Ho
un amico immaginario, che chiamerò Simone. È alquanto sfuggente, cioè non viene
spesso a farmi visita, e quando capita mi racconta, a modo suo, cose sempre nuove
ma per certi aspetti molto familiari.
Raramente
mi parla di casa sua, che ovviamente non ho mai visto, ma l’ultima volta che è
venuto era palpabile la spinta a narrarmi di questa, e di una scoperta recente
che non sapeva spiegarsi.
Come
al solito l’ha presa molto alla lontana, ed ho dovuto pazientare prima di
capire cosa aveva veramente in testa.
Se
lo avessi interrotto con domande su quelli che lui solitamente usa come
argomenti di apertura avrei irrimediabilmente deviato il corso dei suoi
pensieri, lui forse avrebbe perso la motivazione per continuare, magari si
sarebbe spazientito ed io non avrei saputo nulla mentre lui non sarebbe
arrivato alla vera questione. Calma, ed attesa, ma grande attenzione per
cogliere il momento di passaggio, quello dell’inizio del vero racconto. Sarebbe
stato imperdonabile, ai suoi occhi, una mia caduta di interesse da quel punto
in avanti. In alcune pause studiate, o forse del tutto naturali per lui, io
devo dar segno di capire, oppure di chiedere spiegazioni, in caso contrario.
Devo
dar prova di seguirlo, insomma, per meritare che continui a raccontarmi.
Sua
moglie sembra che recentemente abbia smarrito un paio di scarpe da trekking,
comprate ad una svendita la scorsa primavera, messe da parte in un posto
solito, ma poi sparite nel nulla. La cosa è risultata ancor più fastidiosa perché,
avendo bisogno di quelle scarpe, e non avendone altre dello stesso tipo a
disposizione, ha dovuto comprarne un paio nuovo, e stavolta non scontate.
Suo
figlio raccoglie e conserva i regali che gli amici gli fanno, ma non è molto
ordinato, e tiene la sua stanza in uno stato discutibile. Alcuni giorni fa
cercava un gioco da tavolo, una scatola che lui ricorda bene, anche perché era rimasto
incuriosito quando l’aveva vista la prima volta; gli ricordava un po’ il
Monopoli ed un po’ il Risiko. Bene. Sparita nel nulla. Aveva dato una mano per
cercarla, pure con una scala per guardare nei punti più in alto. Fatica inutile.
Simone
in persona poi si era messo in testa di provare a far foto con il cavalletto e
l’autoscatto, in modo da annullare gli effetti del movimento della mano sulla
fotocamera, e ovviamente era andato nel sottotetto dove conserva da anni la sua
vecchia reflex ormai in disarmo, dopo l’avvento del digitale. Accanto alla
reflex tutti gli obiettivi, il cavetto flessibile, i filtri e l’oggetto della
ricerca: il cavalletto. O meglio, l’idea del cavalletto. Quello, che il
mio amico è certissimo dovesse stare in quel posto, lì non c’era. Altri tentativi
di trovarlo si erano dimostrati del tutto infruttuosi.
Io
mi sono dimostrato correttamente partecipe per queste vicissitudini, cercando
di capire meglio i particolari, ma mi sono reso conto che quanto sino a
quel momento narrato era solo la premessa.
Infatti
lui ha continuato dicendomi che aveva trovato poi ogni cosa, ma senza la
corrispondente aria soddisfatta che avrebbe dovuto avere in quel caso.
Gli
ho chiesto spiegazioni precise stavolta, perché non capivo più il senso di
tutto quanto stava dicendomi. Ed allora finalmente è stato chiaro.
Lui
aveva trovato ogni cosa esattamente la notte prima. Si era alzato dal letto con
un’intuizione che doveva verificare subito, e si era mosso con sicurezza nel
corridoio senza accendere i faretti perché la debole luce che filtrava da fuori
grazie all’illuminazione di città era sufficiente a farlo muovere senza
difficoltà. All’angolo aveva aperto la porta, era entrato, stavolta aveva
pigiato sull’interruttore e aveva visto subito la scatola azzurra del gioco che
cercava il figlio, le scarpe nuove, ancora nella scatola, della moglie, il suo
cavalletto appoggiato sul pavimento con i suoi tre solidi piedi. Ed aveva visto
anche un album di fotografie, un frullatore ad immersione, un libro di Henri
Laborit, un cordless, una scatola di minutaglie da ferramenta e tanto altro. Soddisfatto
aveva spento la luce e chiuso la porta, poi era tornato a letto.
Il
mattino dopo, appena alzato, non aveva più trovato quella stanza. Io l’ho
guardato stupito e non ho fatto domande. Non servivano.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti offensivi o spam saranno cancellati. Grazie della comprensione.