Amici sin dall’infanzia, entrambi ferraresi, interventisti e
impegnati durante la grande guerra con incarichi diversi, poi entrambi
congedati col grado di capitano. In seguito affascinati dal fascismo, anche se
il primo cattolico ed il secondo ebreo.
Balbo era violento, arrivista, politicamente spregiudicato, coraggioso,
capace di organizzarsi, di arrivare al potere e poi di operare una metamorfosi
sulla sua stessa immagine. Renzo invece sempre amante dell’ordine e della
legalità, spinto dall’amore per la sua città, attento ai valori della famiglia
e dell’amicizia, ma nel senso più alto del termine.
R.Ravenna, V.Emanuele III e I.Balbo-Ferrara, 1933 |
I due erano diversi, in tante cose. Sicuramente Italo aveva
il carattere più forte, dominante, capace di riconoscere le persone sulle quali
fare affidamento, e Renzo, invece, pronto ad impegnarsi con entusiasmo, a
vedere nell’amico un uomo nel quale credere, a seguirlo nelle sue scelte
politiche, ma non nelle sue violenze, che sembrava non capire, o non vedere.
Eppure due persone legate in modo indissolubile sino alla
morte di Italo, avvenuta nel 1940, e anche dopo, sino alla morte di Renzo, nel
1961.
I primi anni 20, per Italo Balbo, erano stati quelli
dell’affermazione del fascismo squadrista, a Ferrara e in varie altre zone del
nord (Don Minzoni fu ucciso forse su suo ordine, anche se la cosa non fu mai
dimostrata in tribunale, neppure a guerra finita).
Li univa però il legame fortissimo con Ferrara, e di quella
città di provincia, della quale uno fu il gerarca assoluto e l’altro il
podestà, per circa 12 anni, entrambi tentarono di farne una capitale culturale
dell’Italia del ventennio. Le motivazioni che li spinsero furono probabilmente
diverse, ed entrambi ne ebbero infatti frutti ben diversi.
Balbo ne ottenne il potere e la consacrazione, e venne
considerato il solo uomo in grado di oscurare la figura del Duce. Ravenna
dedicò invece la vita alla sua città, la governò in modo onesto ed attento,
senza alcun guadagno personale, con le uniche colpe di essere fascista (cosa certamente
imperdonabile, storicamente, perché incapace di prevedere i danni che questa
ideologia avrebbe prodotto, non ultime le leggi razziali e l’entrata in guerra)
ed ebreo.
A quel tempo furono tanti, a dire il vero, ad essere
fascisti ed ebrei in città, ma solo lui raggiunse un tale potere a Ferrara.
Bassani non lo perdonò mai di questo, e lo criticò ampiamente.
Ora però, dopo tanto tempo, anche se quella storia non è
ancora stata elaborata come sarebbe necessario, Balbo appare come l’eroe
coraggioso (senza dimenticare le sue colpe già ricordate) caduto da aviatore,
al quale sono stati concessi onori e riconoscimenti, mentre Ravenna è lo
sconfitto, l’uomo tradito da quasi tutti, anche dallo stesso fascismo nel quale
aveva creduto ed al quale aveva dato le sue energie migliori, la vittima delle
leggi razziali. Anche Ferrara lo ha tradito, non riconoscendogli, in vita,
quanto di positivo aveva fatto per essa.
In quella immane tragedia che fu il fascismo, tuttavia,
senza scordare le responsabilità oggettive e morali innegabili di Italo e
Renzo, mi piace pensare all’amicizia vera che li legò. Italo difese l’amico in
ogni modo possibile, e non mancò mai di mostrarsi vicino a lui, anche quando
dovette abbandonare la carica di podestà.
Si fidavano, erano disposti a rischiare, l'uno per l’altro, ognuno a modo suo. La storia è fatta di cose più gravi, più importanti, ma alcuni, anche mentre la storia travolge tutto, non scordano l’amicizia.
Si fidavano, erano disposti a rischiare, l'uno per l’altro, ognuno a modo suo. La storia è fatta di cose più gravi, più importanti, ma alcuni, anche mentre la storia travolge tutto, non scordano l’amicizia.
Silvano C.©
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