccia per noi stessi, che
già abbiamo i nostri problemi, e non sono pochi, come è noto. E poi perché aiutare
chi viene da fuori invece di aiutare prima gli italiani? Già, perché? Forse perché
chi in Italia ora ha problemi anche di sopravvivenza li ha per colpa di altri
italiani, magari, gli stessi che evadono le tasse, delocalizzano le attività
produttive, portano all’estero i loro guadagni, facilitano gli sprechi e la
corruzione nella Pubblica Amministrazione, trovano interesse nell’accusare
altri di guai che dipendono da loro stessi?
Io
non so come risolvere questa situazione. Servirebbe forse mandare il nostro esercito, sotto le insegne ONU, assieme
a quello di altri Paesi ovviamente, a “pacificare” alcune regioni. Sarebbe
utile una vera Unione Europea, con una visione sicuramente più solidale, ma
innanzitutto con una vera politica estera comune.
Dovremmo ricordare che pure noi fummo migranti, e contribuimmo al benessere economico dei Paesi che ci ospitarono, all’inizio ben poco volentieri, e regalammo loro, in cambio dell’ospitalità, la nostra malavita organizzata, modello unico ed oggetto di innumerevoli imitazioni, molte più di quelle della Settimana Enigmistica.
Dovremmo ricordare che pure noi fummo migranti, e contribuimmo al benessere economico dei Paesi che ci ospitarono, all’inizio ben poco volentieri, e regalammo loro, in cambio dell’ospitalità, la nostra malavita organizzata, modello unico ed oggetto di innumerevoli imitazioni, molte più di quelle della Settimana Enigmistica.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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