Era cresciuta coi nonni, mentre i genitori
andavano al lavoro, e per lunghi anni era rimasta molto più legata a loro che
al padre ed alla madre, creandole dentro una stranissima ed anomala
biforcazione di affetti familiari. Chi cucinava in casa era la nonna, era lei
la donna di casa, ed era sempre lei che la seguiva nel corso delle lunghe
giornate di bambina.
Della madre ricorda l’affetto, certamente,
ma anche i rimproveri, i richiami, le sgridate e gli scatti d’ira. Ricorda
anche le discussioni infinite tra la madre ed i nonni, con accuse e
rinfacciamenti che lei non capiva o non voleva capire.
Al nonno poi era legata ancor più che alla
nonna, perché molto raramente le muoveva anche un seppur minimo richiamo, e gli
bastava uno sguardo, il tono di voce o una battuta per farla rigar dritto, o
darle coraggio e consigliarla nel modo giusto.
In seguito col nonno, diventata un po’ più
grande, aveva scoperto il cinema, e lo accompagnava spesso quando, ormai
anziano e malato, andava a trovare i suoi conoscenti o faceva lavori nell’orto.
Molti anni dopo, trasferita lontana da casa
per lavoro, aveva fatto in modo che potesse venire a trovarla in alcune
occasioni, accompagnandolo sia nel viaggio di andata sia di ritorno. Lui, che
aveva fatto la guerra ma che in fondo aveva girato ben poco il mondo, ed anche
l’Italia, vedendo le montagne e le case o i paesi arrampicati su quei pendii
una volta chiese, seriamente:
“Ma ci abita gente in quelle case?”
Quei giorni furono piacevoli, per lui ma
ancor più per lei, che lo presentò agli amici, gli fece conoscere posti nuovi,
e vide la curiosità delle scoperte nei suoi occhi.
Un amico, che allora aveva una cinepresa
super8, una volta filmò la comitiva alla quale partecipavano anche lei e suo
nonno in una spedizione verso una baita di montagna, mentre lei semplicemente
si accontentava di scattare qualche fotografia e nulla di più.
Gli anni intanto, non troppi, passavano. Il
nonno se ne andò per sempre dopo un’ultima crisi, in meno di un mese,
lasciandola per molti versi orfana.
La vita però va avanti, sempre, e il dolore
poco a poco si addolcì lasciando solo ricordo e nostalgia, anche del suo tempo
passato, mentre Silvia viveva e si costruiva la vita che voleva.
Un giorno, quasi casualmente, mentre è in
visita a quell’amico di anni prima che incontra sempre meno spesso, le viene il
desiderio di rivedere il filmato di quella gita alla baita. Lui è gentilissimo,
ed in poco tempo prepara il proiettore e le fa rivedere e rivivere quelle ore. È
una sensazione strana, una specie di colpo allo stomaco, indefinibile,
insopportabile. Riesce a camuffare i suoi sentimenti, ringrazia l’amico, ma il
ritorno verso casa non è tranquillo. Lo ha rivisto vivo, nei suoi gesti
abituali, come se fosse ancora presente, magari a casa sua, o in un’altra
stanza.
Ma come fanno coloro che hanno perduto, tra
i loro affetti, attori o personaggi pubblici che ritrovano, vivi e reali, all’improvviso,
quando meno sono preparati a rivederli, anni o decenni dopo.
Silvia decide che
non comprerà mai una telecamera e registrerà solo i primi anni di sua figlia, ancora
bambina, alcuni momenti importanti, ma pochi, e poi più nulla. Il ricordo è
troppo importante, e se subentrerà l’oblio, va bene, accetterà anche quello.
Silvano C.©
( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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