Aveva un bel da fare in quegli ultimi giorni, in quegli ultimi mesi, in quegli ultimi anni.
Si guardò nello specchio di sfuggita, s’intravide e andò
oltre, verso la cucina, abbracciando un catino pieno zeppo di panni da
stendere. Poi si fermò, tentennò, fece un passo deciso e di nuovo si fermò,
lasciando il passo sospeso nella pantofola foderata di morbido peluche, troppo
leziosa per l’aria dimessa che si portava addosso.
Respirò e si chinò, lasciando poi il catino sul marmo
dozzinale, infine si rimise dritta e tornò allo specchio. Guardandosi riflessa
lì dentro, si scostò i capelli dal viso e così rimase, un po’ attonita.
Poi prese a guardarsi da ogni prospettiva cercando di
cambiare prospettiva e luce. Accese e spense le lampade mettendosi davanti allo
specchio in ogni posizione, ma niente.
Le riusciva veramente difficile riconoscersi.
Non capiva dove fosse finita quella di un tempo, la ragazza con
velleità di pittrice che aveva perso la testa per un ragazzo che cantava nella
rock band della parrocchia. (continua a leggere, sul blog Bibolotty Moments)
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