Le diapositive di quel periodo nel quale smettemmo di scattare normali fotografie da stampare, una penna stilografica, il souvenir della Jugoslavia, una tua camicia rotta, una mia maschera subacquea con boccaglio di più di quarant’anni fa… potrei continuare l’infinito elenco semplicemente annotando quello che vedo entrando in una stanza, una qualsiasi stanza, magari aprendo qualche cassetto, rovistando in uno scatolone. Dovrei buttare senza pietà per me stesso, che la pietà per gli altri in questo caso non c’entra. Magari dovrei per non costringere altri a farlo al mio posto, me l’hanno detto. Però questo l’ho fatto già per altri, ho già buttato quello che i miei non avrebbero mai gettato, faceva parte della loro identità e ricordava un percorso unico ma sovrapponibile a quello di tante persone. Delle loro foto a Venezia, in molte delle loro toccate e fuga in quella città ormai irraggiungibile come lo era allora, io ne ho varie copie, sempre nelle stesse posizioni e nello stesso luogo. Scelgo di non scegliere, la vita lo farà malgrado me e io, come tutti, lo subirò. Alcune cose le vedrò altre no, forse le capirò o forse, negli ultimi tempi, neppure mi renderò conto di esserci ancora. Non ho molte alternative su alcuni aspetti della vita, si tratta di una dicotomia binaria senza sfumature, tutto o nulla. Aspetto. Ciao, Viz.
Silvano C.©
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