Sai che ho guardato il mio orologio ed ho controllato
la data? Bene, indica il giorno 30, e non so a che mese si riferisca quel 30. Potrebbe
essere del mese scorso, se non fosse che era febbraio, e quel mese non arriva a
tanti giorni, neppure in un anno bisestile. Allora ho fatto qualche calcolo, e poiché
l’orologio ha un datario di 31 giorni è evidente che era da un po’ che non lo
aggiornavo (A me solitamente basta sapere l’ora e a quel piccolo quadratino non
ci faccio caso). Se ogni mese avesse 31 giorni un anno ne conterebbe 372, cioè
7 in più del normale. Quello attuale però è un anno bisestile, e in tal caso sarebbero
solo 6 i giorni in più. Quindi, se il mio datario dice 30, significa che io non
l’ho aggiornato in febbraio, facendolo restare indietro 2 giorni. Poi non l’ho aggiornato
neppure nei mesi di 30 giorni. Cioè, andando indietro nel tempo, novembre,
settembre, giugno e aprile. A questo punto mi sembra probabile che sia almeno da
aprile 2015 che non spingo quel piccolo pulsantino per far avanzare correttamente
la data.
Ed ora ho accumulato un piccolo capitate di 6
giorni tutti miei, da usare al bisogno, perché li ho risparmiati, ed io seguo
me stesso, mi guardo a distanza, con la possibilità di prevedere il futuro di
quasi una settimana.
Vivo, con l’orologio, un tempo che è già
trascorso, e, al contempo, se mi guardo attorno, torno nel presente. Condizione
invidiabile, per certi versi, o da schizofrenia, a voler essere meno
indulgenti.
Eppure sarebbe bello poter disporre tutti di un
piccolo capitale di giorni, risparmiati in questo o in altri modi, da usare
quando servono. Magari da prestare o regalare, o da farsi prestare, trovando le
vie per realizzare questa strana banca del tempo.
Sarebbe un bel regalo da fare a qualcuno,
credo, e del tutto originale, perché, oggi, se desideriamo regalare ad altri un
po’ del nostro tempo, possediamo solo il metodo tradizionale, quello che
prevede la nostra presenza, in contemporanea, ed intanto il tempo reale scorre
nell’unica direzione che ci è concessa, sempre in avanti, senza rallentare né accelerare.
Le fotografie ci riportano ciò che è stato, ma
solo come memoria. La fantasia ci proietta in quello che sarà, ma così ogni
previsione risulta azzardata.
Ed il presente è il mio dito che scorre, come quello
di un alunno che impara a leggere, sulle righe che raccontano storie, favole,
tragedie e grandi imprese. Vorrei imparare a leggere di nuovi mondi, di giorni
regalati e ricevuti, di rancori sciolti da un sorriso e di mille amori, tra
quelli possibili, tutti realizzati e serbati attuali, riportando il datario e
le lancette esattamente dove è bello che siano, al posto giusto, e ridere, di
ogni cosa, perché è giusto riderne, lasciando la tristezza ad intristire da
sola senza contagiare le giornate di oggi e di domani, e sparendo poco a poco
anche dalla memoria di ieri. In fondo non mi sembra di chiedere troppo.
Silvano
C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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