Sino
ad alcuni mesi fa sintetizzavo un mio particolare sentimento di appartenenza e
di legame nella considerazione di avere il cuore diviso tra i luoghi che amavo,
e che questi erano due: Ferrara, dove sono nato ed ho vissuto nella prima parte
della mia vita, ed il Trentino, dove vivo ora.
Recentemente
mi sono reso conto che questo è un pensiero riduttivo. È troppo limitato
legarsi ad un unico luogo (o anche a due), e inizio a pensare che sia pure
sbagliato. Non intendo negare il giusto amore per il paese (o la città) che ci
ha visto nascere, per la sua cultura e le sue tradizioni.
Ritengo
naturale valorizzarne gli aspetti specifici in difesa di tutto ciò che lo rende
unico, che si tratti di prodotti tipici, dei monumenti storici, del paesaggio o delle iniziative anche folcloristiche utili per richiamare turismo e
contribuire così a mantenere viva l’economia locale. È tutto perfettamente
corretto, perché le nostre radici sono e resteranno sempre importanti.
Il
fatto è che mi sento sempre meno cittadino legato ad un posto particolare e,
contemporaneamente, cresce in me la sensazione di essere non solo ferrarese e
trentino, ma anche sardo, greco, carpigiano, piacentino, tedesco, francese,
danese, olandese, inglese…
Qualche
cosa è arrivata a farmi cambiare idea, a spostare i pensieri, ad allargare
orizzonti ideali.
Da
quando tu sei andata via per sempre, e non sei più fisicamente accanto a me, io
ho perso parte degli interessi ai quali mi sentivo legato da sempre, o pensavo
di essere legato. Un appartamento nel quale avevamo investito tanto (in molti
sensi) ora mi preme di meno, molto meno. Rivedo con lo stesso piacere i posti
dove sono nato, ma non sono più esclusivi come un tempo. Ora la mia terra è
ogni luogo nel quale, anche solo parlandone, sono stato con te. Quella, un po’,
è anche casa mia. Casa mia è anche dove è stato nostro figlio ed io non sono
mai arrivato (noi non siamo mai andati).
Non
oso dire che casa mia è il mondo, perché molte sue parti mi sfuggono, non le
conosco, non le vivrò mai e probabilmente alcune non sarebbero adatte a me. Però
casa mia è in tanti posti.
E
poi sento che vi è un pericolo nascosto nel troppo amore per la propria terra,
una possibilità, non certo una necessità o una conseguenza certa.
È
possibile cioè trasformare in esclusione ed allontanamento dagli altri la
difesa delle proprie tradizioni e della cultura a noi più familiare. Non è
automatico che avvenga, ma può capitare.
Ad
esempio si può esagerare al punto di smettere di essere curiosi di conoscere
chi cucina, prega, legge e pensa in modo diverso, e cominciare a credere di
essere noi gli unici ad avere dalla nostra la ragione e la storia. Si potrebbe
arrivare dal razzismo inconsapevole all’ottusità indotta e pericolosa, incapace
di avvicinarci alla soluzione corretta dei problemi difficili del nostro tempo
di transizione con nuovi equilibri ancora da raggiungere e poi sedimentare, con
generazioni in parte smarrite, in parte già in viaggio per altrove.
Il
mio cuore resta diviso, certo, ma in tante piccole o piccolissime parti, e non
so dirne il numero preciso. Malgrado ciò alcuni mutamenti fanno paura pure a
me, non sono pronto ad accettarli anche se ormai sono in atto. La chiusura
quasi automatica è un errore irrazionale che mi si presenta come buon senso. Spero
che la curiosità mi salvi e mi auguro anche di ritrovarti nei luoghi dove siamo
stati, oppure di poter pensare che in quei posti forse ti incontrerei.
Silvano C.©
(La
riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte,
grazie)
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