Non ha senso provare orgoglio per una città che
soffre, eppure, anche se ormai lontano per scelte e necessità di vita, è il
sentimento che provo per essere ferrarese di nascita. Difficile da spiegare, perché
nella mia ignoranza abissale ancora oggi non so troppe cose della mia città
natale.
Le persone prima di tutto mi ci hanno legato in modo indissolubile, e l’assenza
di alcune ora si è trasformata in un legame ancora più forte, smaterializzato,
diffuso, invasivo. E quel legame non è stato messo in discussione da liti
familiari, da lontananza forzata, da tradimenti, da furti e terremoto (evento,
quest’ultimo che mi ha toccato e mi tocca molto da vicino). Neppure il diverso
rapporto con gli amici, che si è evoluto nel tempo, è valso a farmene allontanare
nei pensieri.
E poi perché orgoglio? Provo a spiegarlo. Senza
nulla togliere dei troppi difetti diffusi tra i ferraresi lamentosi e bestemmiatori,
razzisti ed egoisti, furbi come tutti gli italiani nel senso negativo del
termine, non posso che accettarlo. Ferrara non è mai stata Roma, Firenze,
Milano, Napoli o Venezia, ben più importanti nel corso della loro storia, senza
far torto alle altre città italiane che possono vantare forse maggiori pregi e storia
più blasonata. Eppure, se penso ad un secolo breve, quello che fece di Ferrara la capitale di un Ducato importante, con Borso, Ercole I, Alfonso I, Ercole II e Alfonso II,
non posso non sentirmi, anche se per luce riflessa, erede di quella grandezza, ed
orgoglioso.
L’ultima disavventura della Cassa di Risparmio di Ferrara, coinvolta con altre banche in una liquidazione coatta
amministrativa, ha messo in ginocchio un’istituzione, la Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara, che ha operato per poco più di un ventennio nel campo
culturale, promuovendo personalità e aiutando la conservazione dei beni artistici.
A leggere la rivista pubblicata dalla Fondazione, reperibile anche in rete, si intuisce il capitale enorme ancora a disposizione dei
ferraresi e che l’ingordigia papale, lo spostamento degli Estensi a Modena, le
razzie e le demolizioni di Napoleone e di altri con i loro eserciti eserciti non hanno potuto rubare.
Ora le amministrazioni comunali si dibattono
tra problemi economici enormi, palazzi importanti necessitano di interventi
urgenti, i giardini di un tempo sono stati trasformati in orti, la grandezza e
l’opulenza sono finite, eppure Ferrara resta grande, e non solo nella memoria. Non
è una semplice fermata ferroviaria tra Bologna e Rovigo, e non è solo Bassani o
l’Addizione Erculea, la tradizione ebraica o l’intreccio delle stradine
medievali. È molto altro.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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