La narrazione è tutto quello che hai, che
rimarrà, e che ha importanza. La tua narrazione, come tu avrai affrontato la
felicità ed il dolore, come avrai trasmesso quello che hai imparato, e non con
le parole, bada bene, anche se è vero che le parole hanno un peso, e contano,
accidenti se contano…
Con le tue parole credi di insegnare, e non
insegni quasi nulla, al massimo una certa proprietà di linguaggio.
Quando hai studiato, poi, pensi di diventare
importante per il titolo che ti sei guadagnato, ma quello conta solo dal punto
di vista burocratico, non ti definisce, ed infatti gli amici che avevi prima
non ti considerano in modo diverso, ti conoscono per ciò che sei.
È come ti narri che resta, che ti fa speciale,
che ti guadagna il rispetto o, mi auguro non sia il tuo caso, il disgusto e la
disapprovazione.
E la narrazione è sì la favola che racconti,
che vuoi trasmettere, e contiene i tuoi sogni e le tue illusioni e le tue
speranze e anche le tue paure, ma è anche tutto quello che non comunichi con le
parole.
Quando perdi la calma, quando ti penti e chiedi
scusa (spero tu lo faccia, se serve), quando fai un regalo apparentemente inutile,
quando ti sfoghi oppure quando trattieni ogni cosa dentro, quando lasci passare
una persona davanti a te, quando fingi di non vedere o ti nascondi…
Ogni cosa poi conta, anche quel rifiuto, quella
richiesta muta, quel sorriso. Il sorriso che hai regalato o che hai accettato.
A me piacerebbe narrare ogni cosa, e narrando
cambiare ogni cosa, esattamente nel momento che la racconto. Ma non posso, ed è
meglio che non sia così. Non saprei sopportare il peso della conoscenza, e non
saprei dare ad altri le brutte notizie, perché il poter modificare implica che
io conosca, altrimenti potrei fare solo danni. Chissà come vive un vegetale,
cosa sente, cosa lo spinge verso la luce, o verso l’acqua. È solo chimica e
fisica? Definire la vita è quanto di più complesso possa esserci, ma anche
definire una semplice goccia d’acqua
non è poi tanto facile, e conoscere veramente ogni cosa, rimane solo una
semplice utopia.
Alla fine è fortuna, immagino, l’ignoranza, che
permette a me ed a te di pensare che, alla sera, ogni cosa è compiuta, che si è
fatto il possibile, che abbiamo narrato quello che volevamo, e possiamo pensare
al domani come ad un nuovo giorno nel quale molto è possibile, anche realizzare
qualche sogno.
Eppure rimane sempre il desiderio di raccontare
una favola, ed è un desiderio forte, forte come quello di sentirla ancora, una storia
fantastica, raccontata da quella voce, e rivedere quel viso, esattamente come
se succedesse ora, accanto ad un camino, in un tempo fermato per sempre. Oppure
di ritrovare quella carta col re di bastoni, che un po’ spaventava, pensando
che quel re potesse veramente usarlo il suo bastone.
Silvano
C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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