Una porta di fortificazione veneziana ora sembra solo storia, richiama immagini epiche e romantiche, ma nasconde, dietro, anche se invisibile, il grande dolore. Eppure ammiriamo quella fortificazione, anche secoli dopo la sua erezione da parte di una potenza che è ormai finita, e la manteniamo con cura proprio noi, che discendiamo dai dominati da quella potenza.
Capiamo che senza la nostra storia ed il nostro passato
diventiamo più poveri, ed indaghiamo, tornando indietro nel tempo, immaginando
forse di rivivere ad antichi fasti (inesistenti se non per i fortunati), e
tentiamo di preservare, proteggere, conservare, restaurare e tramandare.
A volte mi chiedo se tutto questo sia veramente corretto, e
se non sarebbe meglio agire come alcuni fanatici che distruggono tutto quanto
di preesistente la loro cultura.
Sicuramente come loro no, è evidente, non ci si dovrebbe
neppure porre la domanda, forse. Eppure, una parte di ragione la trovo.
La mia motivazione tuttavia è esattamente all’opposto della
loro.
Io vorrei poter eliminare tutto quanto crea un legame
zavorrato con una modalità di pensiero conservativo e reazionario, liberandoci
finalmente da convinzioni antiche e pericolose che ripropongono sempre modelli
inalterati, legami con radici egoiste, proiezione non nel nuovo ed inesplorato
ma nel già visto, nel già sperimentato.
Assurdo, ovviamente. Senza un passato conosciuto si è
destinati a ripercorrerne gli errori. Ed allora?
Come volare finalmente liberi ma allo stesso tempo
conservare quella fortificazione che, inevitabilmente, crea anche il diverso,
il lontano, colui che non ha quella tradizione?
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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